Perseguitato e gentiluomo

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 29/10/2009
Berlusconi ormai sa fin troppo bene che basta menare più forte e per primi e lo fa indisturbato con ottimi risultati da almeno quindici anni forte di una opposizione che si è data come regola aurea quella di “non appiattirsi sull’antiberlusconismo”.

Silvio Berlusconi, impossibilitato a presenziare dalla scarlattina e rappresentato a Ballarò da ben due ministri scudieri, ha sentito l’urgenza di materializzarsi il giorno in cui la corte di appello di Milano confermava puntualmente la condanna in primo grado al suo testimone corrotto David Mills. L’ha fatto per ribadire che “l’anomalia italiana” non è certo lui ma sono “i giudici comunisti di Milano” che lo perseguitano, da ultimi quelli d’appello dopo la nemica politica Gandus, i Pm, i gip, la Consulta che pure non sta a Milano, la Cassazione se confermerà la sentenza di condanna per Mills. Curiosamente giornali e tv hanno ripetuto alla vigilia del processo di primo grado come di quello di appello, che David Mills “scagiona Silvio Berlusconi”, mentre, chissà perché, non hanno riportato le dichiarazioni, decisamente più interessanti che l’imputato, per due volte condannato per corruzione in atti giudiziari a quattro anni e sei mesi ha rilasciato qualche giorno fa a Radio 24, dove ha detto qualcosa di più. “Vista la natura del capo d’accusa o tutt’e due siamo colpevoli o innocenti, non è possibile che uno sia colpevole o innocente e l’altro no”.

E’ un’ equazione ineccepibile, peraltro non nuova, proveniente da un coimputato di Silvio Berlusconi e riecheggia il “simul stabunt, simul cadent” di Cesare Previti, caduto morbidamente con il paracadute delle leggi ad personas, ma comunque uscito, sempre troppo tardi, dal Parlamento, mentre il suo dante causa continua ad imperversare pressoché indisturbato su un paese prostrato.

Sugli esiti dei processi per corruzione in atti giudiziari, interverrà comunque, per Mills l’indulto che lo metterà al riparo dalla galera anche se la Cassazione riuscirà a pronunciarsi prima dell’aprile 2010, quando interverrà la prescrizione e naturalmente per quanto riguarda il corruttore, dato che il suo processo deve ricominciare, è scontato che sarà prescritto.

Ciò nonostante, Berlusconi, forse con in testa le parole fin troppo chiare del suo coimputato, ha avvertito la necessità di gridare rabbiosamente contro il silente Floris “no! Lei mi lascia parlare” e ha voluto, al di là delle conseguenze concrete delle sentenze, ribadire le ragioni del suo odio contro i magistrati da punire con le “riforme” ampiamente minacciate.

Al suo fianco contro i suoi “veri ed unici oppositori” i magistrati, Berlusconi ha Umberto Bossi che non pone limiti al raggiungimento dei suoi obiettivi politici a ha dunque tuonato che contro la sentenza Mills bisogna rivolgersi alla Consulta europea perché sono stati violati i diritti umani. Il senatur è andato oltre l’avvocato-legislatore personale Ghedini che aveva parlato di “sentenza illogica” e di “un processo svolto in tempi record negando qualsiasi prova e rifiutando qualsiasi possibilità di difesa…”. Una conferma, va da sé, che “a Milano non si possono celebrare processi quando, ancorché indirettamente, vi sia un collegamento con Berlusconi”.

La questione centrale è chiedersi come possa continuare forse immutata nei contenuti ma sempre più violenta ed arrogante nella messinscena una farsa di questo genere e per quanto tempo ancora.

Ormai il copione è talmente collaudato che viene riproposto, senza incontrare rilevanti obiezioni, su qualsiasi “caso” riguardi, ancorché indirettamente , per citare l’avvocato Ghedini, il suo supremo cliente.

Da ultimo, e oggetto anch’esso dell’intervento “a sorpresa” a Ballarò, il suo ruolo di buon consigliere dello “sventurato” Marrazzo che come Gertrude ha risposto al suo apparente salvatore.

Lui, il presidente del Consiglio, nonché Papi nazionale o anche “utilizzatore finale” (secondo il suo legislatore-difensore) di minorenni e di escort, in predicato di essere candidate o candidabili, ha saputo da sua figlia, presidente della Mondadori, di cui è proprietario insieme a televisioni e giornali, dell’esistenza dei video che incastravano Marrazzo.

E l’ha saputo, si noti bene, “quando la Mondadori aveva già rifiutato di comperarli” perché la sua casa editrice “non è come Repubblica e L’Espresso”. Quindi ha chiamato Marrazzo, e sembra che le telefonate siano state più di una, per metterlo in condizione di scegliere sul da farsi…

Quasi nessuno ha avuto nulla di rilevante da obiettare, né sulla natura di quella telefonata, né sul cumulo di interessi del gentleman che la poneva in atto, né sulla campagna di demolizione del pur indifendibile presidente della regione Lazio, che peraltro non ha candidato le trans e si è alla fine dimesso, lanciata dalle testate di proprietà del presidente del Consiglio.

Berlusconi ormai sa fin troppo bene che basta menare più forte e per primi e lo fa indisturbato con ottimi risultati da almeno quindici anni forte di una opposizione che si è data come regola aurea quella di “non appiattirsi sull’antiberlusconismo”.

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