Il ventennale di via D'amelio con la procura sotto assedio

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 18/07/2012
Solo l’opinione pubblica e la consapevolezza dei cittadini può consentire che finalmente si sappia come è andata quel 19 luglio di vent’anni fa, e anche dopo

Forse l’effetto positivo del clima di assedio e di guerra armata dichiarata del mondo politico ed istituzionale alla procura di Palermo sarà che il ventennale di via d’Amelio per una volta potrà essere usato meno disinvoltamente come passerella di cariatidi e sepolcri imbiancati che mentre delegittimano e infangano i magistrati vivi, vanno a celebrare quelli che hanno isolato e/o dato in pasto a Cosa Nostra vent’anni fa.

La sorella di Paolo Borsellino ha detto senza mezzi termini, alla vigilia dell’anniversario, che il conflitto di attribuzioni sollevato dal Capo dello Stato contro la procura, per le intercettazioni con Mancino (delle quali la legge vigente non consente la distruzione immediata) è un atto grave e “uno schiaffo agli italiani” che nonostante tutto attendono la verità sulle stragi e sulle trattative, o come si voglia chiamarle, intercorse tra rappresentanti dello Stato e i capi di Cosa Nostra.

La procura di Palermo non aveva forse subito mai una mole di attacchi tanto rabbiosi quanto, spesso, ridicoli come quando viene accusata da personaggi della levatura di Osvaldo Napoli e Fabrizio Cicchitto di aver aperto la campagna elettorale contro la nuova discesa in campo di Berlusconi.

Il fatto più grave è che oggi politici di tale rango e “autorevolezza” si sentono avallati a fare certe dichiarazioni dallo scontro senza precedenti aperto con la magistratura dal Capo dello Stato che contestualmente ha anche rilanciato alla brigata berlusconiana, e supporter sparsi, la palla della legge bavaglio e del drastico ridimensionamento delle intercettazioni.

E’ facile capire che la partita sulla trattativa o meglio delle trattative dall’omicidio di Salvo Lima fino al ’94 che avrebbero visto avvicendarsi sul fronte dello Stato prima quei rappresentanti della prima Repubblica che non ritrovano

la memoria o sostengono cose incredibili come Nicola Mancino o Calogero Mannino, poi nel ’94 come “messaggero di stragi” e nuovo referente in coppia con Vito Ciancimino Marcello Dell’Utri, è decisiva e può fare la differenza per il paese e per il futuro di molti attuali intoccabili.

Questa vigilia del ventennale di via D’Amelio, per una serie di coincidenze temporali, vede tornare sul banco degli imputati per l’inizio del nuovo processo d’appello per concorso esterno in associazione mafiosa, dopo la sentenza di rinvio della Cassazione, Marcello Dell’Utri che ha avuto parole concilianti per il nuovo collegio giudicante che gli sembra di “gente per bene”, mentre dal processo non si aspetta “un cazzo”.

Il veleno, approfittando dell’aria intorno ad Ingroia e colleghi, lo ha riservato come sempre e più che mai alla procura che l’ha tirato pesantemente in ballo nell’inchiesta che è un costola di quella principale sulla trattativa.

I PM di Palermo gli hanno infatti chiesto lumi sul flusso impressionante di denaro che è passato dalle tasche di Berlusconi alle sue nell’arco di pochi anni: un prestito di 10 milioni di euro e la sua villa di Sala Comacina, valutata secondo una perizia 4 milioni di euro, che viene pagata da Berlusconi ben 20 milioni. L’ipotesi accusatoria è che si tratti di estorsione ai danni di Berlusconi mentre nel ’94 Dell’Utri si faceva “messaggero di stragi” per conto della mafia all’allora presidente del consiglio ed era l’interlocutore diretto e privilegiato di Vito Ciancimino, dopo l’eliminazione di Salvo Lima, in merito alle richieste contenute nel “papello”.

Come era facile prevedere Silvio Berlusconi in qualità di parte offesa non è andato a deporre, adducendo un legittimo impedimento per un incontro su temi economici, e nemmeno la figlia Marina chiamata a testimoniare come persona informata dei fatti.

Dell’Utri a Palermo per il suo nuovo processo d’appello si è scagliato contro l’ennesimo processo politico infinito ed inconcludente, quello sulla trattativa, messo in piedi dalla procura di Palermo con “un’ accusa di estorsione frutto di fantasia” e cogliendo l’occasione del ventennale dell’assassinio di Borsellino e della scorta ha esortato i magistrati a “dirci come è andata in via D’Amelio, invece di occuparsi di Berlusconi e Dell’Utri”.

Naturalmente la procura di Palermo, come ha ribadito il procuratore Messineo, andrà avanti con l’inchiesta sulla trattativa dato che “non esiste nessun obbligo di sospensione” in pendenza del conflitto di attribuzione.

A destra e a “sinistra”, con l’esclusione di Di Pietro, anche lui all’indice per parlare in modo chiaro, gareggeranno, dato che loro sì sono in campagna elettorale e al minimo della credibilità, nell’infamare i PM che continuano a fare il loro lavoro e nell’incensare il presidente che con gesto “molto virile” ha dato lo stop allo “strapotere” dei magistrati.

Aggirando il pensiero unico a difesa dell’esistente ed ostile alla ricerca della verità, anche se di verità processuale si tratta, solo l’opinione pubblica e la consapevolezza dei cittadini può consentire che finalmente si sappia come è andata quel 19 luglio di vent’anni fa, e anche dopo.

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