La ribellione delle "veline" intorno a Berlusconi

di MIGUEL MORA - El País, Madrid (traduzione dallo spagnolo di José F. Padova) - 23/06/2009
Le denunce delle modelle contrastano con l’ ammaliamento della Chiesa cattolica e l’ammirazione di molti italiani per il primo ministro

L’antico flirt fra Silvio Berlusconi e gli italiani naviga verso un finale imprevedibile.
Il Noemigate ha aperto i tombini delle fogne un mese e mezzo fa, le foto proibite di Antonello Zappadu hanno illustrato l’ambiente e oggi il fango trabocca senza censura da tutte le parti, eccetto una sola: il silenzio delle televisioni controllate dal primo ministro, meglio conosciuto, dopo la sfortunata frase del suo avvocato, come l’ “utilizzatore finale”.

L’animato entourage del Cavaliere occupa Internet e giornali: Patrizia D'Addario, una prostituta barese sulla quarantina che giura di essere stata la fidanzata di David Copperfield e che lavora armata di registratore e videocamera, lascia il Paese dopo aver dichiarato ai giudici e al Corriere della Sera di aver percepito soldi per fare visita al capo del Governo nel palazzo Grazioli. Giampaolo Tarantini, un imprenditore di Bari che frequentava Berlusconi nelle estati di Sardegna affittando una tenuta vicina a Villa Certosa per 10.000 euro, è accusato dagli inquirenti di farsi strada nella sanità pubblica mediante mazzette e di reclutare meretrici per Papi. Barbara Montereale, una velina pentita, e come la sua amica Patrizia candidata alle elezioni comunali per la lista La Puglia Prima di Tutto, rivela di essere entrata in quella lista dopo essere stata alla Certosa e a palazzo Grazioli, ricevendo soldi ma senza [finire a] letto. Alessandro Manarini, autista di Tarantini e presunto spacciatore alle feste bene, assicura di essere stato nella villa sarda.

Dopo anni di silenzio sembra che qualcosa di molto profondo sia cambiato in Italia. All’improvviso la pioggia contro Berlusconi è continua. Alcuni giornali citano Caligola, altri Nerone, Fellini, Petronio. Berlusconi, paralizzato, non smette di ripeterlo: “È tutta spazzatura, ma io sono esperto in spazzatura. Ho ripulito quella di Napoli, ripulirò anche questa“.

Non sarà facile. La simpatia che soltanto fino a qualche giorno fa suscitavano le sue barzellette e bravate, la sua quasi miracolosa impunità giudiziaria, il suo disprezzo per ogni tipo di regole, sta lasciando il passo a un sospetto e a una disaffezione crescenti. Venerdì il primo ministro cercò di concedersi un bagno di folla durante un meeting vicino a Milano, a Cinisello Balsamo. Fu ricevuto con fischi e cartelli che dicevano: “Sono una donna, non una velina”. Furibondo, Berlusconi rispose alle proteste dicendo: “Sono soltanto alcuni poveri comunisti, analfabeti della libertà”.

Fra i seguaci del centro-destra cominciano a circolare opinioni che esigono più spiegazioni e meno insulti all’avversario. Sono pochi ormai quelli che credono nelle cospirazioni delle toghe rosse. Le argomentazioni suonano deteriorate davanti alla forza dei fatti. I vescovi, mediante un editoriale dell’Avvenire, hanno richiesto “pubblici chiarimenti” e hanno ricordato al loro alleato che “tutto ha un prezzo”, consigliandogli già che c’erano di fare a meno dell’avvocato che aveva coniato quella definizione di utilizzatore finale. Gianfranco Fini afferma gelido che “è in pericolo la fiducia del popolo nella politica e nelle istituzioni”. Il silenzioso numero due del Governo, Gianni Letta, ha scritto sull’Osservatore Romano un austero articolo su crisi e moralità pubblica. E giornali tanto conservatori come il Corriere o Il Foglio cominciano a spostarsi verso il compiacimento per la critica. Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio e fervente ammiratore del Cavaliere, gli ha suggerito “un cambiamento radicale, una rigenerazione del progetto”.

Berlusconi sa appena dove stanno i suoi amici. Libero, il quotidiano telediretto da un altro fedelissimo, Vittorio Feltri, si arrischia venerdì a titolare: “Silvio, occhio alla coca”. Mentre Il Giornale di suo fratello Paolo [Berlusconi] riportava ieri le foto di Villa Certosa già pubblicate da El País (nonostante siano proibite) e alcune altre, accusando i servizi di sicurezza di permettere a Zappadu di lavorare nella residenza.

Per la sinistra, L’Unità raccontava senza mezzi termini che le veline che sono passate [per le mani] dell’ “utilizzatore finale” hanno ricevuto in cambio una bazzecola, aggiungendo che è il momento buono per comperarle di seconda mano. Arrivati a questo punto che si direbbe di non ritorno, tutti aspettano il prossimo terremoto. I ministri cercano di appurare che cosa sarà il seguito, se permetterà loro di continuare a invocare il diritto alla privacy e ad accusare i nemici di essere dei moralisti. Nonostante Berlusconi si dica sicuro e determinato, il suo silenzio non infonde fiducia. E neppure i suoi più fanatici seguaci fantasticano che riesca a uscire indenne da questo che i vescovi, sempre poetici, definiscono come “tanto veleno, tanti sospetti”.

La speranza della maggioranza si limita a che l’esecutivo arrivi incolume al grande appuntamento politico dell’anno, al G8 (allargato a 20), che si celebrerà a L’Aquila fra il 6 e il 9 di luglio. La disgrazia del terremoto ha fatto sì che il vertice non si svolgesse in Sardegna, com’era previsto, e Berlusconi può essergliene grato. È meglio non immaginare che cosa sarebbero stati capaci di fare 4.000 giornalisti globali nei paraggi di Villa Certosa.

In ogni caso, Berlusconi dovrà vedersela con Barack Obama (che già lo ha ricevuto con notoria freddezza questa settimana a Washington), Nicolas Sarkozy, Angela Merkel, il suo amico Vladímir Putin e in più una quindicina di mandatari. Fra questi vi sarà Zapatero, accusato in questi giorni da Antonio Mantovano, sottosegretario agli interni, di istigare il complotto contro Il Cavaliere mediante El País. Grato per l’invito con poltrona al G8, Zapatero ha deciso di appoggiare Mario Mauro, il candidato di Berlusconi alla presidenza del Parlamento europeo.

Forse altri non saranno così magnanimi. Secondo fonti diplomatiche, Berlusconi ha cercato la solidarietà di svariate Cancellerie straniere. Tuttavia lo sconcerto è più grande della comprensione. Lo indica il rilievo dato al Sexgate in molti media statunitensi (“Clinton, perdonaci”, ha ironizzato John Steward) o l’aneddoto narrato da Jacques Chirac sulla sua visita chez Berlusconi, durante la quale questi fece supposizioni circa la qualità delle chiappe che si erano sedute sul suo bidè.

Quello che qualcuno giudicava come una trama gialla o rosa si va rivelando di un’evidente portata politica. Secondo quanto ha ricordato l’opposizione, Berlusconi è responsabile della sicurezza dello Stato italiano e della Difesa del Paese. Come membro della NATO può accedere a documenti segreti sull’armamento nucleare dell’Alleanza. Tanto in Villa Certosa, che è sottoposta al segreto di Stato, quanto in Grazioli, il primo ministro riceve collaboratori, si riunisce con ministri, incontra personalità nazionali e straniere. A sua richiesta, le misure di controllo che si applicano agli invitati privati sono minime. Patrizia D’Addario è uscita da palazzo Grazioli con le registrazioni audio e video nella sua borsetta. L’impressione, dentro e fuori d’Italia, è che Berlusconi è un politico con incrinature eccessive.

Come ha detto Feltri, in casa la cosa peggiorerà se appare la parola “coca”. Gli italiani sono vaccinati, ma questo lo sopporterebbero male. Vera Martini, una professoressa romana che vota Berlusconi, lo spiega così: “La morale vaticana sopporta maschilismo, corna e minorenni, può invidiare le feste con 25 veline, ammettere la corruzione e perfino i falsi in bilancio. Tuttavia gli italiani mai tollererebbero che il nome di un primo ministro venga associato a quello delle droghe”.

Il problema è che quella parola sta venendo fuori. E con profusione. Giampaolo Tarantini, l’imprenditore di 34 anni che portò la D'Addario e la Montereale alle case di Berlusconi, si muove in circoli VIP dove svolazza la polvere bianca. L’inchiesta giudiziaria di Bari, nata come un caso in più di corruzione nella sanità pubblica, viene seguita dal capo dell’Antimafia. I fratelli Tarantini vendevano protesi attraverso l’impresa, fallita, Tecno Hospital; in ragione dei suoi contatti col Potere arrivò a fatturare sei milioni all’anno. Il PM Giuseppe Scelsi indaga per possesso di stupefacenti contro Alessandro Mannarini. Il tipo ha dichiarato che è stato alla Certosa con Tarantini. Il suo avvocato lo nega con queste parole: “Tutto è spazzatura”.

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