LA DITTATURA DEL BRANCO

di Massimiliano Perna – ilmegafono.org - 17/05/2009
La Camera, come previsto per via della fiducia, approva i tre maxiemendamenti al ddl sulla sicurezza, umiliando la volontà espressa in precedenza dal Parlamento: il regime inizia colpendo le vittime e salvando i carnefici

Chi conosce la Storia sa bene che il fascismo, per ufficializzare la propria dittatura, iniziò dalla castrazione del Parlamento, svuotato di senso e di poteri, condannato a ratificare formalmente le decisioni del dittatore e della sua cerchia. Giambattista Vico parlava di corsi e ricorsi storici, alludendo ad una sorta di ciclicità della Storia dell’uomo. Come dargli torto oggi?

Il governo Berlusconi ha messo giù la maschera, mostrando la sua vera e cruda faccia, piena di odio e di arroganza, di crudeltà e di ipocrisia. Il Parlamento è stato definitivamente svilito, umiliato, distrutto. Tutto ciò per proseguire nell’attività di propaganda relativamente alla lotta all’immigrazione, ormai eletta a capro espiatorio di tutti i mali italiani. I tre maxiemendamenti al disegno di legge sulla sicurezza sono stati approvati dalla Camera dei Deputati, grazie al meccanismo della fiducia voluto dal ministro Maroni, terrorizzato dal rischio di vedere respinte le misure che lui e la Lega hanno promosso e promesso ai propri rozzi elettori.

Nelle scorse settimane, infatti, l’aula parlamentare aveva ottenuto l’eliminazione dal decreto sicurezza di misure ignobili come le ronde e l’obbligo dei medici di denunciare i clandestini, mentre nelle votazioni a scrutinio segreto era stato bocciato l’articolo del decreto che estendeva a 180 giorni il periodo di detenzione nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione). Una linea precisa, dunque, quella assunta dal Parlamento italiano, grazie anche al voto segreto di molti esponenti della maggioranza, evidentemente contrari alla linea della durezza portata avanti da Maroni, dalla Lega e da alcuni esponenti del Pdl (La Russa e Gasparri in testa).

Iniziava così una piccola crisi, con il Carroccio furibondo e deciso a travalicare il volere della Camera, attraverso la riproposizione, nel successivo disegno di legge sulla sicurezza, delle misure bocciate. Dopo una fitta discussione e le rassicurazioni di Berlusconi, il quale, dopo una strategica inerzia, ha improvvisamente virato verso le posizioni leghiste, Maroni ha deciso di ingabbiare la democrazia, ponendo la fiducia per evitare di incrociare il “fuoco amico” dei franchi tiratori.

E così, con la fiducia espressa dalla Camera, è passato un ddl che tanto somiglia alle leggi razziali antiebraiche adottate dal regime fascista. Sono diventate realtà: le ronde, il reato di clandestinità con obbligo di denuncia da parte dei pubblici ufficiali, ma anche da parte di qualsiasi cittadino ospiti un clandestino, l’aumento da 60 a 180 giorni del periodo di detenzione dell’immigrato nei Cie, l’aumento del costo delle pratiche per la richiesta della cittadinanza o del permesso di soggiorno, la pena fino a tre anni di carcere per chi affitti case o locali ai clandestini e per insulti a pubblico ufficiale.

Siamo alla fine della civiltà. Siamo tornati a mettere la razza al centro di un disegno normativo, in una dimensione che è propagandista e xenofoba allo stesso tempo. Si è scelto di legare la questione sicurezza alla clandestinità, cioè ad una condizione semplicemente burocratica. Si mette da parte la criminalità organizzata, quella ambientale, quella imprenditoriale ed istituzionale, che sono la vera minaccia per questo Paese. Si sceglie di punire le vittime per lasciare in pace i carnefici.

Nessuna misura severa contro chi sfrutta il lavoro immigrato, regolare ed irregolare, contro gli atti di razzismo che ogni giorno, nei quartieri di ogni città italiana, colpiscono immigrati di ogni provenienza. Una condotta politica crudele, ignobile, che trova il suo completamento nei respingimenti delle barche di immigrati nel Mediterraneo, con destinazione quella Libia da cui essi scappano, dopo aver subito violenze di ogni genere, torture, stupri. Una linea in netto contrasto con le norme internazionali sull’asilo politico, nonostante il premier, Maroni e gli altri membri della maggioranza continuino a sostenere il contrario. Persino Fini, il quale più volte ha preso le distanze dalla politica xenofoba del suo governo, ha affermato che l’Italia agisce nel rispetto del diritto internazionale, precisando timidamente che forse bisognerebbe fare più attenzione a coloro che potrebbero avere diritto a chiedere asilo.

Una posizione morbida e ipocrita, tipica di chi, grazie ad una innegabile abilità politica, cerca di differenziarsi dai suoi compagni di partito, senza però assumere alcuna iniziativa concreta contro la deriva razzista a cui questo governo spinge il Paese, inesorabilmente e tristemente ricettivo. Di fronte a ciò vi è un’opposizione debole e confusa, senza una linea precisa, ricca di posizioni che stonano con la cultura di una sinistra ormai espulsa dal Pd e relegata ai margini della politica.

Se Franceschini giustamente alza la voce e parla apertamente di razzismo, alcuni suoi prestigiosi compagni di partito, come Bersani, Rutelli e Fassino, appaiono più moderati, spingendosi addirittura a condividere la scelta del respingimento fatta dal governo, con l’unica differenza relativa alla necessità di verificare la situazione degli eventuali richiedenti asilo. Nessuna parola sulle lesioni dei diritti umani in Libia, su un accordo fatto con uno Stato corrotto e totalitario, in cui c’è spazio solo per il denaro dei trafficanti e per la violenza dei loro aguzzini.

Forse la cautela degli esponenti storici del centro-sinistra si spiega con il fatto che l’accordo con la Libia per il pattugliamento delle coste e per la lotta all’immigrazione clandestina venne sottoscritto proprio dall’ultimo governo Prodi, nel dicembre del 2007, attraverso l’allora ministro dell’Interno, Giuliano Amato. Un precedente imbarazzante, su cui ora fa leva il centrodestra e che dimostra l’assoluta debolezza di un’opposizione travolta dai suoi stessi errori, tra cui quello di aver attuato un’analoga politica di pattugliamento militare e respingimento (ai tempi del primo governo Prodi) nei confronti dei migranti provenienti dall’Albania.

Come dimenticare, infatti, la tragedia del 28 marzo 1997, nel canale d’Otranto, quando il pattugliatore italiano “Sibilla”, che aveva l’ordine del governo di respingere le barche cariche di profughi, speronò un’imbarcazione carica di albanesi, provocando circa 100 morti? Anche all’epoca l’Onu aveva richiamato l’Italia, accusandola di violare la normativa internazionale sul diritto d’asilo. All’epoca Berlusconi si mostrò in lacrime e criticò la durezza del governo Prodi, oggi invece plaude alla spietatezza del suo governo, spingendosi persino a dichiarare che sui barconi ci sono migranti reclutati dalle organizzazioni criminali, per essere poi infilati nella rete del lavoro nero e dello sfruttamento. Maroni, dal canto suo, parla di necessità di contrastare il traffico di esseri umani. E in che modo? Colpendo i trafficanti? No, colpendo le vittime e lasciando impuniti i carnefici.

È come se di fronte allo stupro di una donna o di un bambino, la legge e la magistratura decidessero di punire non lo stupratore, ma la vittima, mandandola a vivere a casa del suo carnefice. Questa è la soluzione del governo Berlusconi: colpire i deboli, punirli per la loro condizione di disperazione, additarli come problema invece di comprenderne i bisogni. E non bastano le critiche dell’Onu e dell’Europa.

Non basta nemmeno l’intervento duro, finalmente, del Vaticano e della Cei, che hanno parlato della necessità di “garantire assistenza e diritti umani”, esprimendo “forte preoccupazione” per le conseguenze del disegno di legge sulla sicurezza e per la totale assenza, in esso, “del tema dell’integrazione”. Stavolta, a differenza di quanto avviene in occasione di questioni etiche, nessuno presta ascolto alla posizione della Chiesa, forse perché in questo caso ad essere coinvolte sono persone in carne ed ossa, viventi, attuali, concrete, con lo sguardo ancora rivolto al domani, ai sogni, ad un futuro che possa se non cancellare quantomeno accantonare un passato drammatico.

Sarebbe ora che il Vaticano, sul tema immigrazione, mettesse in moto una campagna durissima di attacco al governo, richiamando i cattolici a non votare più chi si macchia di atti che vanno contro la persona. Dovrebbe farlo con la stessa decisione con cui si è mosso in passato per questioni prettamente religiose o etiche. Il tempo dei tentennamenti, ad ogni livello, è volto al termine: ogni secondo perso è una vita umana che sprofonda e scompare.

 

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