Monicelli contro l'ipocrisia, fino all'ultimo

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 02/12/2010
“Non mollate, tenete duro, perché deve essere spazzata via tutta la classe dirigente, non basta quella politica anche se è la peggiore.. gente corrotta, che fa avanzare i parenti, le mogli, gli amici… Al loro posto devono andare giovani e vecchi, tutti quelli che hanno qualcosa da dire”. Mario Monicelli

Come era fin troppo facile prevedere, anche la scomparsa di scena di Mario Monicelli secondo il suo personale copione, è finita nelle aule di questo Parlamento che si sta avviando penosamente alla sua possibile o probabile fine corsa.

La scelta drammatica, dettata da una malattia che non consente più un’esistenza degna di essere vissuta, ed insindacabile di un grande regista e libero cittadino è diventata incredibilmente e contro un comune senso di civiltà, motivo di scontro e di strumentalizzazione, argomento propagandistico contro “la cultura della morte” che, come ha detto la Binetti, è stata celebrata recentemente in TV.

La ex parlamentare del PD, felicemente approdata all’UDC, prendendo ovviamente spunto dalla ignobile polemica scatenata contro Vieni via con me dai movimenti “pro life” per mancata par condicio dopo gli interventi di Englaro e della Welby, quasi si trattasse di una tornata elettorale, ha tuonato che il suicidio è la scelta di un uomo solo e disperato.

Può anche darsi, intendendosi sul significato autentico delle parole; ma che cosa vuol dire fuor di ipocrisia?

Che le migliaia e migliaia di malati terminali che scelgono o subiscono semplicemente terapie invasive e massacranti in vista di una fine certa e con tempi dilatati, quelli sono speranzosi e in buona compagnia?

Mario Monicelli in infinite occasioni, interviste, conversazioni, interventi pubblici ha detto e ripetuto che la solitudine era per lui un valore; che il segreto della sua longevità stava nel prendere le cose con la dovuta leggerezza e nel salvaguardare i suoi spazi; che era affezionato alla sua famiglia e ai suoi figli ma che stava alla giusta distanza; che la vita da single in tarda età se l’era scelta e che quando voleva conversare gli bastava scendere le scale e fare due chiacchiere con amici e conoscenti nel suo amato rione Monti con vista sul Colosseo.

Con altrettanta chiarezza aveva risposto di recente, ospite di Rai per una notte, alla domanda cosa sperasse per il futuro dell’Italia che “non bisogna abbandonarsi alla speranza”, parola usata per dire “state boni, state boni” da chi rimane sempre ad occupare il potere, ad intrallazzare, a fare il proprio interesse. E aveva chiarito che “la speranza è una trappola” e che l’unica prospettiva di reale cambiamento andava cercata “in una rivoluzione che non c’è mai stata, per riscattare questo popolo abituato ad essere comandato”, aggiungendo “il riscatto non è indolore, richiede sacrifici”.

Nell’ipocrisia dominante, nella cappa di conformismo in cui gli apparenti opposti della salvezza post mortem promessa dalla chiesa e delle magnifiche sorti e progressive della quasi immortalità garantite dalla tecnologia, non c’è spazio e rispetto per chi pretende di scegliere e non accetta logiche consolatorie e rassicuranti in nome della onnipotenza della fede o della scienza. D’altronde in questo paese gli artisti di ogni genere e gli uomini di cultura che hanno fatto della coerenza, del rigore intellettuale e del pensiero critico contro ogni opinione dominante e conformismo omologante la loro unica e fondamentale autorevolezza, non hanno mai avuto al di là delle convenienze del momento e delle strumentalizzazioni postume, autentica stima e riconoscimento.

Basta pensare a Pier Paolo Pasolini che non a caso considerava la speranza in senso consolatorio reazionaria e funzionale alla violenza del potere.

E forse non è nemmeno un caso che nel coro dei ricordi degli ultimi anni e mesi di questo grandissimo regista che se non è stato un genio all’altezza di Fellini o Rossellini ha saputo come nessun altro interpretare e sferzare l’italianità, in una accezione non ancora totalmente negativa, il suo profondo impegno civile rimanga sempre relegato in secondo piano.

Vorrei ricordare solo le parole inequivocabili e molto concrete che ci ha regalato dal palco di piazza del Popolo lo scorso febbraio alla manifestazione viola La Legge è uguale per tutti , rivolto in primo luogo ai moltissimi giovani. “Non mollate, tenete duro, perché deve essere spazzata via tutta la classe dirigente, non basta quella politica anche se è la peggiore.. gente corrotta, che fa avanzare i parenti, le mogli, gli amici… Al loro posto devono andare giovani e vecchi, tutti quelli che hanno qualcosa da dire”. Sembrano anche le parole migliori per commentare le giornate che stiamo vivendo.

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