Per molti italiani è tempo di dichiarazione dei redditi. Dunque è anche
tempo di otto per mille, questo balzello clericale che arricchisce la
Chiesa gerarchica come Mammona e viola sfacciatamente il principio di
laicità dello Stato.
All’origine della democrazia liberale,
infatti, sono i Padri fondatori degli Stati Uniti d’America, che
stabilirono in modo rigoroso il principio secondo cui ogni confessione
religiosa si mantiene materialmente con le donazioni dei fedeli, “senza
oneri per lo Stato” (per dirla con la nostra Costituzione, platealmente
disattesa, riferita alle scuole private). Punto. Tanto è vero che
Madison, quarto presidente, si avvalse addirittura del veto
presidenziale per bloccare un provvedimento del Congresso non
sufficientemente rispettoso del principio.
L’otto per mille è
invece una violazione doppia del principio di laicità, l’Italia in
questo vuole essere all’avanguardia. Non solo perché lo Stato si fa
esattore per la Cei – Conferenza Episcopale Italiana – di oboli che i
fedeli dovrebbero versare direttamente, secondo generosità volontaria
(che comprende anche a quale istituzione particolare dentro la Chiesa
destinare il proprio contributo), ma perché il cittadino che non firma
per nessuna confessione religiosa e neppure per lo Stato (almeno la
metà dei contribuenti), versa egualmente l’obolo che palesemente non
intende dare: d’ufficio e obtorto collo, a tutte le confessioni
religiose e allo Stato (cioè al governo) in proporzione alle scelte
fatte dagli altri contribuenti. Ma non finisce qui.
Lo Stato,
cioè il governo, della quota racimolata fa spesso un uso che più
improprio non si può, cioè la storna di nuova alla Chiesa gerarchica
come sostegno e contributo alle iniziative più diverse. Insomma: l’otto
per mille andrebbe abrogato, questa è l’unico obiettivo coerente da un
punto di vista democratico. Del resto andrebbe abrogato il Concordato
in quanto tale, sempre secondo quella coerenza che nel
centocinquantesimo anniversario della nascita della strombazzata – solo
nella retorica – “Patria”, sarebbe un piccolo omaggio concreto alla
memoria dei patrioti che l’Italia hanno fatto, cominciando da
Garibaldi, Mazzini e Cavour, il più “moderato”, ma comunque
intransigente nell’opporre a ogni cedimento concordatario il
“sacrilego” (Pio IX dixit) “libera Chiesa in libero Stato”.
Oggi
non c’è nessuna forza politica disposta a prendere neppure lontanamente
in considerazione l’abrogazione dell’otto per mille (non parliamo del
Concordato). E poiché il tema – almeno a sé stante – non sembra tale da
mobilitare le masse in piazza, per il cittadino laico sembra non resti
nulla da fare se non rodersi il fegato in isolata e impotente
indignazione. E invece no, qualcosa si può fare, e anche di notevole e
materialissima efficacia, contro questa prepotenza clericale.
Abbiamo
visto che firmare per lo Stato anziché per la Cei è come dalla padella
nella brace, visto che comunque significherebbe dare altri soldi a
partiti lottizzatori e alle loro cricche di affaristi al seguito. Altra
cosa sarebbe se l’alternativa a una confessione religiosa fosse un
elenco di associazioni tipo la ricerca sul cancro, ma questa
concorrenza leale la Chiesa gerarchica e i politici del bacio della
pantofola non la consentiranno mai.
C’è però già la
possibilità, per quanto possa suonare paradossale, di combattere il
clericalismo con la religione. Esiste infatti una confessione religiosa
che si impegna solennemente – e fornisce tutti gli strumenti di
controllo – a utilizzare la sua quota di otto per mille esclusivamente
per opere di beneficenza o promozione culturale, puntualmente elencate,
e di non spendere neppure un euro per i propri pastori d’anime o per le
strutture materiali delle proprie chiese.
Non a caso ho detto
“pastori”, perché si tratta della Chiesa valdese, ora ufficialmente
denominata “Chiesa Evangelica Valdese - Unione delle Chiese Valdesi e
Metodiste”, dalle nobilissime origini eretiche e conseguenti
persecuzioni di secoli, caratterizzata da un atteggiamento di rispetto
della laicità che manca purtroppo a tanti scettici, miscredenti e atei
(più o meno devoti). Versare l’otto per mille a questa confessione è
oggi la scelta più radicalmente laica che si possa fare, e infatti a
praticarla non sono solo tanti agnostici e atei (non devoti) ma perfino
dei cattolici che sentono l’obbedienza a quanto dice il Vangelo più
importante dell’obbedienza alla Cei dei Ruini e dei Bagnasco o al
Vaticano del Papa e dello Ior.
Sarebbe perciò un bel segnale di
civiltà se sul Web si scatenasse una campagna “dal basso” per invitare
tutti i democratici a firmare l’otto per mille ai valdesi, se avvenisse
quel contagio digitale virtuoso che amplifichi e moltiplichi un
fenomeno molecolarmente già in atto da alcuni anni. E che ovviamente
mass media proni nel bacio della pantofola si sono ben guardati dal
raccontare.
Così come sarebbe necessario che finalmente il
Parlamento (e forse anche la magistratura) si occupassero di un
problema grande come una casa, o meglio gigantesco come l’intero
patrimonio immobiliare della Chiesa gerarchica: il controllo sul “voto”
che riguarda l’otto per mille, cioè sulle firme con cui ciascuno
sceglie nella dichiarazione dei diritti a chi destinarlo.
Un
“voto” non molto meno importante di quello che si esprime nelle urne, e
di cui i funzionari del fisco sono certamente contabili scrupolosi.
Come gli scrutatori ai seggi, cui però i partiti hanno il diritto di
affiancare i “rappresentanti di lista”. Se lo stesso potessero fare i
rappresentanti delle diverse confessioni, anche gli inguaribili
sospettosi sarebbero più tranquilli.
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