Rileggere la storia

di Silvia Manderino, Francesco Baicchi - 12/09/2012
Le vicende di questi giorni, e in particolare gli espliciti tentativi di ostacolare il lavoro di alcuni Magistrati, non possono non essere collocati nel contesto di una strategia tesa a delegittimare il sistema istituzionale della nostra Repubblica.

E, ancora una volta, proprio l'indipendenza e l'autonomia della Magistratura sembrano costituire il più efficace, se non l'unico, strumento di difesa della nostra democrazia.

In effetti se il nostro Paese può ancora essere considerato una democrazia, con tutti i limiti e i distinguo che questo termine comporta, lo dobbiamo soprattutto a due fattori: il primo è la nostra Costituzione, che ha previsto un sistema equilibrato di poteri autonomi e indipendenti in grado di reggere agli attacchi destabilizzanti cui il Paese poteva essere sottoposto, come peraltro è avvenuto, in questi sessanta anni; il secondo sono gli stessi Italiani, che in alcuni momenti cruciali (gli anni di piombo, il referendum del 2006, per esempio) hanno saputo ritrovare l'orgoglio e la saggezza di difendersi dai tentativi di cancellare i principi di solidarietà ed equità su cui, al termine del ventennio fascista, è stata riscritto il patto di convivenza della nostra collettività.

Non può dunque stupire che la Costituzione e il nostro sistema istituzionale siano da sempre minacciati da ambienti eversivi nazionali e stranieri, talvolta insospettabili.

La principale minaccia è stata proprio la mancata realizzazione degli obiettivi di giustizia sociale e di partecipazione democratica saggiamente e coraggiosamente espressi dai Costituenti nel testo della Carta, che rimane di assoluta attualità.

Basta a questo proposito pensare a quanto prescritto negli articoli 39 (sullo status dei sindacati), 42 (sulla funzione e struttura dei partiti politici), 41 (sulla libertà di impresa che non può 'svolgersi in contrasto con l'utilità sociale …') e, più recentemente, alle conseguenza della nuova legislazione del lavoro sul piano della precarietà, dei livelli di retribuzione del lavoratore, che in molti casi non è certo 'sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa' (articolo 36 Cost.).

Un ulteriore esplicito attacco è avvenuto con la cosiddetta 'strategia della tensione', in cui la violenza stragista di marca fascista e il terrorismo di sedicenti Brigate Rosse (i cui reali ispiratori sono ancora oggi ignoti) sembravano puntare a creare il consenso verso la costruzione di uno 'stato di polizia' che avrebbe comportato la rinuncia a gran parte delle libertà civili e delle garanzie personali previste dalla Costituzione.

Meno espliciti, ma non meno pericolosi, sono stati negli anni successivi i cedimenti (spesso trasversali) sul piano della legittimità costituzionale, che hanno portato a una forma di tolleranza rispetto alla approvazione di normative di dubbia coerenza o apertamente incostituzionali, specialmente nel campo delle leggi elettorali, e hanno infine trovato la loro massima espressione nella formulazione della attuale legge 'porcata', che ha prodotto un Parlamento oggettivamente non rappresentativo della volontà popolare.

Ma tutto questo non è stato sufficiente per impedire che i meccanismi costituzionali svolgessero, anche fra alcune incertezze, il loro compito di difesa della democrazia: Corte Costituzionale, Presidenza della Repubblica e Magistratura, nei loro diversi ambiti, hanno continuato a bloccare i rinascenti tentativi di trasformare l'Italia in un regime autoritario, per di più con forti legami con la criminalità organizzata.

Di questo gli Italiani sono ben coscienti, come dimostrano confermando la loro fiducia nella Carta costituzionale ogni volta che viene loro consentito di esprimersi con le forme della democrazia diretta.

Non rimaneva dunque che cercare di minare questa fiducia, delegittimando proprio le Istituzioni democratiche attraverso le persone che si sono trovate a rappresentarle pro-tempore.

Per questo negli ultimi decenni, con l'avvento del berlusconismo, paradossalmente favorito proprio dalla crisi di credibilità dei partiti tradizionali conseguente alla vicenda 'mani pulite', si è ampiamente affermato anche il tentativo di dare della storia del nostro Paese una lettura falsa e strumentale.

A questo proposito basterebbe ricordare il tentativo, cui nel '94 ha partecipato anche l'on. Violante (attuale referente per la politica istituzionale del PD), di accomunare - col pretesto del rispetto dovuto ai defunti - i combattenti antifascisti caduti in difesa della libertà e i loro aguzzini.

L'aggressione senza dubbio più pesante è stata diretta nei confronti della Magistratura e delle Istituzioni di garanzia.

Tutti ricordiamo le parole di Berlusconi nei confronti dei giudici 'pazzi e antropologicamente diversi dalla razza umana', la definizione di 'toghe rosse' e altre volgarità che hanno fatto dubitare l'intera Europa perfino della salute mentale del capo del nostro governo.

A queste affermazioni plateali si sono sommati i tentativi ben più concreti di modificare l'ordinamento costituzionale: la proposta di cambiare la composizione della Corte Costituzionale e del CSM (asservendoli alla maggioranza politica del momento), il tentativo di rendere inutilizzabili le rogatorie internazionali, la riduzione dei tempi di prescrizione dei reati e il contemporaneo prolungamento delle procedure giudiziarie, la separazione delle carriere, la pretesa di privare gli inquirenti dello strumento delle intercettazioni, rivelatosi così utile in particolare nei confronti della criminalità organizzata e dei suoi alleati anche nelle strutture dello Stato.

Tutti gli argomenti possibili sono stati utilizzati per giustificare le leggi 'ad personam' supinamente votate da un Parlamento nominato dalle segreterie dei partiti e per convincere l'opinione pubblica di un eccesso di potere della Magistratura nel suo complesso.

Anche il ruolo super-partes della Presidenza della Repubblica è stato progressivamente messo in discussione; con la presenza del nome del candidato capo del governo sulla scheda elettorale si è tentato di cancellare di fatto il potere del Capo dello Stato di individuare a chi assegnare l'incarico per la formazione del Governo (art. 92 Cost.); più volte è stata formulata la proposta di consentire al capo dell'esecutivo (e non al Capo dello Stato, art. 88 Cost.) di concorrere nello scioglimento delle Camere e nel ricorso alle elezioni anticipate.

Viviamo attualmente una nuova fase: ai magistrati della Procura di Palermo, impegnati nella ricerca della verità sulla trattativa stato-mafia degli anni '90, si attribuisce addirittura la volontà di trasformarsi in partito politico; il GIP di Taranto viene accusata di essere causa dei mancati investimenti stranieri in Italia e, caso più recente, si cerca di accreditare una immagine del pool di 'Mani pulite' come strumento asservito a non meglio precisati ambienti degli Stati Uniti.

Contemporaneamente si punta a screditare, ricattando Napolitano, la funzione di garanzia della Presidenza della Repubblica come istituzione; forse per condizionarne l'autonomia nella prospettiva della comunque imminente fine della legislatura.

In questo quadro anche la pessima immagine che stanno dando involontariamente di sé i parlamentari in generale appare coerente e giustifica l'entusiasmo con cui vengono accolte le proposte un po' qualunquistiche di semplice riduzione del loro numero.

L’obiettivo di tutte queste manovre - unite nel tentativo di delegittimare gli organismi di garanzia previsti dalla Costituzione - sembra ancora una volta essere quello di convincere gli Italiani, alle prese con le conseguenze della crisi occupazionale e finanziaria, della necessità di rinunciare al proprio potere di autodeterminazione (art. 1 della Cost.) per eleggere a suffragio universale un 'capo' con poteri quasi assoluti, cui si vorrebbe affidare la facoltà di nominare e rimuovere liberamente i Ministri (che sarebbero così assolutamente ricattabili), far approvare in pochi giorni con priorità le leggi che gli stanno a cuore (magari anche quelle rivolte a limitare l'autonomia della Magistratura), sciogliere le Camere che gli si opponessero nel momento per lui più favorevole; e contro il quale non sarebbe di fatto possibile votare la 'sfiducia'.

Non a caso questi sembrano essere i contenuti della legge elettorale e della nuova riforma costituzionale su cui sono in corso trattative fra i partiti della 'strana maggioranza' attualmente al governo (PD-PDL-UDC).

Se queste 'riforme' venissero approvate della nostra democrazia rimarrebbe solo l'aspetto formale del voto, e gli Italiani sarebbero, per citare il professor Leopoldo Elia, 'cittadini per un giorno e sudditi per i successivi cinque anni'.

In questa fase proprio la Magistratura, soggetta solo alla legge (art. 101), di fronte alla quale tutti i cittadini indistintamente sono uguali, costituisce probabilmente il miglior presidio della democrazia.

Spetta anche a noi impegnarci affinché non le venga impedito di svolgere la propria funzione.

 

Silvia Manderino

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