Palermo, tra primarie opache e scenari imprevedibili

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 24/03/2012
Dopo il caso di Napoli, questo di Palermo ripropone il problema non più rinviabile della regolamentazione delle primarie se le si vuole salvaguardare e pretendere che abbiano “un esito rispettabile e condiviso”

Le prossime amministrative del 6 maggio, dove si vota anche a Palermo, cadono a circa un anno dalle politiche del 2013 quando finalmente gli italiani “sceglieranno” i loro rappresentanti, anche se in condizioni che si annunciano pessime sia sotto il profilo della legge elettorale, presumibilmente ancora il Porcellum, sia sotto il profilo delle “opzioni”.

Non c’è “solo” il disgusto diffuso e montante per una classe politica che ha toccato, per esempio, in una delle regioni più avanzate del paese come la Lombardia una percentuale di dieci consiglieri inquisiti su ottanta. Ma c’è anche, e in particolare per gli elettori della sinistra o del cosiddetto centro sinistra, lo sgomento davanti all’inarrestabile trasformazione dei partiti in comitati affaristici e alla concomitante, esasperata personalizzazione della politica, con relativi regolamenti di conti interni che finiscono per travolgere programmi, alleanze, obiettivi.

Il caso di Palermo, pur tenendo conto della obiettiva complessità delle cose siciliane, le modalità e l’esito delle primarie con i prevedibili sviluppi, sono fin troppo emblematici della deriva a cui può arrivare una politica di opportunismi, accordi sottobanco, disprezzo delle regole e allergia alla questione morale, al di là degli slogan e delle ammucchiate di facciata in nome della legalità.

Quello di Palermo sembra un caso di scuola, una summa di tutti gli errori, di tutte le furbizie che non portano da nessuna parte, dei tatticismi esasperati, delle lotte personali all’ultimo sangue per lucrare visibilità, dei deficit di democrazia interna, con l’esito ultimo, da parte dei partiti che avrebbero dovuto rappresentare il centrosinistra, di rimettere in gioco un PDL che dopo la rovinosa gestione di Cammarata era un morto vivente.

Dopo che era stata ufficializzata da PD ed IDV la candidatura di Rita Borsellino che dava le massime garanzie sul piano della legalità e della trasparenza, questioni che a Palermo sono ancora più dirimenti che altrove, una consistente parte della nomenclatura PD locale con il consigliere regionale Antonello Cracolici in testa, preoccupata evidentemente per questo “eccesso di moralizzazione”, ha pensato bene con l’appoggio degli uomini di Lombardo di sostenere l’ex IDV, ed ex molto altro, Fabrizio Ferrandelli.

Poi si sa come sono andate le primarie: per meno di 150 voti ha vinto il vasa-vasa di sinistra in un clima avvelenato e soprattutto contrassegnato da numerose di denunce di brogli che hanno portato ad un’ inchiesta che coinvolge per palesi irregolarità allo Zen, e non solo, una sua rappresentante di lista, già indagata per favoreggiamento, ed il marito.

Ferrandelli ha anche potuto contare sull’appoggio incondizionato di Sonia Alfano che ha salutato la sua vittoria come una vittoria dei cittadini e dei movimenti contro la nomenclatura dell’IDV che l’aveva osteggiato, appoggiando da subito ed incondizionatamente Rita Borsellino.

Evidentemente anche per un’eroina della legalità come Sonia Alfano, le modalità quantomeno non trasparenti delle primarie con le schede distribuite all’esterno dei seggi, i pullman organizzati degli extracomunitari per Ferrandelli ed il fatto che il suo candidato fosse anche quello degli amici di Lombardo erano tutti particolari di poco conto rispetto alla soddisfazione di dare uno schiaffo alla Borsellino e al compagno di partito Leoluca Orlando, suo principale sostenitore.

A distanza di 40 giorni dal voto, quello vero, dopo che il PD ha ritenuto di dover riconoscere la validità dell’affermazione di Ferrandelli che è ora il candidato ufficiale del PD, Leoluca Orlando ha rotto gli indugi e si presenta con l’IDV, una parte delle formazioni di sinistra e, pare, con il sostegno del terzo classificato alle primarie Davide Faraone, come aspirante sindaco di Palermo, a 22 anni di distanza dalla nascita della sua avventura politica contro la nomenclatura democristiana.

E’ una sorpresa molto relativa, al di là del fatto che avesse dichiarato di non volersi ricandidare, se si considera che a pochi minuti dalla vittoria di Ferrandelli aveva detto testualmente “serve un altro candidato”; e, dato che la Borsellino, pur contestando la regolarità del voto, non intende continuare da sola, era quasi scontato che fosse ancora lui, l’uomo della “primavera di Palermo” a riproporsi, nonostante che non sia per niente facile ripetere il passato, anche se a questo punto tutto può succedere. Dopo il caso di Napoli, questo di Palermo ripropone il problema non più rinviabile della regolamentazione delle primarie se le si vuole salvaguardare e pretendere che abbiano “un esito rispettabile e condiviso”, principio a cui si è richiamato Walter Veltroni per delegittimare la autocandidatura di Orlando. Ma più ancora, ha acceso un faro sulle logiche assurde ed inaffidabili che regolano le dinamiche interne ai partiti, in primis il PD, e che rischiano inevitabilmente di rianimare gli zombi del PDL.

 

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