LICEO CORTO, VIZIO LUNGO

di Gigi Monello - 24/09/2017
Siccome mercato interno ed estero ingurgitano senza sosta diplomati e laureati, è giusto forzare il passo, non regalando a nessuno il vantaggio di fare in 4 anni, ciò che noi facciamo in 5. Problema di quantità, insomma. È l'unica ragione (discutibile) a favore del liceo breve. Ingurgita, per caso, il mercato? Ma figurarsi. Fumo negli occhi, dunque. Le ragioni del botto d'Agosto devono essere altre; più in linea con la usuale inclinazione al machiavello.
 
Tira aria di resa dei conti: il Gentiloni saluta a Marzo; in primavera ci si gioca tutto: fortune personali e destino del paese (quando si dice la combinazione). O l'avventura rampantista riparte o finisce per sempre (a naso, buona la seconda). Può il ministro tacere? Non può. Deve fare notizia, metter mano alla tela di Penelope e fare anche lei quello che tutti hanno già fatto: riformare. O dire di volerlo fare.
Liceo corto, dunque: giovani più presto al lavoro; un anno risparmiato; lo fanno in Europa (falso, sono molti a non farlo); si comincia con 100 classi e, se funziona, si fa tutti così. Manca solo la lacrimuccia ipocrita sui bassi stipendi e l'accenno all'obbligo a 18 anni: che arrivano puntuali. Il piatto è servito: TG e WEB per ore 24 non smettono di macinare, dimodoché dal mare ai monti non si parla d'altro che della nuova pensata. Vantaggi? I liberisti plaudono al taglio di spesa (1.380 milioni); un certo praticismo qualunquista, alla saggezza del buon tempo antico: “a che serve studiare tanto? Andè a lavurà!” Come con la Buona Scuola, l'anima del turbo-pedagogismo di governo è ragioneria ed estetica dell'azione: la cassa e la grancassa.
 
Certo, a guardare il dettaglio di questo ennesimo esperimento, viene da compatire le cavie: stessi programmi, medesimi esami finali, orario potenziato da 900 a 1000 e passa ore annue; sesta ora di lezione (chi già la fa, riferisce che vale il 30/40% di un'ora normale); alternanza scuola-lavoro possibilmente tutta nelle vacanze natalizie, pasquali ed estive (ci crederò quando lo vedo); una materia tutta in inglese in terza e in quarta (servirà ad imparare la materia o ad imparare l'inglese?). L'impressione è di cosa non troppo meditata: fosse per caso un pacco? Niente affatto: dalle traboccanti adunate cielline (l'effimero teologico-litoraneo) scende il verbo sereno: “non ci sarà tanto una riduzione nella quantità dei contenuti, quanto una innovazione qualitativa degli stessi”. Frasetta nebulosa: non serve neppure attivare le funzioni corticali superiori, bastano le sole narici per classificarla al volo nella riverita categoria del “suona bene ma non significa un fico”.
 
Bello sarà vedere tanto per dirne una come i diretti interessati faranno entrare dentro terzo e quarto scientifico già, di loro, pienotti Induzione elettromagnetica, Equazioni di Maxwell, Relatività ristretta, Modelli atomici, Crisi della fisica classica e Meccanica quantistica; temini del 5°anno. Basteranno gli abracadabra della didattica laboratoriale e del potenziamento tecnologico? O si arriverà agli elettrodi a ventosa sul cranio prima di andare a dormire? In attesa di sapere che ne sarà di questa pubblica istruzione modello Scientology, ai prossimi fortunati l'augurio del Chiambretti: “Comunque vada, sarà un successo”. Formativo.
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