Faciamus experimentum in corpore vili

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 05/04/2009
Bocciata dalla Corte Costituzionale la legge 40 sulla procreazione assistita

Passano i secoli, ma la chiesa è sempre la stessa. L’ha dimostrato il papa un paio di settimane fa, quando dal Camerun, da un’Africa assetata, affamata e malata ha confermato il divieto all’uso dei profilattici e, sollevando l’indignazione di tutti i paesi civili del mondo, ha detto che tanto non sono i preservativi a guarire dall’AIDS e che è meglio la castità. Lo ribadiscono oggi i suoi servi zelanti, sparsi un po’ in tutti i partiti italiani, rabbiosi e lividi per la sentenza della Corte Costituzionale, che ha bocciato alcuni articoli della legge 40, dichiarando l’illegittimità costituzionale di tre punti fondamentali: il limite di tre embrioni da impiantare contemporaneamente in un’unica soluzione, il divieto di un eventuale trasferimento di embrioni che tuteli la salute della donna e, infine, l’irrevocabilità del consenso della donna all’impianto.

Una legge che tutelava l’ovulo, infischiandosene della donna. Insomma : meglio il feto che la madre, come nella migliore tradizione della chiesa. Dite che esagero? Allora parliamo di monsignor Francesco Emanuele Cangiamila, siciliano di Palma, che nel 1745 pubblicò un trattato di embriologia. Il titolo era tutto un programma: "Embriologia Sacra, overo dell´ufficio dei sacerdoti, medici e superiori, circa l´eterna salute dei bambini racchiusi in utero", qualcuno noterà che nell’elenco mancano le donne, considerate meri involucri e portatrici del sacro embrione. Ma veniamo al testo. Ho difficoltà a sostituire il popolare e volgare termine cazzata, con un vocabolo più appropriato e ugualmente incisivo che definisca il contenuto di questo osceno pamphlet, così mi limito a riportarne qualche passo: “Due sono gli scogli che deve evitare il medico. Il primo è l´omicidio corporale del povero feto innocente, il secondo è l´omicidio spirituale del medesimo, perché se muore prima di nascere resterà senza battesimo, e perirà eternamente”. E riferisce del primo esperimento da lui stesso condotto con successo, facendo praticare il taglio cesareo post-mortem e "salvando" il primo neonato: “Il 5 ottobre 1736, essendo morta una assai povera contadina della mia parrocchia di Palma, una Mammana ben antica e Dottor Luciano Taibi eccellente chirurgo attestano che la creatura era morta da due giorni: ma io volli risolutamente che la madre ad ogni costo si incidesse e la bambina trovossi viva. Ella morì poi un quarto dopo ed io feci che si seppellisse con pompa e ne celebrai io stesso l´uffizio funebre per rendere a bella posta sonoro il fatto”. Da quel momento in poi questo scellerato demente entrava nelle stanze in cui c’erano delle partorienti a rischio e faceva loro aprire le pance per battezzarne i feti. Questa pratica fece sì che si diffondesse la tecnica del taglio cesareo.

Grazie a questo prete ignorante il cesareo diventa una questione morale alla quale né la donna gravida né i suoi parenti né levatrici né medici e barbieri possono sottrarsi, perché il feto non battezzato non finisca in eterno nel Limbo. La pena è la scomunica e in una prammatica emanata nel 1749 da Carlo III re delle Due Sicilie, si comminano anche due anni di carcere per chi vi si sottrae. Così, con inaudita sicumera, questo prete, che non era un medico, né mai aveva fatto studi di medicina, poteva affermare “Io ho fatte fare in Palma colla mia presenza molte incisioni. In tutte queste il feto era vivo, benché le madri erano morte di molti morbi. Solo in una si vide morto: ma la madre era stata uccisa dal marito dodici ore prima che le vicine se ne accorgessero”. Per conseguenza: “Non si deve perdere tempo a fare il taglio cesareo: ma che non si deve neppure tralasciare, benché sia trascorso molto tempo dalla morte della madre: perché i feti possono sopravvivere giorni interi”.

E se la donna non è morta? Come comportarsi di fronte ad un parto difficile che mette a repentaglio la vita della donna? Qui il trattato del Cangiamila fa molti distinguo, ma in sostanza dice: nel dilemma se salvare la madre o il bambino, il chirurgo preferisca il secondo, perché tanto la madre è già battezzata. E questo anche se si giudica che il piccolo resterà in vita solo poche ore “quanto basti a cavarlo dall´utero e conferirgli il battesimo”. Voglio sottolineare che nella metà del ‘700 ancora non c’è il cloroformio, né alcun anestetico, tanto per capire fino in fondo di che stiamo parlando. Ma non basta ancora: ecco cosa consiglia riguardo alle donne, infierendo ulteriormente “Sarebbe espediente che secondo l´antica disciplina si punissero a cautela le donne con qualche castigo, benché involontariamente abortiscano: perché facilmente può intervenirsi qualche colpa almeno remota. Ciò gioverà almeno in futuro ad atterrirle e tenerle lontano dall´aborto”.

Vi pare che la posizione della chiesa si sia spostata di un millimetro, a parte la favoletta del Limbo? Ma se qualcuno avesse ancora qualche dubbio, voglio ricordare quello che ha detto il papa sempre dall’Africa, ma questa volta dall’Angola, riferendosi al trattato di Maputo, adottato dall'Oua nel 2003, in cui si parla di diritto a interrompere la gravidanza in caso di violenza sessuale, stupro o incesto, o anche quando vi siano pericoli fisici o mentali per la madre “…sconcertante è la tesi di coloro secondo i quali la soppressione della vita sarebbe una questione di salute riproduttiva». Così ha condannato il diritto all'aborto previsto dai piani di salute riproduttiva approvati dall'Organizzazione per l'Unità africana e sostenuti dagli stessi organismi dell'Onu. Siamo certi che questa esternazione fortunatamente non cambierà niente, almeno lì.

Ma visto che negli altri paesi non gode della stessa considerazione e soprattutto sa che non si può permettere di interfire nelle decisioni di governi laici e responsabili, the man in white rivolge tutte le sue attenzioni all’Italia, dove i politici stanno in ginocchio davanti a lui. Solo qui può permettersi di dire: “Mi appello ai responsabili della politica, affinchè non permettano che i figli vengano considerati come casi di malattia nè che venga di fatto abolita la qualifica di ingiustizia attribuita dall’ordinamento giuridico all’aborto”. E ancora su aborto e divorzio “In un contesto culturale segnato da un crescente individualismo, dall’edonismo e, troppo spesso, anche da mancanza di solidarietà e di adeguato sostegno sociale, la libertà umana, di fronte alle difficoltà della vita, è portata nella sua fragilità a decisioni in contrasto con l’indissolubilità del patto coniugale o con il rispetto dovuto alla vita umana appena concepita ed ancora custodita nel seno materno”.

Gli attacchi alla legge 194 sull’aborto non sono finiti: è sicuro che la chiesa cercherà di farla abrogare e se la destra continuerà a spadroneggiare prima o poi ci riuscirà. Per questo è così importante questa sentenza della Corte Costituzionale, sull’oscena legge 40 sulla procreazione assistita. E’ stata una boccata di ossigeno, nella puzza mefitica di medioevo che aleggia in questo paese. E che la cosa non finisce qui lo dice la reazione di tutti i bigottoni di destra e i teodem del CS, nonché di tutti i prelati, vescovi, monsignori e sottane nere di questo paese. Tutti quelli che si autodefiniscono i difensori della vita, ma in realtà sono solo dalla parte della morte: di quella dello spirito e di quella del corpo, pretendendo di protrarla all’infinito, con tubi e flebo, con un accanimento che ha il sapore di una tortura medievale. E con una protervia degna solo della loro ignoranza.

Una prova? Leggete quello che ha detto monsignor Fisichella "La legge 40 è stata una legge che, certamente non cattolica, ha voluto intervenire in difesa della salute delle donne", ha detto l’arcivescovo a margine di un convegno promosso a Roma dall’Unione cattolica stampa italiana. "Temo - ha proseguito Fisichella - che tante sperimentazioni selvagge che venivano fatte in passato possano ritornare. C’è una nuova schiavitù all’orizzonte. Se cadiamo in una forma di eugenetica dobbiamo guardare al futuro con molto timore". E alla domanda se la sentenza della Corte costituzionale è a favore della salute delle donne, ha risposto "Bisognerà dimostrarlo! Se dovrà essere continuamente stimolata per produrre ovuli, per la donna è una passeggiata? Ditemi se questa è la salute delle donne e poi parliamo con cognizione di causa. Bisogna sapere ciò di cui si parla".

Ecco, appunto: che ne sa monsignor Fisichella della salute e delle donne? Parli di quello che sa, che è meglio. E tutti questi uomini bigotti che vogliono parlare, pensare e scegliere per le donne, la smettano una buona volta. Ormai le donne si sono affrancate a sufficienza e sono in grado di scegliere da sole. Perché si occupano sempre e solo dell’utero femminile? Che direbbero se noi cominciassimo a pontificare sulla loro prostata? E’ che a noi non ce ne importa niente, ma non si può mai dire…

 

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