Riforma col piede del porco

di www.prepuzio.com - 27/03/2011
Riguardo la riforma della giustizia, in riferimento alla responsabilità civile dei magistrati, ho sentito il Ministro Alfano fare il paragone del chirurgo che sbaglia e che deve pagare in caso di errore. Non è la stessa cosa, non si può e non si dovrebbe cercare un parallelismo perfetto tra chirurgo e magistrato

Riguardo la riforma della giustizia, in riferimento alla responsabilità civile dei magistrati, ho sentito il Ministro Alfano fare il paragone del chirurgo che sbaglia e che deve pagare in caso di errore. Non è la stessa cosa, non si può e non si dovrebbe cercare un parallelismo perfetto tra chirurgo e magistrato. Chi lo fa, o è un idiota, oppure è in malafede. Nel caso del Ministro Alfano, potremmo essere di fronte all’inquietante, quanto sbalorditivo, paradosso del perfetto idiota in totale e conclamata malafede, un’aporia in grado di cortocircuitare anche il più cazzuto dei navigadori plasmari.

Perché non si può fare questo parallelismo? Sembrerebbe che, così come  il chirurgo cerca di risolvere un danno, un malfunzionamento in un sistema meccanico qual è il corpo umano, anche il magistrato abbia il compito di correggere un malfunzionamento, in questo caso morale, di un cittadino che ha violato una legge dello Stato sovrano in cui si trova. La differenza sostanziale è che, mentre il compito del chirurgo è quello di ripristinare un meccanismo, il magistrato deve invece provare che c’è stato un malfunzionamento, la stragrande maggioranza delle volte contro la stessa volontà di chi ha disfunzionato, il quale cercherà in tutti i modi di sottrarsi alla correzione.

Non solo, quindi, il chirurgo opera per il benessere del paziente e non è tenuto a rincorrerlo, in caso non volesse essere sottoposto ad intervento, ma è anche ovvio che il magistrato (in senso generico come colui che amministra la giustizia), qualora fosse in grado di dimostrare il reato oltre ogni ragionevole dubbio, infliggerebbe una pena al colpevole, il che è senza ombra di dubbio un risultato assai diverso da quello auspicato dalla chirurgia (la medicina è una pratica migliorativa, almeno nelle intenzioni, mentre la giustizia è innanzitutto punitiva e poi, eventualmente, correttiva o riabilitativa, queste sono differenze che saprebbe cogliere anche un bambino delle elementari).

Infatti, sebbene, in teoria, anche il reo dovrebbe o potrebbe essere grato alla magistratura per averlo ricondotto sulla retta via, in pratica ciò avviene raramente e, per un sano principio di precauzione, questa speranza di riconoscenza non può e non dovrebbe influire minimamente nell’impianto fondamentale di nessun sistema giudiziario.

Poi, è chiaro che, nel momento in cui il magistrato dovesse rispondere personalmente degli eventuali errori commessi, la sua azione diverrebbe, per così dire, meno incisiva e, proporzionalmente alla gravità del reato, ergo del risarcimento eventualmente dovuto, sempre più permissiva, sempre più assolvente, il che rappresenta un bell’incentivo a mandare tutto a puttane e a fottersene della criminalità. Infatti, già con l’impostazione attuale, un magistrato che debba condannare un mafioso vive nell’angoscia di vendette più o meno trasversali, avendo come garante lo Stato. Se togliamo anche questa sicurezza, credo che nessuno più, nel terrore di sbagliare e di doverci rimettere la casa, oltre che la carriera, si sentirebbe sufficientemente protetto dal condannare nemmeno un ladro di galline (da notare come, molto ipocritamente, la riforma preveda che, qualora il patrimonio del magistrato fosse insufficiente a risarcire la parte lesa, allora interverrebbe lo Stato).

Naturalmente, questo non significa che i magistrati debbano essere degli impuniti. Un miglioramento del sistema è sempre auspicabile, ma, da profano, mi sento abbastanza tutelato dall’anonimato nel sostenere che non è con questa riforma demagogica e scellerata che questo potrà avvenire.

D’altra parte, è facilmente comprensibile come frasi del tipo “i pubblici ministeri devono pagare per i loro errori come tutti i cittadini” possono fare presa sull’opinione pubblica. Infatti, al cittadino mediamente disinformato/sottoscolarizzato/lobotomizzato non interessa capire fino in fondo come si regge la fragile impalcatura della tripartizione dei poteri statali e quindi non si rende conto che non tutti i cittadini possono rispondere alla stessa maniera degli errori commessi. È infatti evidente che qualcuno deve pur assumersi l’ingrato compito di indagare e di comminare le pene ai criminali; perché questo sia possibile è necessario che costoro godano, per così scrivere, d’un qualche superpotere che consenta a loro di non essere facilmente influenzabile/ricattabile/gambizzabile.

Così com’è lapalissiano che altri cittadini, ovvero i politici, per la delicatezza e la responsabilità del loro ruolo, non dovrebbero abusare della scusa persecutoria, nonché della sopraelevazione da volontà popolare, per sottrarsi alle indagini della magistratura, né tanto meno scardinare l’impianto costituzionale attraverso la leva, anzi, in questo caso piede di porco mi pare più appropriato, del potere legislativo. Anche perché, così come i giudici hanno le spalle coperte dallo Stato, i politici hanno il privilegio di potersi salvaguardare le palle grazie alla solida solidarietà dei sodali parlamentari, attraverso il voto sull‘autorizzazione a procedere, tanto che sono davvero pochi i politici che hanno assaggiato il sapore metallico delle sbarre carcerarie. Considerando che siamo in Italia, terra di ladri, mafiosi e mariuoli, tale statistica non appare almeno sospetta?

29 aprile 2013

Costruiamo l'alternativa al governo Berlusconi

Giorgio Cremaschi-www.micromega.net
13 marzo 2014

Quello che non c'è

Francesco Baicchi
30 aprile 2013

La coerenza

Francesco Baicchi