I limiti

di Francesco Baicchi - 02/08/2012
In politica si deve ricercare il dialogo e la trattativa, ma ci sono limiti che non dovrebbero essere considerati negoziabili

Pur non facendo materialmente parte della Carta Costituzionale, la legge elettorale nazionale, cioè l'insieme delle procedure che permettono di individuare i componenti del Parlamento, costituisce un pilastro fondamentale del nostro sistema democratico: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione“, recita il secondo comma dell'articolo 1.

La legge elettorale definisce appunto le 'forme' e i 'limiti' con cui il popolo esercita la sua sovranità, che nel nostro caso, come in tutte le democrazie, prevede l'elezione di un organismo cui la 'sovranità' viene delegata mediante l'elezione a suffragio universale. L'organismo è il Parlamento, la cui maggioranza si presume corrisponda alla volontà della maggioranza degli elettori.

Nel seguire le attuali notizie di cronaca e, soprattutto, nel considerare la legge elettorale (detta 'porcellum') che ha determinato la composizione dell'attuale Parlamento sembra che di questi principi, elementari quanto fondamentali, si sia persa memoria.

Se questo non deve stupire da parte della maggioranza che approvò il 'porcellum', che sta da anni tentando di cancellare proprio la Costituzione, meno ovvio appare l'atteggiamento di quanti invece non l'hanno ancora formalmente ripudiata.

Perché anche se il sistema elettorale non è materia costituzionale e la sua definizione viene affidata a una legge ordinaria, numerosi sono i 'paletti' che si possono/devono reperire nella Carta del 1948: intanto che il voto è “personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.”

Qualunque sia il meccanismo che si sceglie, fra i tanti esistenti, tutti più o meno imperfetti, non è comunque lecito che il voto di un elettore conti più degli altri, perché questo potrebbe finire col falsare il criterio della rappresentanza, permettendo che con lo stesso numero di voti siano eletti un diverso numero di parlamentari a seconda della lista. Questo è esattamente quanto è successo con il 'porcellum' grazie al cosiddetto 'premio di maggioranza', che in realtà è un premio assegnato alla 'maggiore minoranza' e capovolge dunque la volontà degli elettori, facendo divenire maggioranza nel Parlamento i rappresentanti di una minoranza di cittadini.

Sulla necessità che siano gli elettori a scegliere la persona che deve rappresentarli (evidentemente fra una pluralità di proposte nell'ambito della stessa area politica), e non le segreterie dei partiti non mi pare valga nemmeno la pena di soffermarsi.

Analoghi impedimenti di principio potremmo individuarli relativamente ad alcune procedure per la presentazione delle liste, che non devono penalizzare eventuali nuove forze politiche, e all'eventuale 'scalino', cioè la soglia minima per essere rappresentati in Parlamento, che se troppo alta punta in realtà a ridurre il numero dei partiti, alla ricerca di un bipartitismo forzato che interessa solo ai partiti maggiori.

Interessante sarebbe anche una riflessione sul 'dovere' del voto, che implica per le forze politiche un impegno a ridurre l'astensionismo. Penso sia lecito affermare che fra i motivi della disaffezione verso il voto c'è anche (o soprattutto?) l'impossibilità a scegliere da chi farsi rappresentare, dovuta al sistema delle liste bloccate (e che i collegi uninominali risolverebbero solo parzialmente), e la complessità dei metodi di assegnazione dei seggi, che rendono quasi impossibile per il singolo elettore non 'specialista' capire il peso della propria scelta (da questo punto di vista credo che la legge elettorale della Regione Toscana rappresenti in ottimo esempio negativo). Dunque anche la comprensibilità dei meccanismi dovrebbe essere un obiettivo da perseguire.

Insomma, se vogliamo rimanere nell'ambito della Costituzione, sarebbe opportuno che il confronto in corso fra le forze politiche tenesse conto non solo dell'interesse di bottega, ma anche dell'obiettivo ineludibile di rimanere nel campo della democrazia costituzionale (almeno per quanti dicono di crederci ancora). E, magari, che si svolgesse in modo trasparente e comprensibile per i cittadini, che la propria volontà l'hanno già chiaramente espressa in numerosi referendum, primo fra tutti quello che nel 2006 confermò la validità del sistema rappresentativo parlamentare e rifiutò il presidenzialismo.

In politica si deve ricercare il dialogo e la trattativa, ma ci sono limiti che non dovrebbero essere considerati negoziabili.

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