La lezione siciliana

di Francesco Baicchi - 30/10/2012
Se i risultati elettorali siciliani non possono essere considerati una anticipazione di quanto accadrà nella prossima primavera, sarebbe però difficile negare che essi costituiscano una allarmante indicazione di tendenza e una dimostrazione dei rischi presentati da certi sistemi elettorali

E' probabile che a fattori locali sia imputabile la rinuncia di oltre la metà degli elettori a esprimere la propria volontà, nonostante la presenza di una lista di pura protesta come quella di Grillo, e che i votanti abbiano assegnato a ben cinque liste una percentuale compresa approssimativamente fra il 10 e il 15%. Senza dunque esprimere una scelta esplicita. Nella regione che solo qualche anno fa ha assegnato la totalità dei seggi disponibili al partito-azienda di Berlusconi questa è forse la svolta più clamorosa.

Comunque se i dati attuali saranno più o meno confermati, i temi su cui si potranno concentrare le analisi saranno, come sempre, numerosi: la prevedibilità del successo del M5S, primo partito per numero di voti, non ne sminuisce assolutamente l'importanza, ma conferma soltanto la diffusa insofferenza verso i partiti tradizionali e la ricerca di alternative. Anche se le due coalizioni di centro e di destra alla fine saranno le più votate.

Se la scomparsa della sinistra ex-marxista, che complessivamente non raggiunge il 3,50%, può anch'essa essere considerata una conferma, meno scontato è il tonfo dell'IDV, dopo il recente successo di Orlando a Palermo.

Ma forse ci sono anche altri fattori su cui riflettere.

Ad esempio che il Presidente di una grande regione (oltretutto a statuto autonomo) rappresenterà la volontà solo di circa il 15% del totale degli elettori potenziali.

Verrà così disattesa la volontà contraria (nei suoi confronti) della grande maggioranza.

La bassa partecipazione non cambia la situazione, dato che dimostra soltanto che nessuno dei candidati presenti ha ottenuto la fiducia di un elettore su due, o è riuscito a convincerlo a compiere quello che per la nostra Costituzione è un dovere.

L'applicazione del 'premio di maggioranza' (mai questa definizione è apparsa meno appropriata) stravolgerà ulteriormente la volontà popolare, incrementando di quasi il 30% il numero dei seggi a disposizione del vincitore.

Constatazione ancora più preoccupante se pensiamo agli enormi poteri che con la sciagurata riforma costituzionale del Titolo V del 2001 sono stati assegnati ai presidenti regionali e che lo statuto siciliano non ha certo ridotto.

Insomma dal voto siciliano c'è molto da imparare, a iniziare dalla richiesta di un soggetto politico totalmente nuovo in grado di rappresentare un elettorato che rifiuti l'omologazione liberista e creda ancora nella possibilità di costruire una società solidale, giusta, pacifica e compatibile con le residue potenzialità del nostro pianeta.

Insomma un partito in grado di declinare gli ideali della sinistra nel nostro tempo, privo di nostalgie, aperto alla ricerca di nuove forme di partecipazione, ma indisponibile a rinunciare ai principi democratici.

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