Una giornata particolare

di Bruno Marchisio - 15/02/2012
La sentenza contro la proprietà dell’Eternit di Casale farà epoca. Il racconto di quella giornata straordinaria di Bruno Marchisio, cittadino di Casale.

La sveglia suona alle 5, mi alzo di scatto, termosifoni ancora spenti, freddo. Ho ancora in mente il pensiero con cui mi sono addormentato e sorrido: allora quando si faceva volantinaggio all’Eternit al primo turno, quello delle 4 del mattino, si andava a dormire tardi, oggi mi alzo presto per andare al processo, alla sentenza del processo.

Si preferiva fare volantinaggio al turno che entrava, così durante il lavoro gli operai potevano discuterne; l’Eternit girava su tre turni e il primo appunto iniziava alle 4. La fabbrica era arrivata ad occupare fino a duemila persone, per Casale era come la Fiat a Torino, era un richiamo per tanti che venivano dai paesi limitrofi, richiamati anche da quell’orario 4-12 che lasciava la possibilità di fare un altro lavoro al pomeriggio, magari in campagna.

L’appuntamento è per le 6,30 in piazza Castello, davanti alla sede dell’AFEVA, l’associazione dei familiari delle vittime dell’amianto. Arrivo con un po’ di anticipo, i pullman sono già tutti schierati fianco a fianco, una vista imponente, motori accesi (c’è gelo, siamo attorno ai -7), li conto, sono 16, ma ne mancano ancora. Saluto gente intabarrata come me, qualche battuta al volo, cerco il mio posto ma non salgo, aspetto che arrivi Assunta Prato * con Anna.

Anna è una nuova amica, abita a Grosseto e quattro anni fa le è stato diagnosticato il mesotelioma. Ha letto del processo, ha visitato su facebook il gruppo “processo eternit” ed ha scritto della sua volontà di esserci alla sentenza. E’ stata ospite di Assunta e stamani sarà dei nostri. Arrivano poco prima della partenza fissata per le sette: la giornata si preannuncia fredda ma serena. Si parte, una lunga fila indiana nel gelo della pianura, salutiamo il Po. Anna è stupita dalla quantità di neve che vede, dalle forme degli alberi con i rami curvi per il peso, le piace quel paesaggio da dottor Zivago, è felice di stare con noi, di esserci, parla della sua malattia come fosse una cosa normale, parla della chemio che pratica, è una persona piacevole, vivace, intelligente. Dopo una mezzoretta vediamo il sole sorgere dietro di noi, basso, rosso, limpido, è ammirata, è un buon presagio, scatta foto, sembra una persona felice. Torino ci accoglie con i suoi viali lunghi e diritti, è una città quadrata, tante bandiere tricolore, traffico ordinato. Scendiamo davanti al tribunale, i movimenti hanno già issato i loro vessilli, bandiere, cartelloni. Ci sono già i pullman dei francesi, davanti al tribunale è già manifestazione. Noi scendiamo con la bandiera “Eternit giustizia” sulle spalle e legata attorno al collo, è il nostro simbolo, ci riconoscono ovunque per quel tricolore sulle spalle. Siamo tanti, proprio tanti, erano preventivate circa 1200 presenze ma siamo di più, molti di più. Il tribunale ha predisposto tre aule, tra cui l’aula magna da 700 posti ma gli studenti vengono dirottati presso un salone della provincia dotato di maxischermo.

Si era saputo della presenza dei movimenti qualche giorno prima, si sapeva che non sarebbero entrati in tribunale e che avrebbero fatto presidio fuori, molti di Casale avevano già scelto di stare con i movimenti, di raccogliere quella grande solidarietà direttamente, da persona a persona. Ci sono i NoTav, il terzo valico, Viareggio, la White di Milano, la sinistra critica, i vari gruppi comunisti, le Officine corsare, gli studenti, i brasiliani, gli alternativi, i gruppi francesi e tanti altri. Stanno montando un gazebo dotato di altoparlanti, manifesti, un banchetto dei NoTav con brioche e torrone. Ci guardiamo negli occhi, ci riconosciamo, siamo persone che per varie ragioni stanno lottando per la propria vita, per la dignità, siamo tutti fratelli. I vigili chiudono la strada al traffico e il blocco durerà fino a sera, la polizia controlla tutti coloro che entrano in tribunale, il servizio d’ordine è discreto ed efficiente. Nessun problema con nessuno, siamo tutti lì per la giustizia. C’è anche il sindaco di Casale e un assessore, nessuno lo contesta, neanche per chiedergli le dimissioni, sue e della giunta, dopo la vigliaccata di aver votato una mozione di indirizzo tesa ad accettare l’offerta di 18 milioni di euro fatta dalla proprietà dell’Eternit, per non arrivare alla sentenza.

Entro nell’aula magna, il colpo d’occhio è imponente: 700 posti a sedere tutti occupati, un maxischermo e tante tv a riprendere con le telecamere. Alle 9,20 entra il presidente Casalbore, dopo pochi preliminari aggiorna la sentenza alle 13,15. Esco in strada, c’è un vago sole, fa freddo ma non c’è gelo, tanta gente, tanti studenti, cartelloni, bandiere, ci si sente uniti, siamo noi, siamo il popolo che non si arrende, che chiede giustizia. Parlo con tante persone, membri di partito coi quali mi trovo subito in disaccordo, tanti amici coi quali mi trovo subito d’accordo, siamo tanti proprio tanti. Torino non si sorprende certo per noi ma la polizia sì, mi perquisiscono al rientro in tribunale e mi dicono che non si aspettavano che fossimo così tanti.

Torno fuori ad attendere al sole: alla partenza ci avevano fornito di un sacchetto ciascuno con dentro un panino, una brioche, un arancio e una bottiglietta d’acqua. Qualcuno adocchia delle panchine al sole in mezzo alla neve e le elegge a libero ristorante ecologico. Dal gazebo parlano in tanti, praticamente tutti coloro che vogliono dire qualcosa ed anche Anna prende la parola. Ha voglia di raccontare la storia della sua malattia, di esternare la sua felicità per essere lì con noi, la voglia di avere giustizia anche lei che si è presa il mesotelioma a Grosseto, dove non c’è certamente una fabbrica di Eternit ma dove ci sono onduline come tetti, come in tutto il resto d’Italia.

E’ molto applaudita, il suo è un intervento commovente, pieno di vitalità, di speranza, di voglia di vivere sapendo di dover morire. Il tempo scorre veloce tra discorsi politici e battute scherzose. In tutti c’è la tensione dell’attesa, siamo quasi certi che i padroni dell’eternit saranno condannati: troppe le prove della loro colpevolezza, ma fin che la sentenza non è emessa non vi è certezza e la tensione resta.

Intanto un po’ tutte le testate giornalistiche, sia televisive che della carta stampata, sono a caccia di commenti, di notizie particolari, tutti vogliono poter andare in onda subito dopo la sentenza, avere già i propri servizi pronti con solo la sentenza da aggiungere.

Vedo Assunta che sta rilasciando l’ennesima intervista; Paola di La7 mi chiede di ricordarle l’intervista a commento della sentenza; una radio mi infila un microfono in bocca e io dico che il sindaco e la giunta si dovrebbero dimettere già dal giorno dopo: hanno mentito spudoratamente alla città sulla proposta Schmidheiny. In qualunque paese civile si sarebbero già dimessi, ma evidentemente l’esempio cui ci siamo abituati in Italia li ha contagiati.

Mangio il mio panino sulla panchina al sole in mezzo alla neve poi rientro per ascoltare la sentenza.

 

Sono le 13,20 ed entra la corte, subito legge la sentenza, tra le prime parole ci sono “condanna gli imputati Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier a 16 anni di reclusione”. Scoppia un lungo applauso, sincero, liberatorio, commosso, la tensione si allenta, la commozione sale, tante le lacrime agli occhi, compostezza e commozione, tanta volontà di ottenere giustizia che viene soddisfatta: sì, giustizia è fatta. Poi segue il lungo, interminabile elenco dei morti e delle parti civili: ascoltiamo col cuore stretto tanti nomi di persone conosciute e che non sono più, è un continuo ricordare tempi lontani e vicini, volti di compagni, amici, parenti, familiari. E’ l’elenco di una catastrofe annunciata, di una strage compiuta volontariamente per poter accumulare ingenti fortune, è il riconoscimento delle tante e buone ragioni della gente comune di fronte ad una multinazionale che sembrava intoccabile.

 

Alle 16,30 il presidente Casalbore termina di leggere l’elenco dei nomi e la sentenza. Inizia l’assalto delle tv e delle radio per avere interviste a caldo.

 

La gente defluisce, la commozione e la soddisfazione è scritta sui volti di tutti, trentacinque anni di lotte per avere giustizia hanno avuto la meglio sui padroni della multinazionale della morte, la lotta della gente operaia, della società civile, dei sindacati, degli ambientalisti, degli studenti ha pagato, ha detto che inquinare e uccidere usando materiali velenosi non paga più, non può pagare mai più, che mai più si dovrà usare amianto per costruire manufatti, che la vita della gente è la cosa più preziosa, che la salute non si vende.

 

E’ una sentenza che ha molto da insegnare ai giovani, sia per la dura e lunga lotta sostenuta per portare sul banco degli imputati i responsabili, sia per quanto successo con la “proposta del diavolo” che ha visto il sindaco e l’amministrazione decidere di accettare di ritirare Casale dalla costituzione di parte civile nel processo in corso e nei processi futuri in cambio di 18 milioni di euro.

 

Risalgo in pullman un po’ infreddolito, ormai si è fatto buio, si riparte per Casale, un po’ tristi ma anche soddisfatti, oggi è una data storica, questa sentenza sta facendo il giro del mondo, è un esempio per l’umanità, è la prima di tale portata e contenuti, farà testo per tanti altri processi. Slaccio la bandiera tricolore “Eternit giustizia” dalle spalle e mi appisolo.

http://www.ilmonferrato.it/processoeternit.php

 

Bruno Marchisio

13 feb 2012

 

* Assunta Prato è membro dell’associazione Familiari delle Vittime dell’Amianto. Vedi in questo nostro sito il suo articolo “ L’offerta del diavolo

 

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