Nel programma di guerra di
Berlusconi alle istituzioni dello Stato di diritto, al primo posto
c'è il regolamento dei conti con l'indipendenza
della giurisdizione.
Le aggressioni (e le intimidazioni) di
Berlusconi contro i magistrati, che per la natura della loro
funzione devono esercitare il fastidioso compito di controllare il
rispetto delle regole da parte di tutti, sono una costante da 17
anni, da quando l'eroe è “sceso in campo” per liberare l'Italia
dal giogo dei comunisti che – com'è noto – specialmente dopo
il 1989 era diventato soffocante per il nostro paese.
Poiché nel nostro
ordinamento esiste anche un giudice delle leggi, neppure la Corte
Costituzionale è stata risparmiata da aggressioni furiose
che l'hanno additata al disprezzo dell'opinione pubblica, persino
nell'ambito di consessi internazionali, nei quali il nostro uomo
non ha avuto vergogna di attaccare a testa bassa tutte le
istituzioni di garanzia del Paese da lui rappresentato.
Dal
momento che 17 anni di mezzucci, di leggi ad personam, di riforme
volte a paralizzare la giustizia e ad allargare le maglie del
controllo penale non sono serviti a niente, soprattutto per
interventi correttivi della Corte Costituzionale, alla fine tutti
i nodi sono venuti al pettine.
Il prigioniero politico
Berlusconi sa di essere arrivato allo scontro finale: o riuscirà
a sbarazzarsi del controllo di legalità esercitato nei suoi
confronti e in quelli dei suoi sodali (vedi i casi Previti
e Dell'Utri), o il suo potere rimarrà travolto.
Il nemico è sempre lo
stesso, non i giudici, ma la Costituzione, che distribuisce ed
equilibra tutti i poteri impedendo ogni forma di dittatura della
maggioranza, ovvero di onnipotenza da parte di coloro che esercitano
i poteri politici.
Proprio perchè il nemico è la Costituzione, al vertice dei “nemici politici” di Berlusconi non ci sono i P.M. di Milano ma la Corte Costituzionale, organo che i padri costituenti hanno voluto indipendente, con l'incarico di reprimere gli abusi dalle contingenti maggioranze politiche, a garanzia della rigidità della Costituzione.
Insomma la Costituzione
non si può cambiare a colpi di maggioranze parlamentari, neanche
se lo si fa a fin di bene, vale a dire al fine di assicurare
quell'immunità al Capo politico Silvio Berlusconi, che il
nostro ordinamento si ostina a riconoscere soltanto al Papa.
Se esiste ancora in
Italia l'indipendenza della giurisdizione (ed i P.M. possono
ancora esercitare l'azione penale nei confronti di Berlusconi e
dei suoi sodali quando violano le leggi penali), ciò è dovuto al
fatto che la maggioranza politica non può cambiare la
Costituzione a suo piacimento, perchè le leggi possono essere
giudicate e cancellate dall'ordinamento – se incostituzionali –
dal Giudice della leggi.
Se la Costituzione di
Arcore, che considera la persona di Berlusconi sacra ed
inviolabile come lo Statuto Albertino considerava la persona del
Re d'Italia, non è ancora entrata in vigore, non lo si deve
all'ostinazione dei giudici ordinari, ma alla resistenza dei
giudici della Corte Costituzionale che continuano a svolgere il
loro compito di “Guardiani della Costituzione”.
Berlusconi ha capito
benissimo che, per regolare i suoi conti con il potere giudiziario,
l'ostacolo vero di cui deve sbarazzarsi è rappresentato dalla Corte
Costituzionale. Non c'è più tempo da perdere.
Per questo, intervenendo per telefono ad un convegno del Pdl a Cosenza, ha promesso che saranno rotti gli indugi (provocati dai finiani) ed il suo Governo farà approvare – a tambur battente – dalla sua maggioranza parlamentare una riforma complessiva del sistema giustizia, mettendo al primo posto una riforma che serve a porre fuori gioco la Corte Costituzionale.
Si tratta di una vecchia
idea inserita nel progetto di riforma costituzionale Calderoli
che, sebbene annunziato all'inizio della legislatura, era stato
accantonato (per la vergogna) prima ancora di
essere presentato.
"Saranno necessari i due terzi dei
componenti per abrogare le leggi in modo da evitare che si
ripetano le situazioni oggi, quando il Parlamento discute una
legge, la approva e se non piace ai magistrati di sinistra, la
impugnano davanti alla Consulta che, essendo costituita in
prevalenza da giudici che provengono dalla sinistra, la abroga
anche se è una legge giusta e giustissima".
I
propositi sono stati espressi in modo chiarissimo: l'obiettivo
principale è abbattere il controllo di legalità costituzionale
esercitato dalla Corte Costituzionale.
La Corte non
verrebbe cancellata, rimarrebbe in funzione come
un'istituzione decorativa, senza nessuna possibilità di
interferire con gli abusi di potere del Capo politico e della sua
maggioranza parlamentare che potranno fare strame della
Costituzione e dei suoi principi di giustizia, libertà
ed eguaglianza, senza tema di essere sconfessati dal giudice delle
leggi.
Si tratta di un
obiettivo talmente importante che Berlusconi è disposto a correre
il rischio del referendum che pende su tutte le
riforme costituzionali approvate a maggioranza.
Poiché Berlusconi ha
trasformato la maggioranza parlamentare in un bivacco di manipoli,
l'ultima parola sulle modifiche della costituzione spetterà
al popolo. Siamo pronti a ripetere la mobilitazione del 2006 che
ha consentito di affossare il primo tentativo organico di
Berlusconi di sbarazzarsi della Costituzione repubblicana, nata
dalla resistenza?