MA COS'E' L'ALTERNATIVA ALL'INCENERITORE? RICICLO TOTALE!

di Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR - 04/01/2011
Ci sentiamo domandare spesso in che cosa si concretizzi l'alternativa all'inceneritore (detto anche termovalorizzatore) che andiamo proponendo

I dubbi sui danni provocati dall'impianto di incenerimento sono chiariti, è scontato che faccia male, ora si va oltre e si guarda al dopo, al come si fa senza bruciare.

L'alternativa “sono” le mani dei cittadini, come va ripetendo Paul Connett, che a maggio dello scorso anno ha presentato all'Onu anche la situazione di Parma, che rischia i suoi prodotti alimentari di pregio per far guadagnare un'impresa privata.

L'alternativa sono le mani di coloro che selezionano e separano i materiali nel modo corretto in casa, sul lavoro, prima che i materiali diventino rifiuti.

La gestione dei rifiuti deve rispettare la normativa europea, che propone la scaletta delle “4R”: riduzione, riuso, riciclo, recupero.

Le quattro erre sono in ordine di importanza e vanno applicate in questa sequenza, lasciando in coda, all'ultimo posto, il recupero, che non significa inceneritore.

La Società Iren inverte l'ordine di importanza, visto che ha posto il recupero (pseudo energetico, tramite incenerimento) al primo posto, capovolgendo l'ordine della normativa e applicando una gestione rivolta allo smaltimento e non al riciclo, proponendo un recupero che di fatto è solo bruciare materia per incassare quattrini.

Una casa non la si costruisce dal tetto.

Il recupero è solo l'ultimo anello della catena dei rifiuti, e ne riveste un'importanza limitata, perché, applicando le misure corrette, il residuo da trattare è limitato.

L'Europa insomma dice agli Stati membri che al primo posto, sopra a tutto, c'è la riduzione dei rifiuti.

Cosa significa?

Come per l'energia, di cui si afferma che il miglior risparmio sia di consumarne meno, anche per i rifiuti il primo approccio deve essere quello di applicarsi seriamente per produrne di meno.

Come si fa?

Ci sono tante buone pratiche che ci possono condurre alla riduzione dei rifiuti.

Ad esempio eliminando dalle mense pubbliche le bottiglie di plastica, e utilizzando l'acqua dell'acquedotto. E' automatico che si riduca drasticamente il numero di bottiglie, da produrre e poi da smaltire.

Questa buona pratica la si può incentivare anche nelle famiglie, proponendo filtri che tolgano il cattivo sapore di cloro e sostenendo economicamente la scelta.

Le fontane pubbliche con acqua filtrata rispondono allo stesso obiettivo, quello di ridurre il consumo di acqua minerale imbottigliata, che comporta anche un consumo di petrolio per i trasporti conseguenti, con bilici di bottigliette che da nord vanno a sud, e da sud vanno a nord, in un insensata trama di migliaia di inutili chilometri.

Fontane da installare ai quattro punti cardinali della città, per evitare che la ricerca di inquinare meno si traduca in un inquinare di più, con auto a zonzo.

Ancora nelle mense si possono eliminare le stoviglie monouso per riportare l'utilizzo della ceramica e dei bicchieri in vetro. Questa manovra di contrasto all'usa e getta potrebbe svilupparsi tra i cittadini, attraverso apposite convenzioni e/o tassando pesantemente uno spreco così assurdo.

Il comune di Salerno ha avviato la raccolta separata dei pannolini, offrendo alle famiglie un contenitore dedicato. I pannolini nel nostro territorio ammontano a 9000 tonnellate all'anno, che opportunamente intercettate, eviterebbero di sporcare il rifiuto indifferenziato.

Comuni come Colorno hanno adottato un progetto di incentivazione per i pannolini lavabili, che consente anche un forte risparmio economico per le famiglie. Colorno è capofila dell'Associazione dei Comuni Virtuosi, esempi di come si possa in Italia essere concretamente a favore dell'ambiente.

E' in corso la sperimentazione, finanziata da una importante azienda produttrice, di un sistema che tratti i pannolini separando la parte cellulosica da quella plastica e da quella organica: questa macchina, completamente automatica, consentirà di riciclare i pannolini, e sarà utile specialmente in ospedali e comunità.

Non molti anni fa era ancora una pratica comune l'utilizzo del vetro a rendere.

In Germania questa pratica consente il recupero del 100% delle bottiglie di birra. Il sistema è quello ben noto, anche da noi, della cauzione, tramite la quale si è sollecitati a riportare al negozio le bottiglie vuote per recuperare il sovrapprezzo.

Ma noi siamo ancora molto indietro e per giungere davvero alla riduzione ci sono tanti passi da fare.

Oggi infatti apparentemente, ma solo apparentemente, i parmensi sono spreconi e inquinatori, perché producono troppi rifiuti: 600 kg circa all'anno per persona.

E' un dato falsato, perché non si considera che i cassonetti stradali, dove ancora ci sono, e purtroppo da molte parti è così, sono pieni di rifiuti di origine commerciale e industriale (rifiuti denominati “speciali”), che invece non andrebbero confusi con quelli urbani, prodotti dalle famiglie.

In più i cassonetti stradali sono tombe per materiali riciclabili. Una volta entrati lì, ne escono solo come materia da bruciare. Chiunque può aprirne uno e osservare quanta carta, plastica, cartone e organico contengano.

E' la netta maggioranza del materiale contenuto.

E' un enorme spreco di risorse.

Mischiando l'urbano con lo speciale di origine commerciale, i cittadini si fanno carico di rifiuti che non sono di loro produzione ma di competenza delle attività, facendo salire l'asticella della produzione pro capite.

Facile poi affermare: “Produciamo troppi rifiuti!” - e - “Non possiamo che costruire un inceneritore!”.

Ma sono dati non corretti, falsati!

Nei territori dove i cassonetti stradali sono stati eliminati e la raccolta è diventata al 100% porta a porta, la riduzione dei rifiuti è stata drastica, e a volte addirittura si è dimezzata.

E' ipotizzabile infatti che una produzione corretta di rifiuti sia di circa 250 Kg all'anno per persona.

E' ipotizzabile, visto che ad esempio in Veneto è così, che la produzione pro capite di rifiuti residuo possa collocarsi tranquillamente sia al di sotto dei 100 kg all'anno.

Si capisce che il “primum movens” sia quindi l'eliminazione dei cassonetti stradali, per consentire davvero di capire quanto producano i cittadini, per favorire un conteggio preciso e puntuale e non raffazzonato come oggi.

Senza cassonetti si applica una raccolta spinta porta a porta, che si traduce in una corretta separazione a monte dei rifiuti.

E' la separazione la chiave di volta del sistema.

Una corretta raccolta comincia nelle case dei cittadini ed in particolare in cucina.

E' qui che si può separare la frazione organica, che rappresenta il 30% dei nostri rifiuti, facendola diventare un'importante risorsa per il nostro territorio, il compost, concime naturale e ricco di sostanza viva e fertile. Il nostro organico, una volta trasformato in compost di qualità (non però con i sacchetti di plastica che ci da Iren, che rovinano proprio la qualità del raccolto) possiamo utilizzare questo bene prezioso per arricchire i terreni e ridonare humus ed energia pulita alle nostre coltivazioni.

Ma cosa sono in fondo i rifiuti?

Fino a un attimo prima di essere scartati erano materia.

Il valore intrinseco di un oggetto non cambia solo perché abbiamo deciso che non ci serve più.

Ecco che allora l'energia che è servita per produrlo va assolutamente preservata.

Se l'oggetto lo bruciamo, l'energia si perde.

Se lo ricicliamo, si mantiene.

Se vogliamo scegliere la strada indicata dall'Europa non possiamo disperdere la loro energia e dobbiamo fare tutto il possibile per riutilizzarla.

Il 15% dei nostri rifiuti è costituito da frazioni plastiche, che possono essere recuperate per nuovi utilizzi, al 100%.

Invece Iren oggi una parte la brucia. Come mai?

E' sufficiente introdurre una semplice macchina, l'estrusore, per trasformare i residui plastici in sabbia sintetica, da utilizzare in successive produzioni di manufatti, facendo a meno di portare a combustione un materiale che è responsabile dell'emissione di diossine.

La carta invece rappresenta il 25% dei rifiuti e Parma è già in grado di far fronte a queste necessità di trattamento, con impianti sofisticati che già sono attivi sul nostro territorio.

Il legno, 3% dei rifiuti, va trattato per essere utilizzato di nuovo come legno, e non certo per alimentare la caldaia del forno.

I tessili, che anch'essi rappresentano un 3% dei nostri rifiuti, sono riutilizzabili.

Come anche il vetro, 10% dei rifiuti, che si può riutilizzare migliaia di volte, ed è praticamente eterno.

I metalli, 4% dei rifiuti, sono facilmente recuperabili e riutilizzabili.

Da tutto questo conteggio rimane un 10% di materiali diversi, composti delle stesse frazioni recuperabili di cui sopra. Questa ultima frazione può essere ridotta ulteriormente, migliorando la raccolta differenziata, testando la possibilità di utilizzo in un impianto di estrusione per miscelarla con le frazioni plastiche e se l'umidità di questa frazione è bassa il gioco è fatto.

Si capisce, al termine di queste considerazioni, che non abbiamo un magico macchinario che da solo risolve tutto. La gestione dei rifiuti è un mix di pratiche corrette da parte dei cittadini, e cura del trattamento da parte di chi si occupa della raccolta.

Ovvio che anche la produzione deve fare la sua parte, riducendo l'entità degli imballaggi e producendo solo materiali riciclabili: c'è bisogno dell'intervento del legislatore, che spinga le aziende verso questa direzione ormai obbligatoria, c'è bisogno dell'università, che studi le strade corrette e più semplici per raggiungere il traguardo della produzione 100% riciclabile.

I rifiuti, a ben vedere, sono in realtà miniere di materia e si possono trasformare da problema a risorsa.

Ed anche il rifiuto che residua da questa impostazione corretta di gestione risulta essere una quantità comunque inferiore ai residui che ogni anno produce un impianto di incenerimento come quello in costruzione ad Ugozzolo.

Per entrare un attimo nel novero dei numeri, a fronte di un residuo di materiali inerti di 26 mila tonnellate adoperando il sistema alternativo, l'impianto di Ugozzolo emetterà invece 39 mila tonnellate di ceneri pesanti, ricche di diossine e metalli pesanti, che andranno stoccate in discariche speciali. Un rifiuto pericoloso e difficile da gestire.

Per non parlare degli inquinanti emessi in atmosfera.

Trasformare la materia in rifiuto gassoso, inquinando l'aria, è solo spostare la discarica dalla terra al cielo.

La gestione stessa di questo importante comparto, direttamente legato alla qualità ambientale, non dovrebbe essere affidata a imprese lontane dal territorio, ma potrebbe entrare a far parte di una azione di sistema che coinvolga anche gli stessi utenti-cittadini e le aziende del territorio.

Un sistema che porta alla salvaguardia di un territorio ed al suo miglioramento, invi incluso un ritorno economico per le famiglie utenti ma anche socie in queste macro aree gestite in modo autonomo e coordinato tra di esse.

Un sistema che spinga le aziende a compartecipare al trattamento dei nostri scarti, perchè solo in questo modo tutti si possono impegnare alla loro migliore gestione.

Una provincia come la nostra potrebbe organizzarsi in 4 aree omogenee, 2 in pianura, 2 in collina, nelle quali sistematizzare la gestione ambientale con trasparenza e a vantaggio di tutti.

E' il sistema della Dac, la Denominazione di Ambiente Certificato, una sigla che vent'anni fa era venuta a galla nel corso di un convegno ispirato dal chimico Lino Barbieri, allora forse troppo avanti nella prospettiva, ma che oggi torna di assoluta attualità ed interesse.

In natura, il rifiuto non esiste.

Dobbiamo solo copiare questo modello.

Senza nulla aggiungere.

www.gestionecorrettarifiuti.it

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