Ovviamente se la Costituzione fosse stata attuata, anche parzialmente, e non tradita, bypassata, calpestata, la situazione dell’Italia sarebbe quella di una normale democrazia europea alle prese con una crisi economica di notevole gravità e con un fisiologico logoramento delle istituzioni democratiche e della democrazia rappresentativa, ma non di un paese-burlesque, dove conseguentemente la fiducia nei confronti dei partiti è scesa sotto al 4%.
La cosa più incredibile è che si sta registrando sul fronte delle reazioni politiche lo stesso identico fenomeno a cui abbiamo assistito, ormai da venti anni a questa parte, a proposito della corruzione.
Il problema da rimuovere non era e non è la corruzione, ma erano e sono quelli che la perseguono, quelli che come un termometro indicano la presenza della malattia: in primis i magistrati e a seguire i giornalisti che non fanno finta di non vedere, i cittadini che si indignano, i rari politici che l’hanno sempre denunciata.
Oggi il male assoluto, e che a parlare sia Tremonti, D’Alema o Vendola le differenze sono minimali, è il mostro dell’antipolitica, “la bestia che non è mai sazia” secondo la pittoresca definizione del pidiellino Corsaro, “l’onda melmosa gonfia di passioni tristi, di livore che sostituisce l’analisi, di grugniti che prendono il posto della strategia” nella prosa colorita ed immaginifica del governatore della Puglia che si è ben guardato di sbarrare la strada a personaggi come Tedesco, Frisullo o il “compianto” Don Verzé, ovvero “quel diavolo di un prete”.
In contemporanea mentre Massimo D’Alema ha sentenziato, perentorio e tranquillissimo, come se a lui quel 4% o 2% di fiducia per i partiti non lo toccasse minimamente, che “ in crisi è andato il modello dei leader populisti, non è il ’92, sono travolti i non partiti”, Berlusconi esportando il modello del Burlesque dalle aule alla politica, sta per lanciare una specie di predellino-bis, all’insegna ovviamente degli slogan più bassamente populistici e antipolitici.
Se a sinistra continuano a fare finta di niente, ad insultare Grillo o altre presunte icone della cosiddetta antipolitica, a dichiarare che la crisi riguarda il “modello dei leader populisti”, a rivendicare come un diritto acquisito ed intoccabile il finanziamento pubblico, a sentenziare che la colpa sta tutta nella “debolezza dei partiti” e non prendono atto di quanto abbiano contribuito alla degenerazione in atto, potrebbe ancora avere delle chances persino il “nuovo” PDL.
Naturalmente Berlusconi ha capito benissimo che il tema di più immediato impatto sono i soldi, sta vedendo la fine che rischia di fare il suo fidato ex alleato con i finanziamenti pubblici investiti in lingotti e diamanti e di conseguenza il grande progetto curato da Dell’Utri, garante ideale di trasparenza e novità, che si propone come evento epocale si fonda su un maquillage di riciclati pseudo rappresentanti della società civile, ma soprattutto sulla rinuncia, almeno apparente, ai rimborsi elettorali.
Ma davanti alla negazione dell’evidenza e di responsabilità decennali da parte dei leader del PD e dintorni, che sottostimano l’effetto Lusi o derubricano le vicende della sanità pugliese a quasi inevitabili incidenti di percorso e pensano che i problemi di sopravvivenza siano solo in casa leghista, anche il new look del partito- burlesque con le risorse miliardarie, una certa grancassa mediatica e soprattutto “l’appeal antipolitico” del re del teatrino della politica, potrebbe ancora abbindolare una fetta del 35% di elettori che non intendono andare a votare.