E adesso in piazza

di Paolo Flores D'Arcais - Il Fatto Quotidiano - 22/08/2010
Tocca alla società civile passare dal nobilissimo “resistere, resistere, resistere” di questi anni al progetto di risorgimento costituzionale che metta insieme la liberazione dell’Italia da poteri e governi criminali con una nuova stagione di giustizia sociale.

Berlusconi, con il suo discorso di rilancio del programma di governo, ha fatto “un bagno di realismo”, che Fini dunque non può che sottoscrivere, proclama con perfetta dabbenaggine il Corriere della sera nel suo editoriale di servo encomio. In realtà il capo di tutte le cricche ha solo recitato un comizio elettorale più mediocre del solito. Il cui unico messaggio concreto – e ultimativo – sono le tre leggi di impunità che pretende vengano votate al più presto. Se Fini fa poco poco il neghittoso, si va alle urne, perché – il diktat è per Napolitano – “non si può cancellare il premier scelto dagli elettori”. Interrogando i sondaggi, il suo “specchio delle mie brame” gli risponde infatti che più il tempo passa, più i consensi precipitano. E che l’unico a fare l’en plein, se si aspetta la primavera prossima, sarà Bossi.

La verità è dunque che Berlusconi non è mai stato tanto debole come oggi. La sua sola forza – ancora gigantesca, purtroppo – è la pervicace inesistenza dell’opposizione. L’ascesa dell’aspirante Arturo Ui non è mai stata così resistibile. Resistibilissima. Al punto, anzi, che sarebbe l’ennesimo degli errori limitarsi a resistere contro il golpe quotidiano che vuole assassinare la Costituzione nata dalla Resistenza. L’Italia democratica deve – perché può – passare all’offensiva. Non lo farà il Pd, opposizione inesistente, lo dovrà perciò fare la società civile. Scendendo in piazza al più presto. Non per una ripetizione di ormai riduttivi no-B day, ma offrendo agli italiani l’alternativa della bandiera che dice “REALIZZAZIONE della Costituzione”. Integralmente, in tutte le sue straordinarie implicazione di “giustizia e libertà”.

I consensi di Berlusconi sono incominciati a franare non appena la voce “legalità” ha potuto bucare gli schermi, suggerendo l’ovvia risposta “giustizialista” alle ruberie delle cricche del padrone di Arcore. Il paradosso è che questa parola non è uscita dalla bocca dei D’Alema e Veltroni (a cui del resto non crederebbe più nessuno), ma da chi fino a ieri ha sostenuto Berlusconi. Meglio tardi che mai, lo diciamo senza un filo di ironia. Ma è evidente che senza la mobilitazione del Paese Berlusconi vincerà di nuovo, e non farà prigionieri. Tocca perciò alla società civile passare dal nobilissimo “resistere, resistere, resistere” di questi anni al progetto di risorgimento costituzionale che metta insieme – nel vivo delle lotte che selezioneranno i leader che mancano – la liberazione dell’Italia da poteri e governi criminali con una nuova stagione di giustizia sociale.

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