Scudo fiscale, firma pesante

di Bruno Tinti - Il Fatto Quotidiano - 07/10/2009
Così il Presidente della Repubblica ha firmato. Adesso l’impunità per i criminali che fanno rientrare il loro bottino nel nostro Paese è legge dello Stato

A chi gli chiedeva di non firmare Napolitano ha risposto “Ma dove sono i profili di incostituzionalità? E poi è inutile, che io non firmi non significa niente, me la rimandano dopo 15 giorni e debbo firmare per forza”.

Né la decisione né la motivazione sono condivisibili. L’art. 74 della Costituzione dice: “il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione; se le Camere la approvano nuovamente, questa deve essere promulgata”. La Costituzione non dice però che il rinvio alle Camere può avvenire solo per ragioni di manifesta incostituzionalità; si limita a prevedere che il Presidente può non firmare una legge. Molti costituzionalisti ne hanno dedotto che il Presidente della Repubblica può sempre rifiutarsi di firmarla. Nel caso di manifesta incostituzionalità, il rinvio alle Camere è un suo preciso dovere; ma, in tutti gli altri casi in cui la legge gli sembri ingiusta, il Presidente della Repubblica ha comunque una responsabilità di intervento che gli deriva dall’essere l’interprete degli interessi superiori della Nazione, di ciò che vi è di permanente, di superiore, di indiscusso, di comune a tutti nella vita nazionale. Per questo, quando egli parla, lo fa in nome del Paese. E le sue parole hanno un peso terribile: come ha detto uno dei padri della Repubblica, Umberto Terracini, “una parola del Presidente pesa sulla bilancia più di mille parole di ognuno di noi”. Allora Napolitano ha avuto torto quando ha detto che era inutile non firmare una legge che la maggioranza avrebbe approvato comunque. Anche perché si ha sempre torto quando si rinuncia a battersi. E poi non sarebbe stata solo una bella battaglia. Avrebbe potuto essere una battaglia vinta.

Il nuovo scudo fiscale prevede sostanzialmente due cose: chi fa rientrare i capitali non può essere punito per frode fiscale e falso in bilancio; e le banche che provvedono alle operazioni di rientro non devono effettuare le segnalazioni per le operazioni sospette previste dalla normativa antiriciclaggio che le obbliga a segnalare all’Ufficio italiano cambi i casi in cui sia probabile che il danaro sia provento di reato. Così l’Uic non informerà il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza che non svolgerà le indagini del caso e non le trasmetterà alla Procura della Repubblica per il relativo procedimento penale. Il problema è che i soldi non si distinguono tra loro: 1.000.0000 di euro proveniente da una frode fiscale non ha una targhetta che lo distingua da un’analoga somma proveniente da un sequestro di persona. Sicché, quali siano i reati che hanno prodotto il bottino che rientrerà con lo scudo fiscale non lo può sapere nessuno. Con la legge firmata dal Presidente della Repubblica potrà dunque entrare in Italia senza rischi penali non solo il provento di frode fiscale e falso in bilancio; ma anche il bottino di traffico di droga, di armi, di donne, di minori, di immigrati, di sequestri di persona, di corruzioni, insomma di tutto i reati che producono denaro, i cui autori dovrebbero essere perseguiti e sanzionati con anni e anni di galera. Si chiama obbligatorietà dell’azione penale.

Allora la domanda è: se la frode fiscale e il falso in bilancio sono già “amnistiati” (non è proprio così ma gli effetti quelli sono), a che serve prevedere che le banche non effettuino le segnalazioni delle operazioni sospette? Anche se le effettuassero, e se l’Uic prima e il Nucleo di Polizia Valutaria dopo scoprissero frodi fiscali e falsi in bilancio, la conclusione sarebbe obbligata: non doversi procedere per essere i reati non punibili. Dunque perché una norma come questa? Ma è ovvio: in questo modo si assicura l’impunità a tutti gli altri delinquenti che si gioveranno dello scudo fiscale. I sequestratori di persona, i trafficanti di vario genere che porteranno in Italia i loro soldi, non potendo contare su un’esplicita previsione di non punibilità (la legge la prevede solo per la frode fiscale e il falso in bilancio) conseguiranno lo stesso effetto perché non saranno comunque possibili indagini su di loro. Insomma, è evidente che una legge che avesse detto “tutti i reati da cui derivano le somme che sono rientrate in Italia con lo scudo fiscale non sono punibili” sarebbe stata difficile da far approvare anche per una maggioranza che ha principi etici ispirati ai Fratelli della Costa. Da qui il trucco: non dico che questi reati non saranno puniti; però faccio in modo che non possano essere scoperti. Ecco, avrebbe dovuto chiedersi il Presidente della Repubblica, ma questo non è in contrasto con l’art. 112 della Costituzione, dove si dice che l’azione penale è obbligatoria? Ma quale obbligatorietà può esserci se le leggi della Repubblica tutelano in via preventiva i delinquenti, permettendo loro di nascondere le prove delle malefatte?

E poi, avrebbe dovuto chiedersi il Presidente della Repubblica, che ne è del famoso principio di ragionevolezza che significa, sostanzialmente, bilanciamento degli interessi costituzionalmente garantiti? Che c’è, sull’altro piatto della bilancia, che pesi più dell’art. 112 della Costituzione? E anche più dell’art. 53, “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.”?

E infine, avrebbe dovuto dubitare il Presidente della Repubblica, è conforme ai principi fondamentali di uno Stato democratico, farsi riciclatore del bottino dei più gravi reati perseguiti dalla comunità internazionale, in violazione dell’art. 10 della Costituzione, “L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.”?

Allora non sarebbe stato meglio, invece che giustificarsi dicendo “sarebbe stato inutile non firmare tanto dopo 15 giorni …”, inviare un messaggio alle Camere spiegando il rinvio della legge con la violazione di principi costituzionali?

Seneca diceva “Ogni concessione al male è una complicità nel male”. Era un maestro molto severo e naturalmente molto scomodo. Ma arriva un momento, per tutti, in cui questo insegnamento bisogna ricordarselo.

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