Etichette

di Francesco Baicchi - 03/06/2012
Se l'abito non fa il monaco, in politica le definizioni spesso determinano irreversibilmente l'immagine delle cose. Quindi forse vale la pena di riflettere prima di accettare 'etichette' attribuite troppo velocemente e non sempre in modo disinteressato.

Ad esempio al governo Monti è stata da subito attribuita la definizione di 'tecnico' perché nato al di fuori dalla dialettica dei partiti. In effetti, nel suo primo periodo, in cui ha rapidamente restituito all'Italia un dignità internazionale compromessa dalle buffonate di Berlusconi e assunto in materia economico-finanziaria decisioni probabilmente inevitabili, ha operato come un 'tecnico' che, chiamato a riparare un meccanismo guasto, applica la propria professionalità realizzando correttamente azioni necessarie e previste dal manuale di manutenzione.

Decisioni che solo la paura dell'impopolarità e la irreversibilmente perduta credibilità hanno impedito venissero assunte dalla maggioranza parlamentare.

Ma nel momento in cui l'attuale governo sceglie, di fronte a soluzioni alternative, di rinunciare a imposizioni fiscali straordinarie sui grandi patrimoni per rastrellare ancora fondi con l'imposizione indiretta (che rende regressivo e non progressivo, come imposto dall'art. 53 della nostra Costituzione, il sistema tributario), opera ancora in modo 'tecnico' o non compie piuttosto una scelta politica?

O quando finge di ignorare il valore simbolico dell'intervento sull'articolo 18 (praticamente irrilevante sul piano economico), che ci riporta indietro nella storia ai tempi in cui il 'padrone' poteva liberamente ricattare i dipendenti anche solo per le loro idee?

O ancora, per fare solo un esempio preso dalla cronaca più recente, quando decide di promuovere il chiacchieratissimo DeGennaro e invece rimuove dal suo incarico l'ufficiale della GdF che ha avuto il coraggio di perseguire i padroni del gioco d'azzardo, autori del caso più clamoroso di evasione fiscale degli ultimi anni?

Allora forse sarebbe opportuno ridefinire più correttamente Monti e il suo governo, nella fase attuale come rappresentanti della destra liberale o piuttosto liberista, cui deve andare in questo momento di emergenza la nostra gratitudine per il lavoro svolto, ma certo non 'neutrali' sul piano politico.

Anche perché la nostra Costituzione non prevede per le Istituzioni dello Stato un ruolo di arbitro equidistante , ma assegna alla Repubblica compiti attivi per la creazione di una società più giusta e solidale, che ci faccia fare passi avanti sul piano della civiltà.

E' sufficiente ricordare l'articolo 3, secondo comma: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che ... impediscono il pieno sviluppo della persona umana ...”, ma potremmo citare il 2, il 4, il 9 e tutti gli altri che ognuno di noi può consultare, se avesse ancora dubbi.

Ignorare questo obbligo, considerando le cosiddette 'regole del mercato' ineluttabili e prevalenti su di esso, costituisce una scelta politica inequivocabile, che assegna sin da ora una precisa connotazione anche alla ipotesi di una prosecuzione della 'maggioranza anomala' che sostiene oggi l'attuale governo di destra moderata (?) nella prossima legislatura.

Un altro caso di 'etichettatura' discutibile, attuata soprattutto dai media, è attualmente in corso con la definizione complessiva di 'liste civiche' attribuita ai nuovi soggetti politici che stanno nascendo dalle rovine dei partiti 'storici', che ormai rappresentano complessivamente meno della metà degli elettori potenziali.

La definizione 'lista civica', normalmente utilizzata per indicare una lista elettorale locale cui non corrisponde un partito politico, ma una aggregazione indipendente, va senza dubbio stretta sia al M5S di Grillo che ai nuovi soggetti politici che, come ALBA, nascono con una presenza distribuita sul territorio nazionale e con la dichiarata ambizione di realizzare quanto previsto dall'articolo 49 Cost.: consentire ai cittadini “di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.“.

Nel caso di ALBA si tratta in realtà del tentativo di superare la 'forma partito', essenzialmente organizzata solo per ottenere il consenso elettorale e gestire per delega il potere, abbinando alla democrazia rappresentativa nuove forme di democrazia partecipativa, sia nelle istituzioni che all'interno della stessa organizzazione.

Per un progetto così ambizioso e rivolto a innovare profondamente i metodi dell'azione politica, la qualifica di 'lista civica' appare quasi spregiativa e sicuramente inadeguata, anche perché tende ad assegnare alle nuove formazioni un ruolo subordinato, invece di riconoscerne il valore innovativo cui è forse affidata l'unica speranza di restituire legittimità, riducendo il crescente astensionismo, al Parlamento.

Rimane il problema della resistenza delle stesse nuove formazioni a definirsi 'partito', vista la connotazione negativa che il termine ha assunto presso l'opinione pubblica a causa del comportamento inqualificabile di tanta parte dei 'vecchi' (indipendentemente dall'età anagrafica) gruppi dirigenti.

Insomma in entrambe i casi le 'etichette' sembrano voler nascondere la realtà, invece di descriverla, proseguendo in un'azione di disinformazione che dura ormai da troppo tempo.

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