Nel
messinese piove di nuovo e il fango è ancora lì, in mezzo alle
strade, dentro il cuore di chi ha perso tutto, dentro le lacrime di
chi ha visto morire mogli, mariti, padri, madri, figli, familiari,
amici. Giampilieri e Scaletta sono terre ferite, distrutte
dall’inerzia di istituzioni che adesso si rimpallano le
responsabilità, cercando pian piano di fare scomparire la vicenda
dietro un rapido spegnimento dei riflettori mediatici che, in questa
terra, hanno una luce molto più flebile rispetto ad altre parti.
Mentre si cerca ancora in mezzo al fango, mentre si svolgono i
funerali delle persone che man mano riemergono, mentre si vivono
nuove paure e angosce per il peggioramento delle condizioni
meteorologiche, il governo nazionale risponde con una sola parola:
ponte.
Se per L’Aquila si mosse un intero Paese, promettendo case,
interventi, solidarietà, per Messina si muovono solo quei volontari
e quelle forze che senza tregua stanno scavando e assistendo la
popolazione dal giorno del terribile nubifragio. Invece di produrre
il massimo sforzo, il governo preferisce parlare di un’opera che
costerà miliardi di euro, soldi con cui sarebbe possibile mettere in
sicurezza le tante realtà siciliane ad elevato rischio
idrogeologico.
Il ministro Matteoli ed il premier Berlusconi, dopo
aver fatto la loro parata ipocrita a Messina, venendo giustamente
contestati (ma nei media nazionali dell’Italia attuale a ciò si è
assegnato poco spazio), si sono affrettati ad affermare che nel giro
di pochi mesi, precisamente a dicembre, verrà aperto il primo
cantiere per la costruzione del ponte sullo Stretto. A niente è
valso l’appello del presidente della Repubblica, che ha invitato il
governo a lasciar perdere “opere faraoniche” che non hanno alcuna
utilità per una terra come la Sicilia, in cui ancora sono tante le
cose da realizzare e sistemare.
Una questione di priorità che questo
governo non è in grado di comprendere. La popolazione di Messina lo
ha gridato ad alta voce, specialmente dopo la tragedia del primo
ottobre: il ponte non è una priorità e quindi va bloccato, con
conseguente spostamento dei fondi verso altri interventi che, oggi,
sembrano non rinviabili. Come si fa a parlare di ponte, quando si ha
davanti agli occhi quello che è avvenuto a Messina? Con quale
coraggio si presenta un’opera mastodontica ed inutile come
soluzione a problemi che quell’opera potrebbe solo aggravare?
In
proposito, molto interessante è quanto dichiarato dal dr. Conti
Nibali, medico messinese molto conosciuto per il suo impegno civile a
tutela del territorio e dell’ambiente: “Il ponte non ha niente a
che vedere con le necessarie misure di prevenzione e di sicurezza che
si richiedono in un territorio ad alto rischio come quello di Messina
e dei comuni dell’area dello Stretto”. Nibali smentisce inoltre
quanto affermato dal premier sulla possibilità di attivare il primo
cantiere a dicembre: “Per il ponte non esiste allo stato neppure il
progetto esecutivo se non nella sua versione preliminare. Non può
dunque aprirsi nessun cantiere del ponte. Ciò che potrà iniziare
tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo sono i lavori
per la cosiddetta ‘variante Cannitello’, un’opera di
interramento del tracciato ferroviario calabrese in prossimità di
Villa S. Giovanni il cui progetto è stato approvato dal CIPE nel
marzo del 2006, dissociandolo esplicitamente dal progetto del ponte”.
I lavori per tale variante, dunque, sono stati autorizzati dalla
Regione Calabria, a condizione che l’opera non sia essenziale alla
realizzazione del ponte sullo Stretto. Quindi la variante, che ha lo
scopo di liberare la costa e di migliorare il traffico ferroviario in
Calabria, è e deve essere dissociata dal progetto per il ponte.
Questo, dunque, sarà l’unico cantiere aperto a dicembre, un
cantiere la cui approvazione e finanziamento non hanno nulla a che
vedere con il ponte. Ecco perché gli annunci di Berlusconi e
Matteoli sono da considerarsi semplicemente dei proclami che
rientrano nella solita retorica propagandistica del governo di
centrodestra, che fa del populismo e del sensazionalismo il mezzo
prediletto per ingannare il popolo.
Stavolta, però, per fortuna, qualcuno ha rotto la cortina di fumo che avvolge la verità e che appanna gli occhi degli italiani.