IL SISTEMA DI POTERE

di Carmine Cocorocchio - 03/10/2012
Abbiamo osservato costernati l’enorme dispendio di risorse di alcuni candidati all’assemblea elettiva della regione Lazio. I loro manifesti affissi da frotte di galoppini occupavano gli spazi pubblici

L’illecito era la regola dei mammasantissima. L’occupazione dimostrazione di arroganza di chi è abituato nella gestione del potere avendo garantita l’impunibilità. I loro uffici elettorali, nei centri delle città, aveva file interminabile di miserabili in cerca di protezione. L’andazzo era espressione plastica di un sovranità caricaturale.

I caporioni rappresentavano la mediazione perfetta della detta seconda Repubblica. Dopo la caduta del muro pensavamo che finalmente che l’Italia si avviasse verso la democrazia compiuta. Non è stato così. Abbiamo visto affermarsi una mediazione tutta interna al sistema di potere. Un potere che trae forza dalla negazione del diritto di cittadinanza. Il presidente della regione Lazio, capo di un sindacato del tre per cento, costruisce la sua immagine nel presenziare note trasmissioni televisive. L’apparire, è il nuovo che sostituisce la politica dei partiti spariti. Le lotte, scomparse, non selezionano la classe politica.

Il potere seleziona le dette “persone per bene” che nulla vogliono conoscere dei bisogni del popolo. Le statistiche ignorate manipolate per disorientare. Intere generazioni sono fuori dai diritti universali. Le “persone per bene” siedono nel luogo della rappresentanza democratica, sordi alla masse sofferenti. Nessuna sovranità del popolo nelle istituzioni di rappresentanza. Il potere ha la finalità unica di garantire privilegio ai loro capi dal centro alla periferia.

Un potere che non governa. Un sistema di potere che si esercita in nome e per conto degli azionisti della sua maggioranza. Il modello vincente di questi ultimi venti anni. I primi arresti li intimorisce ma non li farà rinunciare. Il sistema apporterà piccole modifiche ma sopravvive. “La crisi riguarda le persone e non le istituzioni”: la balla del presidente emerito della corte Costituzionale. 

La crisi è figlia del sistema istituzionale italico. Il nostro sistema istituzionale tradisce il patto Costituzionale dal 1948. La storia ci ricorda che la “strategia della tensione”  aveva l’obiettivo d’impedire che si affermasse il nuovo. La “strategia” era conservazione. Il potere deve restare nelle mani della classi dominanti. Il sistema entra in crisi con tangentopoli. Cade la prima repubblica ma il sistema resta. Il nostro sistema istituzionali è da sempre corrotto, mai democratico. La crisi arriva per intervento tardivo della magistratura. L’opposizione che in una democrazia dovrebbe controllare, non controlla, perché attende buona il suo turno per sostituirsi nella gestione del sistema di potere modello italico. Il popolo soffre per le privazioni imposte giustificate dal debito pubblico. Chi quel debito lo ha determinato, vive nelle diponibilità di fiumi di danaro.

Questi falsi rappresentanti del popolo sono distanti anni luce dalla necessità del paese. L’Italia dimostra tutta la sua anomalia. Le nostre istituzioni non hanno nulla di democratico. Il governo Monti è una anomalia. Anomalo è il parlamento.  Anomala è l’informazione. L’anomalo è l’intero sistema di potere. La corruzione investe direttamente la gestione dei poteri dello Stato. Le nostre istituzioni ipocritamente e tardivamente prendono distanza dall’andazzo criminale che è la conseguenza di una patologia tutta italiana. I palliativi offerti non sortiranno alcun effetto sul sistema dominato dalla classe dei potenti. Sono le dette “persone per bene”, classe dominante che vivono e vegetano nel sistema di potere. In questi giorni abbiamo visto intere pagine in cui a caratteri cubitali si criticava che in virtù di una legge dello Stato, il direttore del “giornale”, definitivamente condannato, rischia il carcere. L’alzata di scudi plebiscitaria.

Un anno fa un povero Rom veniva carcerato per il furto di una barretta di cioccolata. Si disse che era recidivo. Il miserabile era recidivo alla fame e alla miseria, veniva condannato dalle “persone perbene” che gestiscono il potere italico. Il loro sistema condiziona la pubblica opinione con una informazione asservita.

Quel sistema informativo ha visto l’autorevole partecipazione del cortigiano direttore del “giornale”. Questo autorevole giornalista ha sostenuto il sistema punitivo per i morti di fame. Oggi lui, vittima del suo sistema, grida allo scandalo per la condanna. Grazie alla informazione manipolata di questo giornalista, le “persone perbene”, nominate rappresentanti del popolo, banchettano con i nostri soldi. Grazie alla informazione di questo autorevole giornalista i morti di fame languono nelle luride carceri italiche. Dov’era il capo dello Stato alla condanna del Rom? Dov’era il sistema informativo italiano garantista? Dov’era il procuratore della repubblica che sospende la pena per il direttore?

Nessuno chiedeva la interruzione della pena per i miserabili condannati per povertà. Oggi tutti chiedono l’interruzione della pena per un autorevole membro della classe degli impuniti. Il nostro è sistema criminale!  

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