Riflessione sul M5S

di Francesco Baicchi - 18/03/2013
Il modello istituzionale che propone Grillo è, nei fatti, identico a quello a suo tempo proposto da Berlusconi e rende inutile il Parlamento.

E' legittimo chiedersi perché Grillo ha provato a imporre ai suoi senatori (fortunatamente senza riuscirci con tutti) di non votare Grasso per la presidenza del Senato?

Dopo la rinuncia del PD a presentare propri dirigenti 'storici' (Franceschini e la Finocchiaro, sembra), non sarebbe stato più logico rivendicare il successo di aver scongiurato l'elezione di due delle solite facce, che a parole lui disprezza tanto?

E come dobbiamo interpretare il rifiuto a ricorrere alla consultazione della 'base' su questo problema?

Eppure la reazione stizzita al dissenso interno e la richiesta di dimissioni dei 'traditori', confermando in modo plateale la mancanza di democrazia interna, non contribuisce certo a una immagine positiva del M5S, oltre a violare esplicitamente l'articolo 67 della Costituzione.

Ma la logica del movimento è naturalmente diversa, e ci dobbiamo sforzare di capirla.

Grillo ha ottenuto un enorme successo con un programma urlato, di cui sono state messe in risalto (o sono state percepite maggiormente) una serie di rivendicazioni che parlano alla 'pancia' di un elettorato scontento e che vede cadere le proprie aspettative di un futuro migliore.

A chi è in difficoltà ha promesso il salario sociale per tutti; agli imprenditori di liberarli dai vincoli del confronto sindacale; a tutti di ridurre o annullare le 'tasse'; ai 'furbi' di cancellare ampie parti della Costituzione, con conseguente 'liberi tutti' sul piano legislativo.

Aggiungerei che a chi non sente il dovere dell'impegno civile garantisce di non dover pensare,né di assumersi responsabilità: decide lui per tutti, naturalmente dopo aver consultato i cittadini mediante referendum telematici sulla cui credibilità è lecito avere dubbi.

Così ha ottenuto i voti di chi non ha trovato altra proposta di sinistra credibile e di quanti sono rimasti delusi da una destra che, al di là delle promesse, si è occupata solo degli interessi dei suoi leader, si chiamino Berlusconi, Bossi o Maroni poco importa.

Hanno votato M5S gli operai disoccupati e i 'padroncini' veneti pronti a trasferirsi in Slovenia. I nostalgici della rivoluzione comunista e quelli che a sentir parlare di antifascismo si arrabbiano e magari pensano che la colpa è tutta degli immigrati.

E naturalmente lo hanno votato anche moltissimi elettori semplicemente stufi della 'casta', che hanno individuato nel suo stile studiatamente 'popolare' e nelle sue invettive l'opportunità di un cambiamento radicale.

Sono fra quelli che ritengono che in pochi, relativamente, abbiano seriamente riflettuto sulla coerenza delle sue proposte e, soprattutto, sul modello istituzionale che sottendono. Ma forse chi semplicemente cerca lavoro per vivere o rischia di perdere quello che ha non ha voglia di parlare di democrazia, giustizia e partecipazione.

Ora però Grillo (o chi opera insieme, dietro o sopra di lui) ha il problema di tenere unito un 'popolo' così eterogeneo. Il rifiuto del confronto, che comporta comprensione e valutazione delle proposte altrui e quindi dialogo, è conseguenza di questa esigenza. Tutto ciò che propongono gli 'altri', se non corrisponde parola per parola al programma del M5S, deve essere semplicemente respinto.

E nessun candidato, se non proposto dal movimento, è ovviamente accettabile, a costo di pretendere in modo velleitario, con il 25% dei voti, i pieni poteri per se stessi.

Meglio chiamarsi fuori con atteggiamenti platealmente provocatori, e magari perdere qualche parlamentare, che far emergere le incoerenze interne.

Il modello istituzionale che propone Grillo è, nei fatti, identico a quello a suo tempo proposto da Berlusconi e rende inutile il Parlamento. E' il modello degli organismi societari, nei quali siedono poche persone, che 'pesano' in base al pacchetto di azioni che rappresentano. Se cancelliamo l'articolo 67 della Costituzione (Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato) e il voto in dissenso al proprio gruppo comporta l'espulsione, in Senato sarebbe stato sufficiente far votare Bersani, Berlusconi e Crimi, magari dopo aver chiesto istruzioni a Grillo.

Qualcuno potrebbe apprezzare la riduzione dei costi della politica, ma, come diceva Leopoldo Elia, saremmo tutti cittadini per un solo giorno e poi sudditi per i cinque anni seguenti.

E' per questo che hanno votato gli elettori di Grillo? Certo non tutti.

Dobbiamo comunque ringraziare quanti hanno votato il M5S per aver 'scoperchiato la pentola'. Ora non è più possibile per nessuno ignorare l'entità del dissenso e della sfiducia accumulata nei confronti di una classe dirigente incapace e complessivamente impresentabile (anche se il giudizio sui singoli non può che essere differenziato).

Sino ad ora era stato possibile nascondere questa realtà per la mancata nascita di un soggetto politico nuovo a sinistra, capace di raccogliere la richiesta di rappresentanza e di partecipazione attiva di quanti colgono la necessità di progettare nuovi modelli sociali, di opporsi a un liberismo autoritario e allo strapotere di centri finanziari incontrollati, di tornare a obiettivi di equità, solidarietà e giustizia.

Il successo di Grillo ha cancellato questo spazio, o ha solo confermato la sua esistenza e le sue dimensioni?

Le vicende di questi giorni credo confermino che il M5S non è la risposta a questa domanda di protagonismo, che rimane inevasa, ma hanno dimostrato che non sarà possibile tornare indietro a un opaco consociativismo.

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