Luoghi comuni

di Francesco Baicchi - 21/11/2012
Sempre più spesso nel linguaggio dei media, e in particolare in quello televisivo, che tanto influisce sulla formazione della opinione pubblica, si danno per scontati luoghi comuni che finiscono col banalizzare pericolose deformazioni del nostro sistema istituzionale, alle quali si dovrebbe invece reagire con fermezza.

La partecipazione di Flavio Briatore alla puntata del 15 novembre della trasmissione 'Servizio Pubblico', ad esempio, è una vera e propria miniera di stupidaggini e volgarità, ma c'è una affermazione che in particolare merita di essere commentata, perché costituisce una opinione sempre più diffusa e politicamente rilevante.

A Santoro il disinvolto imprenditore di Cuneo chiede retoricamente se per gestire il nostro Paese sono necessarie 1200 persone, o non sarebbero sufficienti 200 dirigenti, unendosi al coro di quanti, trasversalmente, vedono nella riduzione del numero dei parlamentari il principale strumento per l'abbattimento dei 'costi della politica'.

Ma il compito del Parlamento (si presume che, pur sbagliando il numero, a quello si riferisse) non è, appunto, quello di 'gestire' lo Stato come fosse una azienda, che opera in un quadro di regole giuridiche date e deve solo tenere in ordine i conti. La sua funzione è definire obiettivi comuni per la crescita della nostra società, per quanto possibile condivisi, e creare le regole che devono consentire di realizzarli.

La politica non può essere ridotta a un ruolo esclusivamente 'amministrativo'.

Proprio l'esperienza del governo Monti ci ha dimostrato come certe scelte sono solo apparentemente tecniche: reperire fondi (indispensabili peraltro) tagliando i servizi pubblici non è la stessa cosa che riportare il sistema fiscale alla progressività prevista dalla Costituzione, facendo pagare più imposte a chi è più ricco. Continuare a finanziare in modo privilegiato le scuole cattoliche sottraendo fondi essenziali per il funzionamento della scuola pubblica o fare il contrario può tecnicamente essere equivalente (il saldo rimane immutato), ma costituisce una scelta politica compito di chi è stato eletto democraticamente sulla base di un programma di governo.

Un'altra idea sempre più spesso ribadita fa del Presidente del Consiglio il motore unico delle scelte politiche, con la conseguente richiesta di una sua legittimazione elettorale. Ancora una volta viene così travisato il ruolo del Parlamento, che dovrebbe proprio essere la sede delle decisioni politiche che il Governo è incaricato (con la 'fiducia') di attuare.

Considerare invece il Governo la normale fonte delle proposte legislative, che il Parlamento è chiamato solo a confermare, stravolge l'assetto costituzionale, introducendo una visione leaderistica e conflittuale del confronto politico, nella quale chi vince governa senza tenere in alcun conto il confronto con la minoranza/opposizione.

Nella logica costituzionale il Presidente della Repubblica può incaricare chi vuole di formare il Governo, che deve però ricevere e mantenere la fiducia del Parlamento, unica sede rappresentativa della volontà complessiva dei cittadini.

I partiti politici sembrano invece aver tacitamente accettato quello stravolgimento della Costituzione che i cittadini italiani respinsero a larga maggioranza nel 2006: l'elezione diretta di un leader che è contemporaneamente capo del Governo e di una maggioranza che gli viene artificiosamente attribuita grazie a una legge elettorale che fa impallidire quella 'legge truffa' contro la quale la sinistra si batté nel 1953.

Questa cancellazione della distinzione fra i poteri legislativo ed esecutivo è uno dei frutti avvelenati lasciatici in eredità dal berlusconismo, accettato senza alcuna resistenza dal maggior partito che avrebbe dovuto opporglisi.

Rinunciare a disegnare la società del futuro, riducendo la funzione delle istituzioni democratiche alla pura gestione dell'esistente e delle conseguenze di un modello di sviluppo e di finanza sempre più ingiusto e autoritario, è probabilmente uno dei motivi che spinge un numero sempre maggiore di elettori verso l'indifferenza e l'astensione o li rende facile preda della demagogia e del qualunquismo (che sono sempre di destra).

Per invertire questo progressivo allontanamento dalla democrazia abbiamo bisogno di un soggetto politico nuovo, che si impegni credibilmente a operare coerentemente per ridurre la concentrazione della ricchezza e i privilegi, per far funzionare i servizi che lo Stato deve garantire a tutti: dalla Magistratura alla scuola, dalla sanità alla sicurezza, per consentire con sempre maggiore efficacia ai cittadini di partecipare alle scelte, per costruire un futuro di solidarietà e pace.

E' un programma semplice e già scritto nella nostra Costituzione repubblicana e antifascista.

29 aprile 2013

Costruiamo l'alternativa al governo Berlusconi

Giorgio Cremaschi-www.micromega.net
13 marzo 2014

Quello che non c'è

Francesco Baicchi
30 aprile 2013

La coerenza

Francesco Baicchi