They broke their back lifting Moloch to Heaven! - Un'analisi eretica della crisi finanziaria.

di Alberto Cacopardo - 18/07/2011
L’attacco che è in corso all’Italia e all’Europa è il più audace e massiccio mai tentato sulla scena della finanza mondiale. Non è detto che il paese ne esca salvo. Ma non è detto che ne escano salvi i Mercati. La loro attuale struttura è una forma altamente patologica dell’economia di mercato, che non è compatibile con il predicato della democrazia e con la serenità del mondo intero. Se finissero loro sotto accusa, non è escluso che si spezzino la schiena.

Moloch the heavy judger of men! Moloch the incomprehensible prison!

Moloch whose mind is pure machinery! Moloch whose blood is running money! Moloch whose soul is electricity and banks! Moloch whose breast is a cannibal dynamo!

Moloch whose eyes are a thousand blind windows!

They broke their backs lifting Moloch to Heaven!

Allen Ginsberg, 19561

  

 

 

L’Italia è nella morsa dei Mercati. Nonostante la monumentale manovra appena sottoscritta da Napolitano, la settimana si è chiusa con uno spread sui Bund tedeschi al di sopra dei 300 punti base e lo spettro della catastrofe finanziaria in agguato.

E’ evidente che nella situazione in cui ci troviamo, qualunque governo stia al potere, in Italia esattamente come in Grecia o Irlanda o Spagna, non ha altra scelta che eseguire con minuziosa precisione il comando imperioso dei mercati finanziari: politiche fiscali restrittive, preferibilmente orientate a smantellare il Welfare State con tagli alle pensioni, alla sanità, all’assistenza, svendite di imprese pubbliche a favore di oligopoli e monopoli privati, intensificazione dei carichi di lavoro e della flessibilità contrattuale, salvaguardia degli alti redditit e dei grandi patrimoni, impoverimento della classe media. Tutto questo si presenta come un pacchetto preconfezionato di misure che tutte le istituzioni internazionali, dall’Europa, all’Fmi, alle agenzie di rating, ai media e ai centri di analisi e ricerca, accreditano come strada maestra per risanare le finanze pubbliche e reggere l’assalto delle tempeste finanziarie.

In questa peculiare Mitologia che si è venuta costruendo e imponendo negli ultimi vent’anni, i Mercati figurano come il supremo Giudice del comportamento di tutti, stati e cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, partiti, sindacati e organizzazioni professionali. Moloch the heavy judger of men. Un Giudice che si presume ferreamente imparziale, intento solo ad applicare una Legge più alta e potente di lui, gabellata come “legge del mercato”, che viene concepita e dipinta come una sorta di comandamento naturale, indipendente dalla volontà umana, il cui scrupoloso rispetto è l’unica strada per garantirsi il benessere e la stessa sopravvivenza economica.

E' una mitologia, ma una mitologia che impera. Nell’anno di grazia 2011, fatte salve pochissime eccezioni, nessun paese ad economia industriale può permettersi di ignorare il dettato dei Mercati: perché le economie industriali si fondano sul credito, e il credito passa attraverso i Mercati.

Dunque è inutile, anzi impossibile, discutere se oggi, in Italia, si dovesse fare una manovra di questa portata: non farla sarebbe stato un suicidio.

Naturalmente non è fuori luogo discutere sul come farla. E’ giusto preoccuparsi di quali soggetti e quali categorie debbano sopportare un maggiore o minor carico in questo sacrificio collettivo. Sotto questo profilo, il comportamento dell’opposizione italiana, che ha bocciato la manovra senza ostacolarla, è stato, tutto sommato, apprezzabile. Ma la verità è che anche sul come, il margine di scelta è molto limitato: il dettato dei Mercati non è vago e generico, la ricetta che prescrivono impone scelte non negoziabili, la giustizia distributiva e l’equità retributiva sono tassativamente escluse dal novero delle loro preoccupazioni.

Il fatto è che il dibattito sul come, che è quello su cui si è concentrata l’attenzione in questi giorni drammatici, è in realtà del tutto secondario. Sarebbe ora che l’opposizione si decidesse a riconoscere che una soluzione duratura del caso Italia non può più essere affidata agli strumenti del recente passato. Una soluzione duratura non può venire da un mix più sapiente di misure restrittive, accompagnate a qualche improbabile “stimolo alla crescita”. Anzi, non può venire da nessuna correzione dei cosiddetti “fondamentali”. Ridurre il debito/PIL è sicuramente necessario, ritornare alla crescita è opportuno, anche se forse meno indispensabile, ma nulla di tutto ciò è risolutivo senza il concorso di fattori esterni, sottratti al controllo di qualsiasi singola autorità nazionale. E quei fattori esterni hanno dimora nel lago tempestoso dei Mercati.

Moody’s ha diffuso l’altro ieri fra gli investitori un’analisi che richiama pomposamente un concetto elementare ed evidente: ai fini della riduzione del debito, non si può guardare solo all’avanzo primario del bilancio pubblico, quello al netto degli interessi passivi. Gli interessi passivi ci sono. Perché il rapporto debito/PIL si riduca, è indispensabile che l’avanzo primario sommato al tasso di crescita nominale risulti inferiore al costo del debito, cioè al tasso d’interesse medio pagato sui titoli di stato. E’ un’ovvietà. Ma nelle attuali condizioni dell’Italia, il fattore determinante è palesemente il costo del debito, il quale non dipende dal governo, ma discende in parte dalle decisioni delle banche centrali e in parte maggiore, purtroppo, dai volatili umori del mercato. E gli umori del mercato dipendono da Moody’s (e compagni) assai più che da qualunque decisione dei governi. Se i raters tagliano il rating e il costo del debito si consolida sul 5-6% attuale, ci vorrebbe una crescita del 4-5% per tener fermo il debito/PIL con un avanzo primario dell’1%. Uno spread di 300 punti base sui Bund è una gabella del 3% in più pagata ai Mercati, che a regime comporterebbe un onere aggiuntivo per lo stato di circa 50.000 miliardi all’anno. Assolutamente insostenibile.

Ragionando in questi termini, l’Italia sembra avviata senza scampo verso l’inesorabile punizione dei Mercati, quella che sta colpendo la Grecia: crollo delle quotazioni dei titoli di stato, spread sui Bund in volo, tassi alle stelle, peggioramento del deficit e ineluttabile risucchio nel precipizio del default.

Secondo l’illuminata Mitologia che ci guida, la responsabilità di questo tipo di catastrofe è tutta dello stato colpevole di “non aver tenuto la casa in ordine”, la bronzea punizione dei Mercati non è altro che l’inevitabile effetto, la conseguenza matematica dell’irresponsabilità che quello stato ha dimostrato. Lo stato non è stato Virtuoso. E il Giudice implacabile lo condanna a ridursi in miseria, svenandosi a furia di interessi spropositati per retribuire i Virtuosi operatori dei Mercati che hanno affidato ai loro programmi automatici di gestione delle contrattazioni ad alta frequenza il compito di eseguire la virtuosa sentenza. E così le famiglie perdono il lavoro, o la casa, o i loro redditi, o la tranquillità, o la sicurezza o la pace.

Sarebbe ora che le sinistre istituzionali italiane ed europee riconoscessero invece quello che parecchi vanno ripetendo da tempo: che il comportamento dei mercati non è l’effetto della debolezza economica degli stati, ma, al contrario, ne è diventato la causa. Nessuno stato, con pochissime eccezioni, sarebbe in grado di ripagare il suo debito se improvvisamente venissero meno le sue fonti di credito. Qualunque stato potrebbe reggere un debito pari a quello del Giappone se il credito gli fosse garantito. Il giudizio dei mercati è una tipica profezia che si autoadempie. Se non c’è fiducia, i capitali non affluiscono, se i capitali non affluiscono, il debito sfugge di mano, il paese si deve impoverire con politiche fiscali restrittive, la ricchezza con cui ripagare viene meno, e non ci può essere fiducia.

In queste condizioni, è inutile sperare di guarire il morbo agendo soltanto sugli effetti, cioè su disavanzo e debito. E’ della causa che bisogna preoccuparsi. Perché questa modalità di funzionamento dei mercati finanziari non ha nulla di naturale e di inevitabile.

Al contrario, essa è solo la diretta e immediata conseguenza della struttura istituzionale che si è voluta conferire al sistema delle transazioni finanziarie internazionali nel corso degli anni Novanta, sotto l’egida del pensiero neoliberista.

Alimentato dal Washington Consensus, un vasto apparato di potere, capace di estendere la sua influenza su tutto il pianeta, ha edificato con enorme determinazione e smisurata intelligenza una gigantesca macchina dei soldi che organizza il fluire del denaro da un capo all’altro del mondo. Moloch whose blood is running money. Altro che assenza di regole, altro che globalizzazione incontrollata. E’ stato creato un ferreo sistema di regole e di istituzioni collegate in un’immensa rete che garantisce che sia rigorosamente onorato qualsiasi contratto di transazione finanziaria stipulato in qualsiasi parte del mondo fra soggetti che non si conoscono, che distano fra loro migliaia di chilometri e che possono permettersi di affidare la negoziazione, la deliberazione e l’esecuzione delle operazioni a delle macchine. Moloch whose mind is pure machinery.

Si è così messo in moto un grandioso meccanismo che muove quotidianamente una massa di denaro colossale, maggiore dell’intero PIL italiano di un anno. Una formidabile accumulazione di ricchezza liquida che è stata messa in grado di migrare senza freni da un’impiego all’altro, da un settore all’altro, da un continente all’altro, perseguendo come unico obiettivo il proprio massimo vantaggio finanziario anche a costo di trascinare alla rovina economica e morale intere popolazioni. Moloch whose breast is a cannibal dynamo.

Il mondo è diventato uno. Ma non è la mercuriale fluidità dei mercati finanziari che ci rende tutti cittadini di un unico paese: è l’intero movimento della nostra epoca che concorre a renderci tali. Se il mondo è diventato uno, adesso esiste un popolo del mondo ed esiste una dimensione dell’interesse generale che non è più solo quella comune agli inquilini di uno stato, ma quella comune agli inquilini del pianeta intero.

Siamo certi che una simile struttura dei mercati finanziari sia conforme all’interesse generale del pianeta?

Attenzione: questo non ha nulla a che vedere col capitalismo in quanto tale. Il neoliberismo non è il capitalismo, non è affatto la sua incarnazione inevitabile. La Legge dei Mercati non è la legge del mercato. Al contrario: questo Moloch è una forma assolutamente patologica dell’economia di mercato, che pretende di imporre al mondo l’imperio di un’autorità impersonale, sottratta alla sovranità popolare, indifferente all’interesse generale, congegnata a beneficio dei più ricchi e più potenti e capace di sopraffare la sovranità degli stati e dei popoli che questi rappresentano.

Un simile apparato non è compatibile con il predicato della democrazia e non è compatibile con la serenità del pianeta. Per superarlo non c’è alcun bisogno di fuoruscire dal “capitalismo”, che è un concetto ormai talmente vago da prestarsi a qualsiasi interpretazione. Non è il tempo delle locomotive lanciate a bomba contro l’ingiustizia. Anzi, è proprio chi ci tiene a salvare l’economia di mercato dal baratro in cui rischia di precipitare, che dovrebbe preoccuparsi di fuoruscire dal neoliberismo.

Quello che è indispensabile è dare regole e pratiche diverse, più logiche, più razionali e più umane a questo immenso meccanismo di circolazione del denaro. Non c’è nessuna ragione sensata per cui gli stati debbano infarcire il loro passivo di titoli trentennali a cedola fissa, che sono i più adatti alla speculazione. Non c’è nessuna ragione sensata per cui soggetti che nulla hanno a che fare col petrolio debbano essere liberi di speculare sulle sue quotazioni accentuandone la volatilità e svincolandole dalla domanda reale. Non c’è nessuna ragione logica per cui le pure scommesse che si giocano coi titoli derivati debbano influenzare il destino di interi settori produttivi o di intere popolazioni di consumatori. Non c’è nulla che giustifichi l’immenso potere esercitato sul mondo da tre organismi privati che, sfornando giudizi discutibili, determinano il destino di milioni. Non c’è nessuna ragione valida per cui una funzione di tale interesse pubblico debba essere affidata ad attori privati. Non c’è nulla di necessario nei meccanismi di leva finanziaria che consentono a chi muove un milione di euro di creare domanda o offerta per dieci o venti volte tanto. Non c’è nessuna ragione per cui chi non ha in portafoglio un certo titolo possa negoziare i CDS che lo dovrebbero assicurare e lo rendono invece più rischioso e volatile.

Tutti questi sono meccanismi creati ad arte in modo da risultare il più difficili possibile da comprendere agli occhi dell’uomo comune. Per il successo del sapientissimo disegno neoliberista, è essenziale che il funzionamento del suo macchinario sfugga alla comprensione dei più, che le decisioni determinanti siano prese nell’ombra, che i fattori in gioco abbiano il sapore di astrusi tecnicismi indecifrabili. Moloch the incomprehensible prison. Non si può controllare ciò che non si comprende. Ma questi tecnicismi hanno uno scopo, arduo da decifrare quanto meticolosamente preciso. Conferire il massimo del potere finanziario a chi controlla grandi masse di denaro senza sottostare all’indirizzo politico di alcuna autorità pubblica. Sottrarre potere agli organismi soggetti alla sovranità popolare e alle fortune elettorali, per conferirlo a potentati privati, di orientamento politico tendenzialmente uniforme, la cui potestà sia resa impermeabile alle incognite perigliose della democrazia.

Adesso, a distanza di vent’anni, il sistema si è consolidato a sufficienza da consentire a questi apparati di potere di sopraffare la sovranità degli stati più potenti. L’attacco che è in corso all’Italia e all’Europa è il più audace e massiccio mai tentato sulla scena della finanza mondiale. Ma è un’audacia che potrebbe risultare fatale all’usurpata sovranità dei mercati.

Cosa succederebbe se l’Europa si decidesse a reagire aggredendo le cause del flagello? Se invece di affidare alla sua Banca Centrale e al riluttante evemerismo degli stati ricchi il compito di contrastare l’assalto dei Mercati mettendo in circolo liquidità destinata solo ad arricchire gli assalitori con l’esborso di interessi da capestro, l'Europa si decidesse davvero a mettere in questione le regole che conferiscono alla finanza privata la sua prodigiosa onnipotenza? Che succederebbe, per esempio, se si formasse un Brussels consensus decisamente orientato alla revisione di queste regole? Certamente sarebbe nell’interesse dell’Europa, ma sarebbe anche nell’interesse del mondo intero. Tanto è vero che esiste già, ormai da tempo, un consenso delle potenze emergenti extra-occidentali, Brasile, India, Russia e Cina, nettamente indirizzato in questo senso.

L’opposizione italiana può apparire un esile fuscello abbandonato al vento, davanti all’imponenza di una simile impresa. Ma in questo momento essa ha un potenziale d’influenza tutt’altro che indifferente nel contesto della sinistra europea. Ed è la sinistra europea che può promuovere la formazione di un nuovo consensus del genere. Ecco un obiettivo che vale la pena di proporsi.

I Mercati imcombono oggi sul destino del mondo proprio come una misteriosa divinità pagana: invisibile, lontana, incomprensibile, amministrata da sacerdoti sapienti, potenti e furbissimi che si alimentano del suo culto, un Vitello d’Oro dotato di una volontà insindacabile, che impone se stessa agli umani e pretende sacrifici sanguinosi, capace di scatenare tempeste che travolgono le navi e le città, spietata, indifferente alle virtù e al bisogno. Moloch whose eyes are blind windows.

Ma prostrarsi ai piedi del vitello d’oro non è inevitabile e non è obbligatorio. Anzi: si rischia di spezzarsi la schiena. They broke their backs lifting Moloch to Heaven!

L’attacco che è in corso all’Italia e all’Europa è il più audace e massiccio mai tentato sulla scena della finanza mondiale. Non è detto che il paese ne esca salvo. Ma non è detto che ne escano salvi i Mercati. Se finissero loro sotto accusa, non è escluso che si spezzino la schiena.

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1Questi versi sono arbitrariamente estratti dal poema “Howl” di Allen Ginsberg per adattarli all’argomentazione che segue. Eccone la versione italiana:

“Moloch, il pesante giudice di uomini! Moloch l’incomprensibile prigione!

Moloch la cui mente è pura macchina! Moloch il cui sangue è denaro che scorre! Moloch la cui anima è fatta di banche e di elettricità! Moloch il cui petto è una dinamo cannibale!

Moloch i cui occhi sono mille finestre cieche!

Moloch si sono spezzati la schiena innalzandolo al Cielo!”

 

 

 

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