Urla dal profondo nord

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 26/07/2011
Le stragi di Oslo e di Utoya raccontano di malesseri profondi, anche in una società come quella norvegese fra le più progredite e liberali del mondo.

Le cronache di questi giorni sono pieni dell’orrore di un massacro insensato: un’auto bomba che esplode nel centro di Oslo, una delle città più tranquille d’Europa, e la strage di 90 ragazzi radunati nell’isola di Utoya, in un campo laburista, feriti e uccisi da raffiche di mitra per mano di un neonazista.

La Norvegia è ai primi posti, con Finlandia e Svezia, nella classifica mondiale dei paesi più ricchi e più economicamente solidi. Paesi in cui i cittadini sono garantiti sotto ogni punto di vista da un solido welfare: dall’assistenza sanitaria alla pubblica istruzione, all’indennità di disoccupazione, al sostegno alla vecchiaia e alla difesa e protezione dell’ambiente e in cui le tasse le pagano tutti e in proporzione a quanto possiedono.

E allora questo Anders Behring Breivik, che vive nel benessere di un paese civile, rispettoso della persona umana, socialmente equilibrato, come e perché si è trasformato nel mostro, nel pazzo, nell’assassino, nel macellaio di quasi un centinaio di persone, progettando e realizzando questo scempio con tanta efferatezza?

Le cose che dice sono frutto di un delirio mentale fatto di cieco odio razzista e di incredibile stupidità: ha detto, infatti, che la strage era "necessaria per salvare la Norvegia e l'Europa dal marxismo culturale" e dall'invasione di musulmani. La scusa più miserabilmente idiota che si sia sentita. E’ già sufficientemente stupido pensare che uccidendo dei giovani laburisti si cancelli la sinistra ( lascerei da parte un concetto così improprio, vago e insensato come “marxismo culturale”), ma come tutto questo scempio di vite umane cristiane e norvegesi può fermare l’ “invasione dei musulmani”?

Però è vero che appena si è saputo dell’ autobomba tutti hanno subito gridato all’attentato islamico! Il che la dice lunga sul latente razzismo che c’è in tutti noi europei cristiani. E forse dunque non si deve cercare troppo lontano per trovare le radici dell’intolleranza, del pregiudizio e del fanatismo che hanno alimentato la mente bacata di Breivik. Ma non solo la sua, non c’è bisogno infatti di salire fino in Scandinavia per sentire certe sparate: anche da noi qualche leghista come Borghezio, ha espresso gli stessi concetti intrisi di stolido razzismo, mobilitato in difesa della purezza di una razza ariana, che non si capisce perché dovrebbe essere meglio delle altre, data la sua intollerante e ottusa aggressività.

Ma dietro la follia di Breivik c’è di più.

Forse la Norvegia non è quel paese così tranquillo e sereno che si crede. Intanto è pieno di movimenti neonazisti, come la Svezia e la Danimarca. Per chi come me è un attento lettore di letteratura noir, non è una sorpresa scoprire che il profondo nord ( molto di moda in questi anni) è preoccupato dalla quantità e dalla violenza dei movimenti ispirati al nazismo, all’intolleranza etnica e religiosa che stanno dilagando in tutta la Scandinavia. Una preoccupazione che emerge nettamente dai romanzi di Stieg Larsson, svedese, giornalista ed esperto proprio di organizzazioni di estrema destra, oltre che consulente di Scotlan Yard. Anche un altro scrittore svedese Leif G.W. Persson nei suoi thriller parla di movimenti neonazisti, come anche Henning Mankell, creatore del commissario Kurt Wallander. E lo scrittore e psicologo norvegese Kjell Ola Dahl non fa eccezione, come il musicista e giallista Jo Nesbø.

La cultura, l’arte, la letteratura nordica hanno per sfondo paesaggi irrigiditi dal gelo, chiusi nel silenzio bianco di distese innevate, di fiordi profondi, o l’interno di case intristite dal grigiore di cieli pesanti e da una profonda incomunicabilità fra le persone, quasi che il grande silenzio della natura penetri nelle case e avvolga le persone.

Non è un caso che Henrik Ibsen abbia raccontato nel suo teatro questi interni borghesi, rigidi, infinitamente tristi, ipocriti, misantropi e Munch abbia dipinto “ L’urlo” e abbia scritto per spiegarne il senso « Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura. »

E’ lo stesso urlo, le stesse grida che Ingmar Bergman ha trasfuso nei suoi film. E’ una violenza pacata che cova sotto il freddo della neve come la lava di un vulcano e che esplode all’improvviso come uno di quei geiger che soffiano il loro fiato infernale, sollevando sbuffi di vapore e polvere. E’ lo stesso terribile urlo, che si esprime in un numero altissimo di suicidi e di morti per overdose, sia in Norvegia, che in Svezia.

Purtroppo questa violenza lo stragista di Oslo l’ha rivolta contro gli altri. Pare che non fosse solo, che dietro a lui ci fossero altri complici, tutti appartenenti a qualche gruppuscolo estremista di destra. Non sarebbe dunque il gesto isolato di un pazzo, ma dietro ci sarebbe una strategia, per quanto folle e sgangherata. Dunque il benessere economico, la pace sociale, il rigore e l’onestà di chi governa non bastano: il malessere può crescere anche in società avanzate, privilegiate e può manifestarsi anche con atti così estremi. Che fare allora? Come prevenire gesti così sconsiderati? Qualcuno chiede maggior controllo di polizia. A me pare che uno stato di polizia sia proprio la scelta peggiore che si possa fare e per altro assolutamente non risolutiva: chiunque può confezionarsi una bomba ( c’erano fino a ieri su internet dei siti in cui veniva spiegato con dovizia di particolari ogni singolo passo per diventare terroristi) e farla scoppiare da qualche parte. Sono le teste delle persone che vanno cambiate: è la cultura, la tolleranza, la conoscenza, che possono fare la differenza. E’ insomma la civiltà che può vincere la barbarie, non certo altra violenza.

Per questo non abbiamo dubbi sul fatto che – per quel che riguarda il nostro paese – non saranno certamente dirigenti e governanti come i nostri a poter cambiare le cose. A meno che si dimettano e se ne vadano tutti. Nessuno escluso. Allora si potrà ricominciare "Quando le grida e i sospiri saranno passati", come dice il profeta Geremia.

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