Uno stato a "democrazia limitata"

di Ugo Dinello - Articolo21 - 01/09/2009
"Sì, purtroppo quello che stiamo vivendo è uno Stato a democrazia limitata, in cui l'interesse di tutti è piegato all'interesse di una persona"

Stefano Rodotà, studioso di Diritto civile e coautore, assieme a Franco Cordero (Diritto penale) e Gustavo Zagrebelsky (Diritto costituzionale), dell'"Appello dei tre giuristi" in difesa della libertà di stampa che su "La Repubblica" ha già raccolto 140 mila adesioni, non nasconde la sua preoccupazione di fronte a quello che l'attacco del presidente del Consiglio dei ministri ha portato alla luce: "Un progetto sistematico di riduzione dell'informazione, cioè di riduzione di un diritto dei cittadini tutelato dalla Costituzione: il diritto a sapere ciò che accade nel loro Paese".

D. Un documento, "L'appello dei tre giuristi", i cui autori coprono l'intera panoramica del diritto (civile, penale e costituzionale), una scelta precisa. Il disegno di legge Alfano e le leggi ad personam vi avevano già messi sull'avviso?

R. "Sì, tutti e tre, sia sul disegno di legge Alfano, che sulle leggi ad personam e dintorni, ci eravamo espressi cercando di chiarire il disegno complessivo che tali atti mettevano in evidenza. In realtà l'attacco a "La Repubblica" è perfettamente coerente con l'unica vera politica portata avanti dal governo Berlusconi: liberarsi di ogni forma di controllo. Il Parlamento è stato zittito. La magistratura stoppata. L'informazione è sotto continuo attacco. La televisione è stata "normalizzata". Gli unici luoghi residui dove circola, non dico il dissenso, ma la semplice informazione vengono continuamente messi sotto accusa. Quindi  il disegno di liberarsi di ogni controllo ormai è molto avanti, dato che in una democrazia esiste un controllo formale, svolto da Parlamento e magistratura, e uno informale ma altrettanto importante, svolto dal sistema informativo a favore dei cittadini. Ma solamente una parte della nostra stampa è l'ultimo residuo non
 ancora sotto il controllo del presidente del Consiglio. Questa situazione è sotto gli occhi di tutti. Forse per questo l'appello è stato immediato, sgorgato nel giro di pochi minuti dopo che ci siamo consultati. Ripeto siamo al livello in cui la circolazione dell'informazione e delle idee è messa sotto accusa".

D. Nel vostro appello ai cittadini c'è un passaggio chiave: "Vi è un tentativo di ridurre al silenzio la libertà di stampa, di anestetizzare l'opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale dell'informazione, in definitiva: di fare del nostro paese un'eccezione della democrazia".
 Quello che colpisce più, i termini che fanno accapponare la pelle sono due: "opinione pubblica anestetizzata" e "eccezione della democrazia". Siamo a questo punto?

R. "Tutto il modo in cui la vicenda Berlusconi è stata presentata al Paese dalla maggioranza dei telegiornali, controllati dallo stesso Berlusconi, fa capire chiaramente l'intento. Noi sappiamo che il 69,3 per cento dei cittadini forma la propria opinione sulla base delle informazioni fornite dai soli telegiornali. Se questi vengono confezionati in questa maniera, senza dare la notizia, ma solamente le reazioni del presidente del Consiglio, l'opinione pubblica viene anestetizzata. Un esempio può far capire meglio il concetto: la stampa straniera si occupa con interesse e costanza della vicenda che ha coinvolto il capo del governo italiano. Bene, questo interesse - e siamo nell'epoca dell'informazione globale - viene descritto dal governo nei Tg come un tentativo di "danneggiare il buon nome dell'Italia". Viene trattato cioè come un delitto di "lesa Patria", come in Corea del Nord. Il messaggio è chiaro: i panni sporchi si lavano in famiglia, e solo
 all'interno della famiglia Berlusconi anche se gli effetti coinvolgono tutto il Paese. Ma questo per noi cittadini ha un solo significato pratico: tagliarci fuori dall'informazione che attraversa tutto il mondo. Si è creata una frontiera all'informazione se questa è sgradita al capo del governo. Il fatto che tutto questo accada nel Paese dove la stampa è sotto attacco non è altro che l'emergere e il proseguire, cioè il risultato, di una linea politica perseguita da anni: il controllo da parte dell'attuale presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, della quasi totalità degli organi e addirittura dei canali d'informazione. Ecco perché si può parlare di "eccezione della democrazia".

D. La soluzione che voi fornite al presidente del Consiglio per "smontare le 10 domande" è semplice: rispondere. Dove sta il "danno al buon nome dell'Italia" in questa conclusione logica?

R. "Da nessuna parte. Un uomo politico, un amministratore in tutte le democrazie del mondo ha il dovere di rispondere alle domande e di sottoporsi all'esame dei cittadini. Ovviamente attraverso la stampa. Tutti noi l'abbiamo ripetutamente messo in evidenza.. Tantopiù che queste non sono domande pretestuose, come sostenuto da Berlusconi, ma che scaturiscono da una notizia che riguarda il presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana. Quando la moglie del capo del governo, Veronica Lario, spiega in un'uscita pubblica, e sottolineo pubblica, che il capo del governo ha strane frequentazioni, che ha problemi di moralità, che ha problemi di equilibrio mentale e quando la signora Lario rivolge un disperato appello agli amici del marito affinchè contribuiscano a ricreare tale equilibrio compromesso, ecco, in questo caso è lampante che non si può trattare di una vicenda privata, visto che quest'uomo così descritto è lo stesso che guida il
 nostro Paese. In un sistema democratico normale, in un Paese normale, è chiaro l'urgente bisogno di dare risposta. Oltre a questo la situazione si è aggravata con la vicenda "Noemi", con l'"outing" delle prostitute di Bari che frequentavano il premier, con notizie su festini e altre informazioni gravi. Bene, il capo del governo italiano, prima le ha eluse, poi sugli "house organ" di sua proprietà  e all'interno di programmi a lui vicini ha fornito una serie di versioni nettamente contraddittorie con i fatti accertati. Non solo: versioni che sono state cambiate più volte e che non sono nemmeno compatibili tra loro".

D. Quindi...

R. "Quindi, per il bene della democrazia bisogna uscire da questa situazione, riprendere a ragionare secondo lo stato di diritto democratico. Se il presidente del Consiglio ritiene che le domande poste da "La Repubblica" sono false, allora le smascheri con i fatti. In ogni paese i politici rispondono: devono rispondere, questo è il sistema democratico. Dove si risponde? In Parlamento. Da tempo vi sono in Parlamento interrogazioni e interpellanze al presidente del Consiglio. Invece il presidente del Consiglio non va a rispondere, cioè non va a rendere conto, nemmeno al Parlamento".

D. In un altro passaggio del vostro appello voi richiamate la "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" del 1948. Spiegate che venne "approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell’informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso". L'analogie è forte e preoccupante.

R. "E guardi che sono sempre molto prudente nel fare analogie. Per fortuna un pezzo di stampa libera in Italia c'è. Ma è indubbio che la "Dichiarazione" fu profetica nel suo riferimento alla stampa come all'insieme di coloro che esercitano il diritto dovere di "cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espressione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee". Dice proprio "senza considerazioni di frontiere": la sopravvivenza della democrazia in Italia è sempre più spesso affidata all'occhio del resto del mondo. Faccio un esempio: se il "Pachetto sicurezza" non è così spaventoso e inumano com'era nel testo iniziale previsto dal governo, è solo grazie all'intervento dell'Unione europea. Anche in questa vicenda è l'occhio del mondo che permette di resistere almeno per il momento a questi attacchi. E l'occhio del mondo non è altro che la libera circolazione delle idee e dell'informazione. Non a caso il presidente del
 Consiglio ha attaccato anche la stampa estera, annunciando richieste danni contro di essa e cerca di bollarla come "denigratoria del buon nome del Paese" per limitarne la circolazione in Italia".

D. Ha senso quindi parlare di un "regime mediatico" in Italia?

R. "Come prima rispondo che sono sempre molto cauto nelle analogie storiche. In questo momento viviamo una situazione politica in cui la difesa della democrazia e della legalità è molto faticosa. Siamo ai limiti della legalità. Dire a uno che "vive ai margini della legalità" a casa mia resta un'offesa. E la legalità di uno Stato è rappresentata dalla sua Carta Costituzionale. Oggi il sistema vive ai margini della legalità: questa è l'eccezione Italia, un presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana che combatte contro la Costituzione dello Stato. La Costituzione va difesa. Abbandonare il terreno solido della Costituzione crea uno scenario di "democrazia limitata". Non lo siamo più pienamente. Querelare la stampa per le domande, e sottolineo domande, che essa pone ci fa capire come il sistema democratico non sia più totalmente in essere".

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