«Conosco bene il modo con cui Berlusconi chiede ai suoi legali di fare le leggi ad personam, perché fino a pochi anni fa lo chiedeva a me. E, contrariamente a quello che sostiene in pubblico, con i suoi avvocati non ha alcun problema a dire che sono leggi per lui. Per questo oggi lo affermo con piena cognizione di causa: quelle che stanno facendo sono norme ad personam».
Carlo Taormina, 70 anni, è stato uno dei legali di punta del Cavaliere fino al 2008, quando ha mollato il premier e il suo giro – uscendo anche dal Parlamento – a seguito di quella che lui ora chiama «una crisi morale». Ormai libero da vincoli politici, in questa intervista a Piovonorane dice quello che pensa e che sa su Berlusconi e le sue leggi.
Avvocato, qual è il suo parere sulle due norme che il
premier sta facendo passare in questi giorni, il processo breve e il
legittimo impedimento?
«La correggo: le norme che gli servono per completare il suo disegno
sono tre. Lei ha dimenticato il Lodo Alfano Bis, da approvare come
legge costituzionale, che è fondamentale».
Mi spieghi meglio.
«Iniziamo dal processo breve: si tratta solo di un ballon d’essai, di
una minaccia che Berlusconi usa per ottenere il legittimo impedimento.
Il processo breve è stato approvato al Senato ma scommetterei che alla
Camera non lo calendarizzeranno neanche, insomma finirà in un cassetto».
E perché?
«Perché il processo breve gli serve solo per alzare il prezzo della
trattativa. A un certo punto rinuncerà al processo breve per avere in
cambio il legittimo impedimento, cioè la possibilità di non presentarsi
alle udienze dei suoi processi e di ottenere continui rinvii. Guardi,
la trattativa è già in corso e l’Udc, ad esempio, ha detto che se lui
rinuncia al processo breve, vota a favore del legittimo impedimentoı».
E poi che succede? Che c’entra il Lodo Alfano bis?
«Vede, la legge sul legittimo impedimento è palesemente
incostituzionale, e quindi la Consulta la boccerà. Però intanto resterà
in vigore per almeno un anno e mezzo: appunto fino alla bocciatura
della Corte Costituzionale. E Berlusconi nel frattempo farà passare il
Lodo Alfano bis, come legge costituzionale, quindi intoccabile dalla
Consulta».
Mi faccia capire: Berlusconi sta facendo una legge – il legittimo impedimento -che già sa essere incostituzionale?
«Esatto. Non può essere costituzionale una legge in cui il presupposto
dell’impedimento è una carica, in questo caso quella di presidente del
consiglio. Non esiste proprio. L’impedimento per cui si può rinviare
un’udienza è un impegno di quel giorno o di quei giorni, non una
carica. Ad esempio, quando io avevo incarichi di governo, molte udienze
a cui dovevo partecipare si facevano di sabato, che problema c’è? E si
possono tenere udienze anche di domenica. Chiunque, quale che sia la
sua carica, ha almeno un pomeriggio libero a settimana. Invece di
andare a vedere il Milan, Berlusconi potrebbe andare alle sue udienze.
E poi, seguendo la logica di questa legge, la pratica di ottenere
rinvii potrebbe estendersi quasi all’infinito. Perché mai un sindaco,
ad esempio, dovrebbe accettare di essere processato? Forse che per la
sua città i suoi impegni istituzionali sono meno importanti? E così
via. Insomma questa legge non sta in piedi, è destinata a una
bocciatura alla Consulta. E Berlusconi lo sa, ma intanto la fa passare
e la usa per un po’ di tempo, fino a che appunto non passa il Lodo
Alfano bis, con cui si sistema definitivamente».
Come fa a esserne così certo?
«Ho lavorato per anni per Berlusconi, conosco le sue strategie. Quando
ero il suo consulente legale e mi chiedeva di scrivergli delle leggi
che lo proteggessero dai magistrati, non faceva certo mistero del loro
scopo ad personam. E io gliele scrivevo anche meglio di quanto facciano
adesso Ghedini e Pecorella».
Tipo?
«Quella sulla legittima suspicione, mi pare fossimo nel 2002. Gli
serviva per spostare i suoi processi da Milano a Roma. Lui ce la chiese
apertamente e noi, fedeli esecutori della volontà del principe, ci
siamo messi a scriverla. E abbiamo anche fatto un bel lavoretto, devo
dire: sembrava tutto a posto. Poi una sera di fine ottobre, verso le
11, arrivò una telefonata di Ciampi».
Che all’epoca era Presidente della Repubblica.
«Esatto. E Ciampi chiese una modifica».
Quindi?
«Quindi io dissi a Berlusconi che con quella modifica non sarebbe
servita più a niente. Lui ci pensò un po’ e poi rispose: “Intanto
facciamola così, poi si vede”. Avevo ragione io: infatti la legge passò
con quelle modifiche e non gli servì a niente».
Pentito?
«Guardi, la mia esperienza al Parlamento e al governo è stata
interessantissima, direi quasi dal punto di vista scientifico. Ma molte
cose che ho fatto in quel periodo non le rifarei più. Non ho imbarazzo
a dire che ho vissuto una crisi morale, culminata quando ho visto come
si stava strutturando l’entourage più ristretto del Cavaliere.
A chi si riferisce?
«A Cicchitto, a Bondi, a Denis Verdini, ma anche a Ghedini e Pecorella.
Personaggi che hanno preso il sopravvento e che condizionano
pesantemente il premier. E l’hanno portato a marginalizzare – a far
fuori politicamente – persone come Martino, Pisanu e Pera. E adesso
stanno lavorando su Schifani».
Prego?
«Sì, il prossimo che faranno fuori è Schifani. Al termine della legislatura farà la fine di Pera e Pisanu».
Ma mancano ancora tre anni e mezzo alla fine della legislatura…
«Non credo proprio. Penso che appena sistemate le sue questioni
personali, diciamo nel 2011, Berlusconi andrà alle elezioni anticipate».
E perché?
«Perché gli conviene farlo finché l’opposizione è così debole, se non
inesistente. Così vince un’altra volta e può aspettare serenamente che
scada il mandato di Napolitano, fra tre anni, e prendere il suo posto».
Aiuto: mi sta dicendo che avremo Berlusconi fino al 2020?
«E’ quello a cui punta. E in assenza di un’opposizione forte può
arrivarci tranquillamente. L’unica variabile che può intralciare questo
disegno, più che il Pd, mi pare che sia il centro, cioè il lavorio tra
Casini e Rutelli. Ma se questo lavorio funzionerà o no, lo vedremo solo
dopo le regionali».