Nomine e impunità, lo scandalo infinito

di Daniela Gaudenzi - Il Fatto Quotidiano - 08/06/2012
Non solo il tempo passa invano, ma le peggiori pratiche si riproducono in modo sempre più brutale e sprezzante contro la trasparenza e il merito. Con tanto di esasperazione esibita del conflitto di interessi ed, incredibilmente, con il trionfo della spartizione partitocratica mentre i partiti sono sempre più in agonia.
Non solo il tempo passa invano, ma le peggiori pratiche si riproducono in  modo sempre più brutale e sprezzante contro la trasparenza e il merito. Con tanto di esasperazione esibita del conflitto di interessi ed, incredibilmente, con  il trionfo della spartizione partitocratica mentre i partiti sono sempre più in agonia.

La nomina dei consiglieri di due authority fondamentali come l’Agcom e la Privacy è riuscita a riconsegnare il patentino di controllore e garante dei principi dell’art. 21 della Costituzione, ad un personaggio come Antonio Martusciello a riconferma della assoluta ed inamovibile continuità del conflitto di interessi nell’era del governo “tecnico”. Un uomo nato Publitalia e poi transitato alla Sipra dovrà continuare ad occuparsi di libertà di espressione, pluralismo, mercato, concorrenza,  monopoli tv, raccolta pubblicitaria.

Quando era stato scelto nel settembre 2010, molto opportunamente  Giorgio Meletti su Il Fatto Quotidiano, aveva parlato di scandalo per la nomina di un consigliere individuato e scelto in forza e grazie al suo conflitto di interessi, per essere stato dirigente di Fininvest-Publitalia, oltre che molto altro. ‘Scandalo’ pacificamente ratificato da Giorgio Napolitano, che non aveva posto tempo in mezzo a firmare il relativo DPR di nomina, e che non aveva suscitato nessuna particolare reazione da parte dell’ allora opposizione.

Tanto c’era sempre la provvidenziale legge Maccanico peraltro dichiarata incostituzionale nel 2002 nella parte in cui ha consentito a Mediaset il mantenimento di 3 concessioni TV sull’ analogico)  che in perfetta consonanza con l’inciucio bicamerale aveva cancellato il requisito della “notoria indipendenza”, a cui persino il governo del Caf si era richiamato nel ’90.

E comunque tra i nominati non emerge, per quanto poliedrico, solo Martusciello, già sottosegretario all’ambiente, nonché sfidante della Iervolino a Napoli nel 2001, uno che poteva vantare Alfonso Papa nel suo comitato elettorale ed sindaco di Pagani, poi consigliere regionale, arrestato e condannato per peculato nella sua corrente di FI.  Per limitarsi ai casi più pittoreschi c’è da segnalare la scelta della signora Augusta Iannini in Vespa quale garante alla privacy, un magistrato fuori ruolo, ex gip al tribunale di Roma insediato in pianta stabile al ministero della Giustizia ma con ripetute trasferte a palazzo Grazioli, fidata consulente dell’ ex guardasigilli Angelino che si è prodigata con tenacia nella strenua difesa della “riservatezza” delle “cene eleganti” di Arcore. Tanto da partecipare agli incontri  al vertice con lo staff difensivo capitanato da Ghedini nella residenza romana del signore del Burlesque per cercare di scippare con ogni mezzo ai suoi giudici naturali il processo Ruby.

Ma in fondo i criteri e le  modalità delle nomine non sono che una conferma dello ’spirito dei tempi’ che domina le nostre istituzioni.

Nello stesso giorno il Senato ha respinto con una maggioranza schiacciante, grazie al generoso apporto dei franchi tiratori, la richiesta di arresti domiciliari per Sergio De Gregorio che ha truffato lo Stato per 23 milioni di euro dirottandoli anche a favore di Lavitola, mentre il consiglio regionale lombardo con i voti leghisti ha graziato ancora una volta Formigoni.

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