Se le ossessioni diventano legge

di Daniela Gaudenzi - Liberacittadinanza - 10/06/2010
C’è poco tempo per i cittadini italiani di dimostrare che nonostante la propaganda e la disinformazione non sono ancora precipitati nell’ossessione paranoica in cui li descrive, pro impunitate sua, Berlusconi

Non è possibile tenere la contabilità delle assurdità e delle abnormità deliranti ed eversive che ha sparato dalle platee amiche il presidente del Consiglio: dalla sovranità passata a PM e Corte Costituzionale che “abrogano le leggi che non gli convengono”, alla Costituzione “vecchia e cattocomunista” diventata “un inferno” per chi voglia governare, fino alla minaccia di non rinnovare il contratto di servizio pubblico ad una Rai troppo faziosa e antigovernativa.

Ma nonostante questo campionario di sketch da dittatore- capocomico forse la dichiarazione più incredibile e raggelante perché riguarda lo stato mentale del paese mi sembra la seguente: “solo una piccola lobby di magistrati e di giornalisti è contraria alla legge sulle intercettazioni, la grandissima maggioranza degli italiani è stanca di non potere usare il telefono per paura di essere spiata”.

Se le parole hanno un senso il presedente del Consiglio che ha ordinato la blindatura con tanto di voto di fiducia su una legge demenziale, incostituzionale e criminale in quanto impedisce di fatto le indagini ancor prima che il diritto dovere di informare, sostiene che la maggior parte degli italiani, peraltro i maggiori acquirenti e fruitori di cellulari in Europa, vivrebbe in realtà come i protagonisti dei 1984 di George Orwell.

Secondo il capo del Governo, le persone normali e per bene, che pure esistono, sarebbero ossessionate come lui dal terrore che le loro conversazioni private o di lavoro vengano captate dalle orecchie inquisitrici e morbose di poliziotti troppo zelanti e toghe rosse che vogliono prendere il potere.

Se così fosse vorrebbe dire che un intero paese si sarebbe identificato con il delirio persecutorio di un premier-padrone che ha imposto con il favore della cricca e di buona parte della casta degli eletti una legge a tutela esclusiva della impenetrabilità del proprio operato e della conseguente impunità mentre la dimensione degli scandali politico-affaristici coinvolge in modo sempre più stringente la compagine ministeriale, i vertici della protezione civile, i funzionari al massimo livello.

Al premier che ha una dipendenza da sondaggio, purché di fonte amica, andrebbe segnalato per esempio che secondo quello quotidiano di Sky Tg 24 nel giorno dell’approvazione con la fiducia del ddl blindato, il 70% degli interpellati ritiene che la legge sulle intercettazioni sia un pericolo per la libertà di informazione e solo il 30% ritiene che sia a protezione della privacy.

Peraltro agli ipocriti difensori della privacy, ovviamente quella dei vip violata secondo la vulgata della disinformazione da un manipolo di PM in cerca di visibilità, ha risposto puntualmente il segretario dell’ANM Giuseppe Cascini, sottolineando che le norme sulla privacy contenute nel ddl sono identiche a quelle attualmente in vigore e i rischi di diffusione di notizie attinenti alla vita privata degli intercettati rimangono esattamente gli stessi. Volendo poi rifarsi alla Costituzione “cattocomunista” di cui il premier vorrebbe fare carta straccia, ma a cui si richiamano con finto rispetto tutti i suoi giureconsulti prezzolati per rivendicare la sacralità della privacy accanto alla libertà di informazione, sarebbe anche utile comparare le norme che disciplinano rispettivamente la libertà personale (art. 13) e la libertà di informazione (art.21): si scoprirebbe, per esempio, che i costituenti hanno ritenuto che per l’arresto disposto “dall’autorità di pubblica sicurezza” la convalida del magistrato debba avvenire entro le quarantotto ore, mentre nell’analogo caso del sequestro della stampa periodica se non interviene la convalida del magistrato entro le ventiquattro ore “il sequestro si intende revocato e privo di ogni effetto”.

E’ facile capire il rilievo assoluto che la Costituzione attribuisce al diritto dovere di informare e al diritto di cronaca che lo materializza, tale che per la sua limitazione o compressione con lo strumento autoritativo ed eccezionale del sequestro, si impone l’intervento dell’autorità giudiziaria in un tempo che è la metà di quello previsto per la convalida dell’arresto di una persona.

Con il ddl approvato al Senato da una maggioranza al guinzaglio e i finiani ritornati puntualmente nel recinto dopo la breve ricreazione, il sequestro dell’informazione è già diventato legge in un ramo del parlamento e la possibilità di intercettare con il limite dei 75 giorni, prorogabili previa autorizzazione di un collegio di 72 ore in 72 motivando di volta in volta la richiesta da parte del PM, è ridotta ad una farsa finalizzata a paralizzare definitivamente la giustizia penale, obiettivo ultimo di chi aspira ad una impunità totale e definitiva.

C’è poco tempo per i cittadini italiani di dimostrare che nonostante la propaganda e la disinformazione non sono ancora precipitati nell’ossessione paranoica in cui li descrive, pro impunitate sua, Berlusconi, né che hanno altro a cui pensare come ha dichiarato incredibilmente Lucia Annunziata a Ballarò pontificando che “quella sulle intercettazioni è una battaglia che non scalda il cuore della gente” e che la sinistra ancora una volta “fa una battaglia che non appassiona”.

Quella per garantire che continuino le indagini sulla corruzione e per consentire che l’opinione pubblica ne sia informata non è una battaglia né di destra né di sinistra, non è tanto meno la rivendicazione di nessuna lobby giudiziaria, giornalistica o editoriale, e soprattutto non sarebbe pensabile in nessuna democrazia liberale compiuta, perché lì non sarebbe ipotizzabile una minaccia di questo tipo. Di qui all’approvazione definitiva e consapevoli che, nonostante le evidenti assurdità e i profili di incostituzionalità in particolare riguardo la proroga ad horas ed il regime transitorio non possiamo confidare come cittadini negli argini istituzionali, dobbiamo dimostrare e far capire che si tratta di difendere qualcosa di non negoziabile, la nostra sicurezza e la nostra residua possibilità di formarci un’ opinione attraverso l’informazione.

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