NON BASTA

di Francesco Baicchi - 06/11/2012
Nei commenti politologici di questi giorni ricorre talvolta il parallelo fra la situazione attuale e quanto avvenne all'inizio degli anni '90, quando la tempesta di 'mani pulite' spazzò via i principali partiti che avevano rappresentato gli italiani dal dopoguerra

Allora la causa scatenante fu la scoperta della corruzione sistematica che serviva a finanziare sia le casse di alcuni partiti che le tasche dei loro dirigenti.

Oggi a questa motivazione purtroppo ancora valida si aggiunge la rabbia per politiche, ampiamente condivise, che fanno pagare alle categorie più deboli i costi di una crisi soprattutto finanziaria dovuta alla ingordigia e alla assenza di qualunque remora etica di quell'1% di 'decisori' (in realtà molti meno) che determina il destino di tutti noi.

L'accettazione più o meno esplicita della ineludibilità delle 'regole del mercato' seguita al crollo del modello del 'socialismo reale' ha di fatto trasferito senza alcuna resistenza ai centri del potere finanziario, di dimensioni sovranazionali e proprio per questo privi di regolamentazioni efficaci, funzioni che avrebbero dovuto essere svolte dalle istituzioni democratiche nazionali.

Il nostro 'governo dei tecnici' ne è l'esempio incontestabile.

Intanto l'urgenza da parte delle famiglie di far fronte alle drammatiche conseguenze sociali della crisi ha reso ancora più scandalosi i privilegi e l'immoralità dei 'politici', la cui perdita di credibilità ha finito con l'estendersi all'insieme delle istituzioni democratiche.

La gestione dell'emergenza ancora una volta prevale e cancella i diritti delle persone, frutto delle lotte e dell'evoluzione delle nostre società.

Alla vigilia della consultazione elettorale del 2013, che a questo punto non potrà non costituire un momento di svolta per il nostro Paese, l'incapacità delle forze politiche tradizionali di rispondere a una diffusa richiesta di pulizia e moralità (confermata nei giorni scorsi dalla approvazione di una legge 'anti-corruzione' ampiamente inefficace) appare fra le cause determinanti di un astensionismo che supera ormai la metà dell'elettorato totale e, quel che è peggio, della sfiducia nel meccanismo della rappresentanza parlamentare.

In questo clima di profonda delusione emergono così tentazioni centralistiche e populiste che arrivano all'invocazione di una stagione 'costituente', che rischierebbe di cancellare gran parte degli obiettivi di giustizia sociale contenuti nella nostra Costituzione.

In alcuni si fa anche strada il miraggio della 'democrazia telematica', che, sotto la promessa della consultazione permanente dei cittadini, nasconde la realtà di un feroce centralismo decisionale, mentre rischia di divenire vincente la figura del candidato cui si chiede solo di essere incensurato, di 'non rubare', indifferenti al programma che propone di realizzare.

Ma la politica non è soltanto amministrazione oculata, gestione dell'esistente: è, anche e forse soprattutto, costruzione del nostro futuro.

I singoli atti amministrativi finiscono inevitabilmente per contribuire alla definizione della società di domani, dal punto di vista della solidarietà, della giustizia, della equità, del rispetto delle persone e del loro potere di autodeterminazione.

Specialmente in un periodo storico come l'attuale, in cui emergono con assoluta priorità i temi di un diverso modello di consumi e di sviluppo compatibile con le residue risorse del pianeta, di strumenti di governo che superino la dimensione nazionale per affrontare i grandi problemi della fame, della guerra e delle migrazioni di massa, e di una riflessione, appunto, sui meccanismi della democrazia rappresentativa, che peraltro costituiscono ancora un miraggio per la maggioranza dei popoli.

Di fronte al tentativo di ridurci al ruolo di passivi consumatori di beni materiali, impegnati in una lotta permanente per il mantenimento di una qualità della vita condizionata dal dilagare del precariato e dell'individualismo, rischiamo di imboccare una spirale di rinuncia alle conquiste di civiltà su cui si sono ricostruite nel dopoguerra le società europee, per una delega in bianco a poteri lontani e incontrollabili.

In questa fase è indispensabile una credibile proposta politica che non si limiti alla gestione della situazione contingente, alternativa alla semplice subordinazione alle leggi del 'mercato' e che ci consenta di non rinunciare a scegliere la qualità del nostro futuro facendoci guidare da vecchie appartenenze o addirittura, come è accaduto in Sicilia a più di metà degli elettori, rifiutando perfino di esprimere la nostra volontà.

Questa volta scegliere semplicemente il 'male minore' non basta.

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