Una classe dirigente d'ipocriti

di Carmine Cocorocchio - 02/11/2012
L’Ad della Fiat Auto avvia la procedura di licenziamento per 19 lavoratori come ritorsione alla sentenza di reintegro della Corte di Appello di Roma

Alla decisione del Ad della Fiat, leggiamo sulla stampa, parole di fuoco.

Il ministro dello Sviluppo economico dichiara: "E' un errore la posizione del Lingotto.

Della Valle: "Proteggere il nostro paese da Marchionne e dagli Agnelli".

Il ministro del Lavoro Elsa Fornero "invita la Fiat a soprassedere all'avvio della procedura di messa in mobilità del personale a Pomigliano in attesa della verifica di una possibilità di dialogo che non riguardi solo il fatto specifico, ma l'insieme delle relazioni sindacali".

La roboante dichiarazione del presidente dell'assemblea del Pd e vicepresidente della Camera, Bindi chiede alla “madonna di Civitavecchia”: " chiediamo al ministro Fornero di farsi sentire, con la stessa fermezza e la stessa energia con cui ha difeso la riforma delle pensioni".

Il segretario della Cisl è esplicito: "Con il licenziamento di 19 dipendenti Fiat per reintegrare 19 iscritti alla Fiom, allo stabilimento di Pomigliano,  "i miei iscritti verrebbero danneggiati perché licenziati ingiustamente, tanto che ci muoveremo per tutelarli".

 

Il panorama delle posizioni espresse segnano la ipocrisia della classe dirigente di questo paese.

La decisione di Marchionne è ritorsione a sentenza dello Stato italiano.

Quella sentenza ordina il reintegro di 135 lavoratori perché è stata documentata, nel processo, la discriminazione.

La ritorsione del Ad della Fiat alla sentenza della Corte di Appello è consentita dalla riformulazione dell’art 18 dello statuto dei lavoratori, voluta dal governo Monti passata nel parlamento dei nominati rappresentanti del popolo della Repubblica italiana.

La ritorsione del Ad della Fiat, documenta incontrovertibilmente che la quella riformulazione consente il licenziamento politico discriminatorio.

La posizione del rabbioso Marchionne ha il merito di rivelare che quella modifica non ha nulla di interesse dell’impresa, ma molto di ideologia di classe.

Quella modifica nega al lavoratore il diritto di avere giustizia.

La modifica dell’art 18 nega alla radice il patto Costituzionale voluto dai nostri costituenti.

L’attività dell’impresa nella decisione di Marchionne non c’azzecca un cavolo.

L’attività d’impresa non può prescindere dal coinvolgimento dei lavoratori.

La Fiom è il sindacato maggioritario dei metalmeccanici della Fiat.

Marchionne vuole imporre ai lavoratori la sua rappresentanza.

La posizione di Marchionne riporta il paese al 1948, ai reparti confino, alla formazione dei sindacati gialli, alle discriminazioni e licenziamenti politici emersi dal processo di Napoli.

La riflessione della nostra classe politica, ipocrita, superficiale, non fa i conti con le leggi, volute dal governo Monti, approvate dal parlamento dei nominati, che nulla ha di sovranità del popolo.

La nostra classe politicante tenta di sfuggire responsabilità che hanno nome e cognomi!
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