Rompere il "tetto di cristallo", come sostiene il movimento femminile e
femminista, per guardare il cielo senza filtri opprimenti: il cammino
delle donne è un percorso che parte dagli anni '70 e che dura tutt’ora.
Scandito da molte vittorie che hanno permesso il progresso non solo
delle donne ma dell’intero Paese: dalla liberazione sessuale al diritto
ad una maternità consapevole, dal divorzio fino alla battaglia per
l’accesso paritario all’istruzione e al lavoro.
Le conquiste sono state faticose, nella dimensione pubblica come in
quella privata. Il percorso è stato lastricato di ostacoli: una Chiesa
resistente e un potere fortemente patriarcale hanno spesso creato un
muro di gomma, con il mondo maschile che, altrettanto spesso, si è
dimostrato silenzioso spettatore, incapace in alcuni frangenti di
capire veramente la portata del cambiamento.
Eppure questo cammino, che ancora cerca di arrivare a distruggere
completamente il “tetto di cristallo”, è oggi minacciato da una
rivoluzione culturale regressiva: quella dell’ “utilizzatore finale”,
delle veline in Parlamento, dei soli corpi in tv, del “papi”
pubblico-istituzionale e dei tanti “papi” privati che il primo
giustifica e alimenta come modello.
Se la politica si è macchiata trasversalmente dell’incapacità di
rispondere alle domande che provenivano e provengono dal mondo
femminile, con l’epoca Berlusconi l’incapacità è diventata imponente e
spudorata. Oggi per le donne trovare risposta alle proprie
rivendicazioni è ancora più difficile nella (in)cultura berlusconiana.
Ridotte a solo corpo, possibilmente bello e appariscente; convinte che
esso sia la garanzia di successo (anche politico) e per questo indotte
a venderlo; di fatto considerate merce tra le merci nell’epoca in cui
tutto si vende perché tutto si può comprare.
Mai come in questi mesi la cronaca del potere ha confermato che è forse
nella “nuova” concezione della donna che meglio si ravvisano i segni
della distorsione prodotta dal berlusconismo. Si oscilla tra “l’angelo
del focolare” e “l’oggetto impudico”. Il primo ispira leggi e scelte
sempre più restrittive da parte del governo (fecondazione assistita,
assalto alla 194, incapacità di lottare contro la discriminazione
salariale, assenza di welfare), il secondo, imposto per mezzo delle tv,
alimenta invece il mercato e possibilmente allieta anche i circoli del
potere (maschile). In entrambi i casi, comunque, oggetto passivo del
volere dell’uomo: da santificare o da usare, ma sempre da gestire,
perché mai considerato nella sua capacità di scegliere liberamente.
Così nella cultura e nell’epoca di “papi”, le ragazze possono e devono
anche studiare o impegnarsi, consapevoli però che il successo, in ogni
ambito, passa per l’auto-promozione e l’auto-svendita del proprio corpo
come strada più rapida per l’ascesa.
Per le donne la sfida è allora doppia. Contrastare la tradizionale
discriminazione e continuare ad estendere la frontiera della loro
libertà, ma anche respingere un modello, quello di “papi”, che rischia
di diventare un ostacolo al loro cammino. Sono convinto che la sfida
non potranno che vincerla loro.
Per le donne la sfida è doppia. Contrastare la tradizionale discriminazione e continuare ad estendere la frontiera della loro libertà, ma anche respingere un modello, quello di “papi”