Che fare?

di Carmine Cocorocchio - 24/08/2012
La crisi finanziaria diventata devastante crisi, economica, sociale, culturale, politica

Assistiamo impotenti alla ridistribuzione di ricchezza a danno del popolo che lavora.

I partiti trasformati in comitati di affari, alla cui guida siedono gangster in doppio petto che perseguono il loro personale arricchimento.

L’aberrante situazione istituzionale italiana, determinata da un sistema parlamentare che non ha alcuna legittimità democratica, da una magistratura che nega lo Stato di diritto, da un esecutivo commissariato da detti professori rappresentanti della corporazione di Stato che affermano di essere stati chiamati a fare cose che la politica mai avrebbe avuto il coraggio di fare. Sic!

La ipocrita dittatura non ha il coraggio di ammetterlo di esserlo.

Il loro fare ha portato alla fame milioni di lavoratori.

Privi di potere contrattuale ritrovano la dignità nel suicidio.

Hanno disarticolato il sistema di contrattazione, demolita ogni rappresentanza democratica, imposto contratti privi di ogni legittimità democratica firmati da sedicenti sindacati gialli.

Hanno determinato la giungla retributiva della disuguaglianza.  

Centinaia di lavoratori lasciati senza reddito.

Il sistema produttivo, sopravvissuto alla deindustrializzazione, consegnato nelle mani di imprenditori senza scrupoli che impongono per il loro profitto, inquinamento e corruzione.  

I dati negativi battono ogni record: debito pubblico, pressione fiscale, disoccupazione giovanile, femminile,  diversamente abili, morti sul lavoro.

Il sistema crea lavoro  per il 36% della sua forza attiva. Uomini e donne privati di dignità nel lavoro sono asserviti dal sistema dominante.  

L’aberrante situazione è consentita da istituzioni manipolate che operano in aperto contrasto con il patto Costituzionale. 

Hanno sostenuto una società priva di classi in cui la libertà doveva coniugarsi con la libertà di mercato.

Il mercato regolatore delle libertà. Lo Stato inesistente se non nello garantire i privilegi alla classe dominante.

La cialtroneria al potere. La Costituzione di fatto, sostituisce la Costituzione di diritto.

La sovranità è di chi finanzia il debito pubblico. Il mercato predilige il decisionismo. Il sistema democratico un impiccio.

Il sistema può trattare con la mafia ma non con chi lavora.

Le due fasi della concertazione imposta contro la volontà di chi fatica. 

La prima fase del dare non ha mai visto le seconda del ricevere.

La loro, lingua biforcuta associa la concertazione con la pratica del consociativismo che è esercizio del potere che ha mai visto la partecipazione dei lavoratori.

Mentono senza vergogna. La loro cassa di risonanza, l’informazione asservita, Tv e giornali ad alta diffusione, guardano con simpatia i regimi in cui i partiti sono concorrenti ma non alternativi. 

La gestione del potere senza intralci.

Se qualche pezzo di magistratura afferma uno straccio di autonomia, apre  indagine sul potere corrotto, apriti cielo.

Il presidente della Repubblica capo della casta, non è cittadino uguale.

Siamo tornati allo “statuto albertino”, senza essercene accorti.  

La mancanza di osservatori come Pasolini è devastante.

Loro e solo loro in grado di raccontare, nella loro autonomia e libertà dal potere, la drammatica paradossale situazione italiana.

Il presidente di “libertà e giustizia” il buon Zagrebelski, tenta di rompere il silenzio.

Il monito: “gli uomini di pensiero che in quel tempo  -  e in tutti i tempi  - si astennero dal prendere posizione, tacendo o dicendo cose che andavano contro le loro stesse convinzioni, e questo fecero per opportunità”. 

Scalfari ripercorre gli errori di Croce. L’opportunismo, antico male degli intellettuali italiani, coniugato con l’informazione di regime nella difesa dello Stato corporativo, intoccabile, impunibile.

I tagli del governo dello spread, non hanno intaccato i privilegi della casta che ha determinato il debito, che ogni giorno batte un nuovo record.

Nel pensiero di Gramsci la democrazia si coniuga con la forza dei consigli di fabbrica.

Da questa crisi si può uscire indicando nel lavoro e nella fabbrica, luogo non solo di emancipazione del cittadino in cui si produce la ricchezza, ma luogo in cui far nascere un nuovo ordine economico.
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