Il crollo del sistema e i partiti fuori dalla realtà

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 18/04/2012
La commistione politico affaristica ha raggiunto vertici impensabili anche ai tempi di Tangentopoli e la gestione dei soldi dei contribuenti da parte dei partiti è diventata “cosa loro”, senza nemmeno la parvenza di un uso per finalità pubbliche e democratiche

Ormai a vacillare sembra la ragione. Basta ascoltare casualmente qualsiasi TV o radio locale, in particolare del Nord ma non solo, che ospiti due parlamentari di qualsiasi partito, non importa minimamente quale, e quando la parola passa agli ascoltatori partono raffiche di lamentele, di insulti generalizzati, spesso moti di irrisione. I due, facce di bronzo o malcapitati e/o entrambe le cose rispondono, quasi sempre glissando, compunti e compassati come se la questione non li riguardasse, come se invece di sedere a Montecitorio o a palazzo Madama da una o più legislature, fossero in trasmissione in qualità di passanti.

Non ci si può nemmeno nascondere, che tanto più si tratta di trasmissioni locali e di “target popolare” (per usare una definizione brutta ma comprensibile) il livello degli interventi del pubblico, più che espressione della legittima e doverosa indignazione di una opinione pubblica informata, è spesso frutto di rabbia, insofferenza, rancore generalizzato, rivalsa sociale venata da toni persino inquietanti.

Come stanno reagendo i partiti all’ipotesi di ridurre o sopprimere l’ultima tranche dei loro “rimborsi elettorali” che negli ultimi vent’anni sono aumentati del 600% ? Gridando, in testa il PD di Bersani ed il suo tesoriere, che se vengono meno i 160-180 milioni di giugno il partito non è in grado di affrontare la campagna elettorale!

Naturalmente la barriera del “non mettete le mani sui nostri finanziamenti” include tutto il terzetto di governo che ha ritenuto addirittura di ribadirlo in un comunicato congiunto. I tre rappresentanti della strana coalizione mentre da un canto sbuffano e strattonano Monti, dall’altro si comportano come se potessero sopravvivere in eterno attaccati ai pantaloni del “tecnico” e alla solo idea virtuale di andare al voto entro l’anno sono colti da attacchi di panico.

Gli unici che hanno dato il via libero alla rinuncia all’ultima sostanziosa tranche sul fronte dell’opposizione sono l’IDV che ha un bilancio alquanto florido e una Lega allo sbando, che pur di stornare l’attenzione dalla saga giudiziaria appena iniziata, con i finanzieri in via Bellerio a cercare di recuperare invano, da ultimo, i diamanti e lingotti per 400mila euro, è disponibile a qualsiasi gesto di “coraggio”.

Naturalmente in simili circostanze, con i bollettini delle indagini sul fronte della corruzione politica che fanno ogni giorno di più impallidire le cronache di Tangentopoli, e con la fiducia nei confronti dei partiti intorno al 4%, urge additare un colpevole, un untore della democrazia alla pubblica opinione, tanto più se nonostante il sistema avverso e la notevole dose di stupidaggini sparse senza riserve, si attesta secondo tutti i sondaggi sul 7% e può diventare probabile terzo partito.

Tutti gli anatemi contro Beppe Grillo, ed il suo movimento che in molte regioni ha già un radicamento territoriale notevole che conta di ampliare alle prossime amministrative, soprattutto scagliati da Bersani spalleggiato da un Vendola alle prese con gli sviluppi sempre più imbarazzanti sulla sanità pugliese, rischiano veramente di trasformarsi in spot elettorali in suo favore.

Come si fa a non capirlo? Non importa se Grillo va dicendo insieme a quello che sostiene da sempre, amenità come il presunto complotto in atto contro la Lega, e a seguire contro di lui, reo magari aver parcheggiato in seconda fila, solo perché lui e Bossi si sono messi di traverso al governo Monti.

Non ci vuole molta immaginazione a prevedere che una parte dell’elettorato leghista, soprattutto al nord, orfano e tradito dal clan padano, si riverserà molto più facilmente sul Movimento 5 Stelle che sul partito di Bersani che sostiene Monti, ha comunque Penati in consiglio regionale e pretende dopo l’affaire Lusi anche l’ultima tranche dei nostri soldi fino all’ultimo euro.

Con questo atteggiamento irresponsabile, il PD avvalora ogni giorno di più le ragioni di chi, dalla parte del rispetto della democrazia diretta, al di là dell’opportunità di lasciare tutto il finanziamento della politica in mano ai privati con i noti rischi, pretende di realizzare quello che gli italiani hanno deciso a schiacciante maggioranza con il referendum del ’93.

Il bello è che da allora ad oggi stiamo ancora aspettando una seria legislazione anticorruzione che è ancora una volta in questi giorni oggetto di ricatti e scambi indecorosi mentre la commistione politico affaristica ha raggiunto vertici impensabili anche ai tempi di Tangentopoli e la gestione dei soldi dei contribuenti da parte dei partiti è diventata “cosa loro”, senza nemmeno la parvenza di un uso per finalità pubbliche e democratiche.

Persino Piero Fassino, forse con il pragmatismo dell’amministratore, ha capito che pretendere di mantenere invariato il livello dei “rimborsi” a questo punto, non è più proponibile e ha proposto di passare dagli attuali 4 euro per ad 1 euro per elettore. Se non vuole ascoltare gli appelli della Serracchiani ed il puntuale richiamo di Boeri, a proposito delle dimissioni del Trota mentre Penati continua ad sedere nel consiglio regionale lombardo, che Bersani ascolti almeno il sindaco di Torino, politico di lunghissimo corso e di apparato, sempre che sia ancora in tempo….

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