Chi conosce
la Storia sa bene che il fascismo, per ufficializzare la propria
dittatura, iniziò dalla castrazione del Parlamento, svuotato di
senso e di poteri, condannato a ratificare formalmente le decisioni
del dittatore e della sua cerchia. Giambattista Vico parlava di corsi
e ricorsi storici, alludendo ad una sorta di
ciclicità della Storia dell’uomo. Come dargli torto oggi?
Il
governo Berlusconi ha messo giù la maschera, mostrando la sua vera e
cruda faccia, piena di odio e di arroganza, di crudeltà e di
ipocrisia. Il Parlamento è stato definitivamente svilito, umiliato,
distrutto. Tutto ciò per proseguire nell’attività di propaganda
relativamente alla lotta all’immigrazione, ormai eletta a capro
espiatorio di tutti i mali italiani. I tre maxiemendamenti al disegno
di legge sulla sicurezza sono stati approvati dalla Camera dei
Deputati, grazie al meccanismo della fiducia voluto dal ministro
Maroni, terrorizzato dal rischio di vedere respinte le misure che lui
e la Lega hanno promosso e promesso ai propri rozzi elettori.
Nelle
scorse settimane, infatti, l’aula parlamentare aveva ottenuto
l’eliminazione dal decreto sicurezza di misure ignobili come le
ronde e l’obbligo dei medici di denunciare i clandestini, mentre
nelle votazioni a scrutinio segreto era stato bocciato l’articolo
del decreto che estendeva a 180 giorni il periodo di detenzione nei
Cie (Centri di identificazione ed espulsione). Una linea precisa,
dunque, quella assunta dal Parlamento italiano, grazie anche al voto
segreto di molti esponenti della maggioranza, evidentemente contrari
alla linea della durezza portata avanti da Maroni, dalla Lega e da
alcuni esponenti del Pdl (La Russa e Gasparri in testa).
Iniziava
così una piccola crisi, con il Carroccio
furibondo e deciso a travalicare il volere della Camera, attraverso
la riproposizione, nel successivo disegno di legge sulla sicurezza,
delle misure bocciate. Dopo una fitta discussione e le rassicurazioni
di Berlusconi, il quale, dopo una strategica inerzia, ha
improvvisamente virato verso le posizioni leghiste, Maroni ha deciso
di ingabbiare la democrazia, ponendo la fiducia per evitare di
incrociare il “fuoco amico” dei franchi tiratori.
E così, con la
fiducia espressa dalla Camera, è passato un ddl che tanto somiglia
alle leggi razziali antiebraiche adottate dal regime fascista. Sono
diventate realtà: le ronde, il reato di clandestinità con obbligo
di denuncia da parte dei pubblici ufficiali, ma anche da parte di
qualsiasi cittadino ospiti un clandestino, l’aumento da 60 a 180
giorni del periodo di detenzione dell’immigrato nei Cie, l’aumento
del costo delle pratiche per la richiesta della cittadinanza o del
permesso di soggiorno, la pena fino a tre anni di carcere per chi
affitti case o locali ai clandestini e per insulti a pubblico
ufficiale.
Siamo alla fine della civiltà. Siamo tornati a mettere la
razza al centro di un disegno normativo, in una dimensione che è
propagandista e xenofoba allo stesso tempo. Si è scelto di legare la
questione sicurezza alla clandestinità, cioè ad una condizione
semplicemente burocratica. Si mette da parte la criminalità
organizzata, quella ambientale, quella imprenditoriale ed
istituzionale, che sono la vera minaccia per questo Paese. Si sceglie
di punire le vittime per lasciare in pace i carnefici.
Nessuna misura
severa contro chi sfrutta il lavoro immigrato, regolare ed
irregolare, contro gli atti di razzismo che ogni giorno, nei
quartieri di ogni città italiana, colpiscono immigrati di ogni
provenienza. Una condotta politica crudele, ignobile, che trova il
suo completamento nei respingimenti delle barche di immigrati nel
Mediterraneo, con destinazione quella Libia da cui essi scappano,
dopo aver subito violenze di ogni genere, torture, stupri. Una linea
in netto contrasto con le norme internazionali sull’asilo politico,
nonostante il premier, Maroni e gli altri membri della maggioranza
continuino a sostenere il contrario. Persino Fini, il quale più
volte ha preso le distanze dalla politica xenofoba del suo governo,
ha affermato che l’Italia agisce nel rispetto del diritto
internazionale, precisando timidamente che forse bisognerebbe fare
più attenzione a coloro che potrebbero avere diritto a chiedere
asilo.
Una posizione morbida e ipocrita, tipica di chi, grazie ad una
innegabile abilità politica, cerca di differenziarsi dai suoi
compagni di partito, senza però assumere alcuna iniziativa concreta
contro la deriva razzista a cui questo governo spinge il Paese,
inesorabilmente e tristemente ricettivo. Di fronte a ciò vi è
un’opposizione debole e confusa, senza una linea precisa, ricca di
posizioni che stonano con la cultura di una sinistra ormai espulsa
dal Pd e relegata ai margini della politica.
Se Franceschini
giustamente alza la voce e parla apertamente di razzismo, alcuni suoi
prestigiosi compagni di partito, come Bersani, Rutelli e Fassino,
appaiono più moderati, spingendosi addirittura a condividere la
scelta del respingimento fatta dal governo, con l’unica differenza
relativa alla necessità di verificare la situazione degli eventuali
richiedenti asilo. Nessuna parola sulle lesioni dei diritti umani in
Libia, su un accordo fatto con uno Stato corrotto e totalitario, in
cui c’è spazio solo per il denaro dei trafficanti e per la
violenza dei loro aguzzini.
Forse la cautela degli esponenti storici
del centro-sinistra si spiega con il fatto che l’accordo con la
Libia per il pattugliamento delle coste e per la lotta
all’immigrazione clandestina venne sottoscritto proprio dall’ultimo
governo Prodi, nel dicembre del 2007, attraverso l’allora ministro
dell’Interno, Giuliano Amato. Un precedente imbarazzante, su cui
ora fa leva il centrodestra e che dimostra l’assoluta debolezza di
un’opposizione travolta dai suoi stessi errori, tra cui quello di
aver attuato un’analoga politica di pattugliamento militare e
respingimento (ai tempi del primo governo Prodi) nei confronti dei
migranti provenienti dall’Albania.
Come dimenticare, infatti, la
tragedia del 28 marzo 1997, nel canale d’Otranto, quando il
pattugliatore italiano “Sibilla”, che aveva l’ordine del
governo di respingere le barche cariche di profughi, speronò
un’imbarcazione carica di albanesi, provocando circa 100 morti?
Anche all’epoca l’Onu aveva richiamato l’Italia, accusandola di
violare la normativa internazionale sul diritto d’asilo. All’epoca
Berlusconi si mostrò in lacrime e criticò la durezza del governo
Prodi, oggi invece plaude alla spietatezza del suo governo,
spingendosi persino a dichiarare che sui barconi ci sono migranti
reclutati dalle organizzazioni criminali, per essere poi infilati
nella rete del lavoro nero e dello sfruttamento. Maroni, dal canto
suo, parla di necessità di contrastare il traffico di esseri umani.
E in che modo? Colpendo i trafficanti? No, colpendo le vittime e
lasciando impuniti i carnefici.
È come se di fronte allo stupro di
una donna o di un bambino, la legge e la magistratura decidessero di
punire non lo stupratore, ma la vittima, mandandola a vivere a casa
del suo carnefice. Questa è la soluzione del governo Berlusconi:
colpire i deboli, punirli per la loro condizione di disperazione,
additarli come problema invece di comprenderne i bisogni. E non
bastano le critiche dell’Onu e dell’Europa.
Non basta nemmeno
l’intervento duro, finalmente, del Vaticano e della Cei, che hanno
parlato della necessità di “garantire assistenza e diritti umani”,
esprimendo “forte preoccupazione” per le conseguenze del disegno
di legge sulla sicurezza e per la totale assenza, in esso, “del
tema dell’integrazione”. Stavolta, a differenza di quanto avviene
in occasione di questioni etiche, nessuno presta ascolto alla
posizione della Chiesa, forse perché in questo caso ad essere
coinvolte sono persone in carne ed ossa, viventi, attuali, concrete,
con lo sguardo ancora rivolto al domani, ai sogni, ad un futuro che
possa se non cancellare quantomeno accantonare un passato drammatico.
Sarebbe ora che il Vaticano, sul tema immigrazione, mettesse in moto una campagna durissima di attacco al governo, richiamando i cattolici a non votare più chi si macchia di atti che vanno contro la persona. Dovrebbe farlo con la stessa decisione con cui si è mosso in passato per questioni prettamente religiose o etiche. Il tempo dei tentennamenti, ad ogni livello, è volto al termine: ogni secondo perso è una vita umana che sprofonda e scompare.