Politica, se ci sei batti un colpo

di Associazione Carta ‘48 - 07/02/2012
Le forze politiche, pur nelle attuali tristi condizioni, dovrebbero comprendere il pericolo che Monti diventi il notaio di un passaggio micidiale dalla “democrazia sostanziale” della nostra era Repubblicana alla “democrazia formale”

Winston Churchill per descrivere la propria filosofia politica pronunziò una delle sue celebri frasi “ la democrazia funziona quando le idee di pochi riescono a soddisfare i pochi che contano”.

Il pensiero era coerente con le idee del grande statista conservatore e con il periodo storico che vedeva il confronto tra le democrazie liberali e la richiesta delle grandi masse popolari di partecipare alla vita pubblica.

Le recentissime, infelici e solo apparentemente estemporanee, dichiarazioni del Presidente Monti in tema di ”monotonia da occupazione stabile” sembrano idealmente collegarsi a quella visione elitaria della cosa pubblica dichiarata dal leader britannico. La frase di Monti, dopo una prima immediata reazione di indignazione per la evidente mancanza di buon senso ed aderenza alla realtà, induce a riflessione meno emotiva e più approfondita.

Crediamo infatti seriamente che personaggi della esperienza del Presidente del Consiglio, della Fornero ed altri affermino  quotidianamente delle tesi o dei concetti, palesemente illogici ed evidentemente iniqui, con la stessa irresponsabilità con quale Berlusconi raccontava le sue barzellette ? pensiamo sia normale che un governo che dovrebbe essere al lavoro per un serio rilancio dell’economia e per credibili piani industriali sia ossessivamente impegnato sull’attacco all’art. 18 e sulla “riforma” (sic) del mercato del lavoro ?

Tutto questo mentre il decantato effetto del “governo dei professori” sullo sviluppo del paese sinora non si è visto, mentre si sono invece ben visti, anzi sentiti, i sacrifici imposti (mai concordati) ai lavoratori e pensionati,  con buona pace della famosa “equità”, e le trionfalisticamente annunciate “liberalizzazioni\semplificazioni” si sono miseramente arenate di fronte alla reazioni di “quei pochi che contano” di cui parlava Churchill. Del pari, con i vecchi balletti cui siamo abituati, Monti ha prima pontificato e poi glissato abilmente sui tagli ai costi della politica.

In realtà, e questo deve preoccuparci molto, sembra che il disastro politico, morale ed economico consegnato al paese dal berlusconismo (e che in parte ha contagiato l’intera classe politica) abbia lasciato la porta aperta ad un disegno di restaurazione che, sotto la falsa specie della “necessità incombente”, ha come unica strategia (ma sarebbe meglio parlare

più modestamente di “ricetta”) l’applicazione dei metodi e delle regole di un neoliberismo fallito clamorosamente in tutto il mondo, ricette di una cucina economica ben conosciuta dal Pof. Monti e da alcuni suoi ministri i quali di quel mondo anglosassone di Enti sovranazionali sono stati ( o sono tuttora ?) autorevoli esponenti e consulenti.

Quindi gli attacchi ai diritti non derivano da necessità della nostra economia ( chi pensa con un minimo di serietà che l’art. 18 sia ostacolo alle assunzioni oggi che le Aziende non assumerebbero Albert Einstein ” a progetto”) e gli inviti ai giovani a non sperare in un lavoro stabile ( occorrerebbe aggiungere… e dignitoso) ma ad accettare la precarietà come condizione “dinamica” sanno di farsa, di presa in giro. Questi monotoni  attacchi vengono da una sorta di furore ideologico inteso a distruggere ogni forma minima di dignità sociale e del lavoro, qualunque mezzo di salvaguardia del pubblico interesse nelle relazioni economiche. Una cultura ostile a decenni di conquiste democratiche e di dignità della persona, conquiste che ostacolerebbero le “riforme”, mentre si palesa una evidente inadeguatezza della filosofia ultraliberista, In Italia ed in Europa, a fornire risposte serie con l’unica idea di scaricare sul 99 % delle persone i costi della crisi.

Anche in Italia sentiamo ormai da mesi parlare di “tagli” , “sacrifici” e “riforme” senza sinora aver mai visto sul tappeto serie proposte o iniziative in tema di politica industriale, modernizzazione dei servizi, finanziamento e rimodulazione della ricerca, difesa dell’ambiente come occasione di crescita, riforma fiscale vera e seria che consenta una redistribuzione della ricchezza e conseguente capacità di spese, un vero e leale patto sociale con il Sindacato.

Il vero pericolo è che per accontentare Marchionne ed i teorici di un tardivo liberismo si precipiti il paese nella recessione e nello scontro sociale.

La salvezza di un paese nei momenti difficili, ce lo ha insegnato il nostro secondo dopoguerra ed il conseguente “miracolo economico”, viene dalla coesione sociale, dalla consapevolezza che si volta pagina sulla base di sacrifici condivisi ed equamente ripartiti, da un grande patto che – evidentemente – è troppo lontano dalla logica e dalle possibilità di Monti & C. e per il quale occorrerebbe la politica.

La parola passa quindi alle forze politiche che, pur nelle attuali tristi condizioni, dovrebbero comprendere il pericolo che Monti diventi il notaio di un passaggio micidiale dalla “democrazia sostanziale” della nostra era Repubblicana alla “democrazia formale”,  nella quale i politici sono solo gli esecutori delle decisioni prese in qualche salotto molto lontano dai cittadini e spesso dall’Italia. In questa cifra apre uno squarcio di speranza la posizione presa dal Segretario del PD Bersani rispetto alle lunari ultime dichiarazioni del Presidente del Consiglio, ma non basta ed il tempo scorre veloce mentre si allarga il solco di sfiducia della gente nei confronti della politica che, paradossalmente, rappresenta l’unico ancoraggio democratico.

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