Ancora il solito sesso???

di maria pia pizzolante - 15/07/2011
Ignorare il problema della rivoluzione sessuale è stata, da parte degli storici, una svista troppo vistosa perchè la si possa ritenere accidentale. Kate Millet, La politica del sesso

Una svista troppo vistosa. Che succede? Ci stiamo dimenticando del sesso? Non ne vogliamo parlare per pudicizia? Il partito dell’amore e il monopolio sul sesso appartengono ad un’altra parte politica, che ne fa l’uso che gli pare e noi che su questo abbiamo riflettutto, scritto, fatto autocoscienza, abbiamo perso le parole? E’ più semplice glissare sull’argomento? In rete perfortuna si trovano ancora blog interessanti (fruiti non solo da ragazze, le quali sanno bene far politica anche fuori dal web) , gli studi di genere (postcolonial, queer) nelle università hanno tutt’ora il “coraggio” di discuterne (e non devono rimanere elite distante dai messaggi passabili), nelle librerie o case delle donne ci sono gruppi che portano avanti le riflessioni (che a volte peccano nel confronto con l’esterno, ma spesso è colpa del mainstream) . Senza copertura mediatica naturalmente.


Poi lunedì in prima pagina su la Repubblica un articolo di Erica Jong, dal titolo “Se la passione non accende più il cuore delle ragazze” mi fa letteralmente sobbalzare. Quale passione? Io sento tanta passione in tutto ciò che mi circonda, nei cuori e nella testa di generazioni di donne e non solo: “Il sesso scombussola e distrae, rende impermeabile a soldi, idee politiche e legami familiari. E a volte mi viene da pensare che la nuova generazione abbia voglia di rinunciarci”. Ma di quale nuova generazione parliamo? “Ossessionate dalla maternità”?, no, cara Erica, così ci vogliono dipingere.


Allora mi sono immaginata che Erica Jong e tant* altr* devono aver visto le rappresentazioni di Siena. La due giorni di Se non ora quando deve aver fornito una certa immagine rosa delle donne italiane etero e di mezza età, che va bene per un target preciso, ma non è IL movimento delle donne questo. Ne è una faccia, ne siamo consapevoli noi giovani, lesbiche, trans, migranti, precarie, multisfaccettate, di diverse classi sociali, complesse. E le semplificazioni non fanno sempre bene. Vogliamo gridarle le nostre differenze, parlare dei nostri sguardi sul mondo, perchè altr* potrebbero volerne sentire. Solo lavoro e maternità?


Invece a noi il sesso piace e ci determina, e la maternità non è sempre in cima ai nostri pensieri, o per lo meno, non è in cima ai nostri pensieri, alle nostre ansie quotidiane, frutto di una precarietà esistenziale e non (solo) lavorativa, non è nella lista della spesa che vorremo presentare a chi ci governa, a chi ci ha messe al mondo e a chi pensa di poterci rappresentare strette in un binomio che non ci appartiene. Effettivamente culturalmente siamo un pò tornati indietro, il clima e soprattutto i racconti dei giornali o dei mezzi di comunicazione di massa ritraggono ancora solo scene patetiche, la fissità della dicotomia occidentale bene/male, impedisce di uscire dallo sguardo giudicante: sante o puttane. Non ci ritroviamo nelle descrizioni, ma si nei nostri corpi. e grazie alle nostre madri e ai tanti femminismi che ci appartengono, come appartengono a generazioni di uomini che grazie ad essi si sono liberati, ne siamo più proprietarie, li sappiamo usare meglio e spesso non ci facciamo coinvolgere in analisi e ripensamenti, proprio perchè siamo soddisfatte.

“Satisfaction” dicevano loro, “love game” diciamo noi con Lady Gaga, e beninteso, non si tratta di frivolezze, ma di consapevolezze: “vuoi l’amore o vuoi la fama?”, sappiamo scegliere, perchè il sesso è potere (basta parlare di sesso e potere), è potere di scegliere, di non scegliere, di godere, di rendere schiav* e di liberare.

C’erano poche ragazze a Siena, c’erano poche lesbiche e nessun trans, c’erano una sola donna col velo, e c’erano anche pochi uomini. Qualcuna ha lanciato dei messaggi diversi, ma non è stata ascoltata o forse recepita. Io mi sono sentita spettatrice non partecipante. I palloncini rosa non mi rappresentano, preferisco il giallo, il verde, l’azzurro, il viola, il rosso (rainbow, perchè le donne possono rappresentare tutto questo), il sesso e la passione che mi porta ad analizzare i dati forniti dalla direttrice dell’Istat non come l’elenco delle sfighe e nemmeno come punto di partenza per una rivendicazione meritocratica, ma come molla per il riscatto, che parte da un’assunzione di responsabilità nei confronti di una condizione di precarietà esistenziale (lo ripeto perchè troppe volte a Siena era solo lavorativa) che dilania la mia autodeterminazione. Il sesso, il reddito garantito e un sistema di welfare per tutt* sono le risposte che mi interessano. La maternità, il lavoro, la paternità obbligatoria sono scelte e come tali vengono dopo, prima la vita (se non ora quando?) senza se e senza ma, adesso!

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