Il paese di merda e il suo sponsor

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 03/09/2011
“L’Italia è un paese di merda”, e questa volta a dirlo non è il solito demonizzatore arrabbiato e anti-italiano, ma il presidente del Consiglio

“L’Italia è un paese di merda”, e questa volta a dirlo non è il solito demonizzatore arrabbiato e anti-italiano, ma il presidente del Consiglio in una telefonata con i suoi faccendieri di fiducia, disgustato ovviamente dalle intercettazioni, dalle inchieste e dal comportamento “delinquenziale” dell’opposizione e dei giornali al seguito, come ha ribadito rabbioso a Parigi, mentre Sarkozi si occupava di Libia e politica internazionale.

Mentre il paese è appeso agli interventi della BCE nelle aste dei nostri titoli di Stato e le inchieste nonostante gli ostacoli esterni ed interni fanno il loro corso delineando un quadro di trame, ricatti, estorsioni, pool affaristici trasversali, condizionamento degli organi di garanzia davanti al quale Tangentopoli sembra a 19 anni di distanza solo una prova generale, ogni giorno continua la sceneggiata della manovra economica.

Da metà agosto ai primi di settembre ne sono state varate almeno due che in un gioco continuo di maneggi e giravolte annunciano, tolgono e mettono in un puzzle impazzito misure stravaganti, inique, eterogenee, propagandistiche e ininfluenti per rastrellare qualche miliardo qua e là. Quando poi vengono oltrepassati i limiti della decenza e della sopportazione anche per la propria base, come è avvenuto con la previsione ridicola e miserevole di azzerare gli anni di riscatto universitario e del servizio militare ai fini dell’anzianità contributiva, allora come se niente fosse e si volesse solo scherzare, indietro tutta, senza nemmeno scusarsi con i lavoratori che hanno avuto anche la dabbenaggine di laurearsi e di pagare gli anni della laurea allo Stato.

Dopo aver fatto sparire quello che molto ipocritamente veniva definito “contributo di solidarietà” e che era l’unica misura, anche se ovviamente non strutturale, che andava ad incidere sui redditi alti, si è arrivati alla parola d’ordine, paradossale per un governo che nei fatti e nei comportamenti dei suoi rappresentanti è la personificazione dell’interesse privato e dell’illegalità, “della lotta all’evasione” senza esclusione di colpi. Si ipotizza il carcere per le evasioni oltre i 3 milioni di euro, si rispolverano l’anagrafe patrimoniale e la diffusione delle denunce dei redditi, misure per le quali Vincenzo Visco al tempo del governo Prodi era stato additato al pubblico ludibrio come fautore dell’aborrito “stato di polizia tributaria”.

Sono misure, più che altro paventate e che hanno il grande vantaggio di poter annunciare mirabolanti entrate, tutte da verificare, la cui sola enunciazione ha gettato, comprensibilmente, Berlusconi nel più cupo sconforto: pensate quale effetto può produrre su di lui e sul suo seguito di beneficati anche il solo slogan “manette agli evasori”!

Di fatto, dinanzi a tutta questa mole di misure e contromisure, mai strutturali e finalizzate a dare fiato all’economia e ai consumi, che si succedono come battute in libertà e che durano in media 24 ore, l’Europa sta aumentando la diffidenza nei nostri confronti e da Bruxelles hanno fatto sapere che la manovra non si può fondare esclusivamente sul potenziale recupero dell’evasione, tutto da verificare.

Se poi il capo del governo di un paese già di fatto commissariato, va a Parigi esclusivamente per smentire di essere mai stato oggetto di estorsione da parte del suo procacciatore di escort, per accusare i magistrati di fare le indagini su “fatti inventati”, per sibilare che “così non può andare avanti”, allora è facile comprendere come la nostra credibilità possa aumentare.

Purtroppo il nostro presidente del consiglio è il supremo testimone ed artefice del “paese di merda” che siamo o saremmo diventati e la cosiddetta opposizione che non lo ha ancora mandato a casa, nonostante la mobilitazione quasi permanente di una parte sempre più consistente di cittadini consapevoli, anche se fa la voce grossa continua a dimostrare tutta la sua inadeguatezza.

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