L'articolo ci ritraeva, noi italiani e i nostri nuovi
politici, incapaci di uccidere la bestia da cui in massa eravamo stati sedotti.
Una vera epurazione era impossibile, soprattutto delle menti, dei costumi.
Troppo vasti i consensi dati al tiranno, i trasformismi dell'ultima ora.
Matthews racconta un episodio significativo di quegli anni. Quando il governo
militare alleato volle epurare l'Università di Roma, una delegazione del
Comitato di liberazione nazionale (Cln) chiese che la riorganizzazione fosse
compiuta da due membri di ciascun partito: "In altre parole, una politica
di partito doveva essere introdotta nel dominio dell'alta cultura: il che, mi
sembra, è fascismo bello e buono". Il giornalista conclude che la lotta al
fascismo doveva durare tutta la vita: "È un mostro col capo d'idra, dai
molti aspetti, ma con un unico corpo. Non crediate di averlo ucciso".
L'idra è tra noi, anche oggi. Nasce allo stesso modo, è il frutto amaro e
terribile di mali che tendono a ripetersi eguali a se stessi e non vengono
curati: come se non si volesse curarli, come se si preferisse sempre di nuovo
nasconderli, lasciarli imputridire, poi dimenticarli. È uno dei lati più scuri
dell'Italia, questo barcollare imbambolato lungo un baratro, dentro il quale
non si guarda perché guardarlo significa conoscere e capire quel che racchiude:
la politica che non vuol rigenerarsi; i partiti che non apprendono dai propri
errori e si trasformano in cerchie chiuse, a null'altro interessate se non alla
perpetuazione del proprio potere; la carenza spaventosa di una classe dirigente
meno irresponsabile, meno immemore di quel che è accaduto in Italia in più di
mezzo secolo.
E tuttavia distinguere si può, si deve: altrimenti prepariamoci alle esequie
della politica. Ci sono uomini e partiti che si sono opposti e s'oppongono alla
degenerazione, e ce ne sono che coscientemente hanno scommesso sul degrado. C'è
la Costituzione, che protegge la politica e chi ne ha vocazione: compresi i
partiti, che al caos oppongono l'organizzazione. Il molle non è equiparabile al
colluso con la mafia, il mediocre non è un criminale. La politica è oggi
invisa, ma a lei spetta ricominciare la Storia. I movimenti antipolitici
denunciano una malattia che senz'altro corrode dal di dentro la democrazia, ma
non hanno la forza e neanche il desiderio di governare. Chi voglia governare
non può che rinobilitarla, la politica.
Se questo non avviene, se i partiti si limitano a denunciare l'antipolitica,
avranno mancato per indolenza e autoconservazione l'appuntamento con la verità.
Non avranno compreso in tempo l'essenziale: sono le loro malattie a suscitare i
pifferai-taumaturghi (l'ultimo è stato Berlusconi). Il paese rischia di morire
di demagogia, dice Bersani, ma questa morte è un remake: vale la pena
rifletterci sopra. Guardiamola allora, questa politica sempre tentata dai
remake. Non è solo questione di corruzione finanziaria, o del denaro pubblico
dato perché i partiti non siano prede di lobby e che tuttavia è solo in piccola
parte speso per opere indispensabili (il resto andrebbe restituito ai
cittadini: questo è depurarsi). La corruzione è più antica, ha radici nelle
menti e in memorie striminzite. Matthews denuncia lottizzazioni partitiche già
nel '44. Un'altra cosa che smaschera è il ruolo della mafia nella Liberazione.
Anche quest'idra è tra noi.
È lunga, la lista dei mali via via occultati, e spesso scordati. L'Anti-Stato
che presto cominciò a crearsi accanto a quello ufficiale, e divenne il marchio
comune a tante eversioni: mafiose, brigatiste, della politica quando si fa
sommersa. Un Anti-Stato raramente ammesso, combattuto debolmente. E le stragi,
a Portella della Ginestra nel '47 e a partire dal '69: restate impunite,
anonime. L'ultima infamia risale alla sentenza sull'eccidio di Brescia del '74,
sabato scorso: tutti assolti. È un conforto che Monti abbia deciso che spetta
allo Stato e non alle vittime pagare 38 anni di inchieste e processi:
l'ammissione di responsabilità gli fa onore. Poi la P2: una "trasversale
sacca di resistenza alla democrazia", secondo Tina Anselmi. Berlusconi,
tessera 1816 della Loggia, entrò in politica per attuare il controllo
dell'informazione e della magistratura previsto nel Piano di Rinascita
democratica di Gelli. Le mazzette a politici e giornalisti si chiamano, nel
Piano, "sollecitazioni".
È corruzione anche la sordità a quel che i cittadini invocano da decenni, nei
referendum. Nel '91 votarono contro una legge elettorale che consentiva ai
partiti di piazzare nelle liste i propri preferiti. Nel '93 chiesero
l'abbandono del sistema proporzionale, che in Italia aveva dilatato la
partitocrazia. Il 90.3 per cento votò nel '93 contro il finanziamento pubblico
dei partiti. I referendum sono stati sprezzati, con sfacciataggine. Il
finanziamento è ripreso sostituendo il vocabolo: ora si dice rimborso. Da noi
si cambia così: migliorando i sinonimi, non le leggi e i costumi.
Ma soprattutto, sono spesso svilite le battaglie dell'Italia migliore
(antimafia, anticorruzione). Bisogna cadere ammazzati come Ambrosoli, Dalla
Chiesa, Falcone, Borsellino, per non finire nel niente. Le commemorazioni
stesse sono subdole forme di oblio. Si celebra Ambrosoli, non la sua lotta
contro Sindona, mafia, P2. Disse di lui Andreotti, legato a Sindona: "È
una persona che se l'andava cercando". Fu ascoltato in silenzio, e non
possiamo stupirci se l'ex democristiano Scajola, nel 2002, dirà parole quasi
identiche su Marco Biagi, reo d'aver chiesto la scorta prima d'essere ucciso:
"Era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di
consulenza". Ci sono cose che, una volta dette, ti tolgono il diritto di
rappresentare l'Italia.
Viene infine la dimenticanza pura, che dissolve come in un acido persone
italiane eccelse. Tina Anselmi è un esempio. Gli italiani sanno qualcosa della
straordinaria donna che guidò la commissione parlamentare sulla P2? È come
fosse già morta, ed è commovente che alcuni amici la ricordino. Tra essi Anna
Vinci, autrice di un libro di Chiarelettere sulla P2. Con Giuseppe Amari, la
scrittrice ha appena pubblicato Le notti della democrazia, in cui la tenacia di
Tina è paragonata a quella di Aung San Suu Kyi. Altro esempio: Federico Caffè,
fautore solitario di un'economia alternativa ai trionfi liberisti, di rado
nominato. Un mattino, il 15-4-87, si tolse di mezzo, scomparve come il fisico
Majorana nel '38. Anosognosia è la condizione di chi soffre un male ma ne nega
l'esistenza: è la patologia delle nostre teste senza memoria.
La letteratura è spesso più precisa dei cronisti. Nel numero citato di Mercurio
è evocato il racconto che Moravia scrisse nel '44: L'Epidemia. Una malattia
strana affligge il villaggio: gli abitanti cominciano a puzzare orribilmente,
ma in assenza di cura l'odorato si corrompe e il puzzo vien presentato come
profumo. Quindici anni dopo, Ionesco proporrà lo stesso apologo nei
Rinoceronti. La malattia svanisce non perché sanata, ma perché negata:
"Possiamo additare una particolarità di quella nazione come un effetto
indubbio della pandemia: gli individui di quella nazione, tutti senza distinzione,
mancano di olfatto". Non fanno più "differenza tra le immondizie e il
resto".
Ecco cosa urge: ritrovare l'olfatto, anche se "è davvero un
vantaggio" vivere senza. Altrimenti dovremo ammettere che preferiamo la
melma e i pifferai che secerne, alla "bellezza del fresco profumo di
libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza,
della contiguità, e quindi della complicità". Il profumo che Borsellino si
augurò e ci augurò il 23 giugno '92, a Palermo, pochi giorni prima d'essere
assassinato.
Quando il fascismo stava per finire, nel novembre 1944, un giornalista americano che conosceva bene l'Italia, Herbert Matthews, scrisse un articolo molto scomodo. S'intitolava "Non lo avete ucciso"