Per nuovi strumenti di democrazia

di Francesco Baicchi - 11/04/2012
Tutti i sondaggi d'opinione relativi alle prossime elezioni amministrative confermano che il partito più forte sarà quello del 'non-voto'

Fra astensione, schede volontariamente annullate e schede bianche circa la metà degli elettori sceglierà di fatto di non essere rappresentata nelle sedi dove si assumono le decisioni politiche e amministrative.

Non credo che questo fenomeno possa essere interpretato (come ha fatto in passato qualche leader di partito) come un segno di 'democrazia matura' e di fiducia acritica nella classe politica. Che più o meno un elettore su due rinunci al potere di autodeterminazione che gli conferisce il primo articolo della nostra Costituzione repubblicana mi appare invece come una gravissima patologia del sistema democratico, che dovrebbe allarmarci e imporre una riflessione più seria.

 

Così come mi sembra riduttivo e non accettabile pensare che si tratti semplicemente di una espressione di qualunquismo dilagante, che pure dovrebbe preoccupare.

Più probabilmente una parte crescente dell'opinione pubblica semplicemente non si sente rappresentata da nessuna delle sigle presenti sulla scena politica attuale. Mentre i meccanismi protezionistici inseriti nei sistemi elettorali rendono difficile se non impossibile la nascita di nuove formazioni.

 

La distanza crescente fra i partiti e gran parte dell'opinione pubblica forse non è però causata solo dagli scandali e dalla bassa qualità etica e intellettuale dei loro gruppi dirigenti; può essere, almeno in parte, motivata dalla sensazione della loro impotenza (oltre che incapacità) a governare i grandi problemi delle nostre società.

In effetti i partiti sono ormai essenzialmente comitati elettorali, interessati esclusivamente ad ottenere il consenso degli elettori e una sorta di delega in bianco per occupare i centri del potere (legislativo, ma non solo); si muovono all'interno di un quadro nazionale, mentre è ormai evidente che i singoli Stati non sono in grado di controllare i grandi fenomeni che condizionano la nostra vita. La speculazione finanziaria, ad esempio, che agisce a livello internazionale con modalità e strumenti assolutamente privi di regolamentazione, ma anche la cosiddetta 'globalizzazione' delle produzioni, che condiziona pesantemente il nostro mercato del lavoro.

All'estremo opposto si collocano i micro-comportamenti individuali, che non possono essere efficacemente imposti sul piano normativo, ma la cui somma finisce per influenzare sensibilmente il futuro del pianeta. Penso, ad esempio, al rispetto per l'ambiente, al risparmio delle risorse ormai scarse (acqua, energia, ecc....): comportamenti che sono determinati più da una convinzione culturale individuale che dal timore di violare una legge.

A fronte dell'emergere prepotente di queste tematiche leggiamo sulla stampa che si punta invece a concentrare ulteriormente i poteri decisionali nell'Esecutivo, a ridurre gli spazi delle Istituzioni di controllo, a esasperare un bipartitismo obbligatorio che conferisce pieni poteri a chi ottiene un voto in più, anche se è lontano dall'avere il consenso della maggioranza degli elettori, a presentare come 'tecniche' (e quindi neutre) scelte che invece determinano la concentrazione della ricchezza e l'ampliamento delle diseguaglianze, in aperta contraddizione col secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”.

 

E' forse allora il momento di pensare a strumenti e (soprattutto) metodi nuovi che, nel rispetto dell'art. 49 della Costituzione, consentano ai cittadini di 'associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale', dando al termine 'partito' un significato e una dimensione nuovi, che superino le strutture gerarchiche e la delega acritica per costruite processi di democrazia interna e di partecipazione non solo formale per fare della corretta informazione e del coinvolgimento permanente obiettivi prioritari.

E' un percorso sostanzialmente opposto all'esasperazione del conflitto bipolare che sta alla base delle nuove proposte di riforma costituzionale e di nuova legge elettorale; una sfida difficile e impegnativa, ma irrinunciabile per chi intende adeguare il nostro sistema istituzionale alla realtà di oggi guardando a un domani migliore, senza nostalgie per regimi autoritari del passato e senza accettare prezzi insopportabili sul piano della democrazia, mantenendo gli obiettivi di giustizia sociale e di rispetto per l'individuo che stanno alla base della nostra convivenza civile.

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