Attuare la Costituzione: partiamo da come si garantiscono i diritti sociali

di Claudio Mazzoccoli - 09/01/2018

Ci sia consentito, innanzitutto, di fare gli auguri alla nostra Costituzione. Samo orgogliosi di averla, di conoscerla, di diffonderla. Siamo orgogliosi di averla difesa con le unghie e con i denti il 4 Dicembre, sottraendola ad un pessimo tentativo di stravolgimento. E siamo nuovamente qui, nel 2018, pronti a difenderla ancora, perché non è solo attraverso tentativi diretti di cambiamento che la Costituzione viene attaccata. Attacchi subdoli sono proprio quelli che vengono portati attraverso leggi che, ledendo il patto costituzionale, tentano di introdurre norme che poco o nulla hanno a che fare con il disegno che Padri e Madri Costituenti hanno impresso nella Carta Costituzionale o cercano di disegnare uno stato la cui struttura collide con essa. Nel campo delle leggi si potrebbe fare un elenco lunghissimo di "orrori" che andrebbero eliminati con un serio esercizio di analisi costituzionale. La Legge, come sappiamo, insieme al voto ed alle altre forme in cui possono esprimersi le opinioni e la sovranità popolare (referendum, petizioni, proposte di iniziativa popolare, le libere manifestazioni fino allo sciopero), è lo strumento principale attraverso il quale il popolo sovrano esprime la propria volontà: è il modo in cui il popolo si governa. La Legge è comunque soggetta alla Costituzione e non può sovvertirla né essere in contrasto con essa in quanto il popolo può esercitare la sua sovranità "nelle forme e nei limiti" definiti proprio dalla Costituzione. Sappiamo sin dalla scuola (o dovremmo sapere dalla scuola) che questo è il significato del secondo comma dell'Art. 1 "La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione." Questa premessa è d'obbligo nel momento stesso in cui vengono presentate alla opinione pubblica delle proposte come quella della "FLAT TAX" e diventa ancor più necessaria quando queste, da elementi sbandierati per pura propaganda, diventano elementi centrali del programma elettorale di alcune forze politiche. Prima di scendere in maggiori dettagli, ci sia consentito ribadire che la Costituzione rappresenta il limite oltre il quale non può e non deve spingersi il legislatore e che a nulla vale prendere a pretesto la cosiddetta "investitura del popolo", mantra fin troppo spesso ripetuto da alcuni personaggi politici di ogni colore che, convinti dal loro smisurato "ego", considerano una vittoria lle elezioni come la incoronazione, il lasciapassare personale che consente, "tout court", di legiferare a proprio piacimento, senza porsi limiti e, soprattutto, ignorando quelli imposti dalla Costituzione, vista come l'avversario da sconfiggere. Tutto il Costituzionalismo Occidentale si basa invece proprio sul concetto di limitazione del potere delle maggioranze, imponendo il dialogo con la minoranza che, quale espressione di una parte del popolo, ha comunque voce nelle decisioni. Veniamo quindi al tema del giorno: Silvio Berlusconi, e prima di lui, Matteo Salvini, perorano la causa della Flat Tax, ovvero la "imposta ad aliquota unica", detta anche "imposta proporzionale". Consideriamo importante che i cittadini conoscano, prima delle elezioni, cosa significa questo principio, a chi conviene e quali principi costituzionali essa sovverte. Tornare indietro di ben 170 anni ! E' questa la trovata di Matteo Salvini e di Silvio Berlusconi, che propongono una “Flat Tax”, cioè un’aliquota fiscale unica (con aliquote che oscillano attorno al 20%) . Infatti la tassazione proporzionale era stata inserita nell’art. 25 dello Statuto Albertino approvato il 4 marzo 1848: «Essi (cioè i cittadini) contribuiscono indistintamente, nella proporzione dei loro averi, ai carichi dello Stato». Quasi cento anni più tardi, il 23 maggio 1947, l’Assemblea Costituente elaborò il testo dell’art. 53 della Costituzione Repubblicana tuttora vigente: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».

Non solo!

Sia Salvini che Berlusconi definiscono “rivoluzionaria” una proposta della “tassazione ad aliquota unica”. In effetti, se attuata, sarebbe in assoluto contrasto con l’art. 53 della Costituzione. Pertanto, anche se è stata presa in considerazione in paesi che hanno altre costituzioni, è da rigettare in un paese come il nostro in quanto non può appartenere ad una Costituzione che ha negli articoli 2 e 3 la base della Uguaglianza Sostanziale, della Solidarietà sociale, della Democrazia. ( è da notare anche che studi appena usciti mostrano gli insuccessi derivanti dalla applicazione di questa forma di tassazione (http://www.econopoly.ilsole24ore.com/...). D’altra parte è evidente che si tratta di una proposta che sarebbe più corretto definire di “restaurazione”, poiché vorrebbe ripristinare di fatto l’impostazione fiscale dello Statuto Albertino, che i Costituenti avevano decisamente superato. Basta leggere le pagine dei Verbali della Assemblea Costituente da 4202 a 4208, in cui gli stessi Costituenti, il 23 maggio 1947, impartiscono a tutti la lezione fondamentale di diritto tributario. L'On. Salvatore Scoca ci spiega le motivazioni che hanno portato a scegliere il criterio della progressività in luogo della "Flat Tax": «Non si può negare che una Costituzione la quale, come la nostra, si informa a principi di democrazia e di solidarietà sociale, debba dare la preferenza al principio della progressività. Ho sempre pensato che chi ha dieci mila lire di reddito e ne paga mille allo Stato, con l'aliquota del 10 per cento, si troverà con 9 mila lire da impiegare per i suoi bisogni privati; mentre chi ne ha centomila, dopo aver pagato l'imposta del 10 per cento in base alla stessa aliquota, si troverà con una disponibilità di 90 mila lire. È ovvio che per pagare l'imposta il primo contribuente sopporta un sacrificio di gran lunga maggiore del secondo, e che sarebbe equo alleggerire l'aggravio del primo e rendere un po' meno leggero quello del secondo». Sono parole di una semplicità disarmante e che, appunto, disarmano qualunque tentativo di restaurazione di una forma di tassazione che apre la strada alla fine della Uguaglianza Sostanziale, della Solidarietà sociale, della Democrazia. Il Costituente chiude questa parte del suo intervento con la seguente espressione "Si può discutere sulla misura e sui limiti della progressione; non sul principio". Potrebbe bastare questo per rimandare la proposta al mittente.

Ma non è tutto qui.

Nelle parole di Scoca leggiamo anche la risposta alla domanda "cui prodest ? " (a chi conviene ?) che abbiamo posto. Imponendo il principio proporzionale, chi possiede meno risorse subisce un carico superiore di chi ha ben di più. Quindi, contrariamente a quanto sbandierato dai proponenti, la maggior parte degli Italiani starebbe a vedere gioire i più ricchi, i quali non solo pagherebbero ancor meno di quello che sono chiamati a versare oggi (le aliquote fiscali più basse, come sappiamo, si sono alzate mentre quelle più alte si sono ridotte...) , ma il loro concorso alle spese pubbliche sarebbe addirittura risibile rispetto a quanto sarebbero chiamati a versare se il disegno costituzionale trovasse effettiva attuazione.

Ma non è ancora tutto.

Dietro la Flat Tax si scorge il tentativo di lasciare ancora più libero il campo al disegno neo-liberista, quello che pretende la scomparsa di ogni forma di solidarietà insieme alla cancellazione dello stato sociale, dei servizi pubblici a cominciare dalla Sanità per proseguire con la Scuola, i Trasporti e via discorrendo. E questo chiude il cerchio, disegnando uno Stato che è l'esatto contrario di quello disegnato dalla Costituzione. Inutile dire che laddove un disegno come questo dovesse malauguratamente tramutarsi in legge, finirebbe quasi certamente sotto l'occhio della Corte Costituzionale che non potrebbe se non dichiararlo non conforme ai principi costituzionali. Questo, in estrema sintesi, è quello che i cittadini dovrebbero conoscere per valutare una proposta come quella di Salvini-Berlusconi.
Noi di "Articolo 53" siamo fra quelli che, da tempo, si impegnano per il cambiamento del Sistema Fiscale. Noi, a differenza dei due signori prima indicati, vogliamo farlo per ricondurre il Sistema Fiscale nel solco della Costituzione, chiedendo di applicare nella sua forma integrale l'articolo 53, quello che Padri e Madri Costituenti impressero nella Costituzione il 23 maggio 1947, esattamente 15 giorni dopo che, nella seduta dell'8 maggio 1947, erano stati chiesti il depotenziamento se non la cancellazione di alcuni articoli legati ai diritti (in particolare quelli del lavoro) con la giustificazione che l'Italia non sarebbe mai stata in grado di garantire quei diritti ai cittadini. Si veda l'intervento dell'On. Francesco Saverio Nitti che sembra riecheggiare in tanti discorsi sulla presunta insostenibilità dello stato sociale in Italia ".. E noi ci mettiamo a garantire qui, seriamente, che daremo alle famiglie un altro tenore di vita. Non potremo dare mai ciò che l'Italia non ha mai avuto. Avendo adottata la formula politica che abbiamo adottato, non dobbiamo screditarla, promettendo cose che l'Italia non può ora e non potrà dare né meno in avvenire prossimo". I due principi della determinazione degli imponibili nel loro esatto ammontare e la progressività fiscale, insiti nell'articolo 53, hanno rappresentato la risposta dei Costituenti a chi, come Nitti, chiedeva "Come faremo a garantire i diritti a tutti ?" . Non possiamo, per brevità e per non rischiare di deviare rispetto al tema che ci siamo proposti scrivendo questa lettera, discutere di altri argomenti inerenti il Sistema fiscale italiano. Per questo rimandiamo all'ampia bibliografia che accludiamo in fondo. Permetteteci di chiudere queste considerazioni con una espressione dell'On Scoca in Assemblea Costituente, sempre il 23 maggio 1947: "Non è questo il momento più opportuno per attuarla, ma credo necessario che si inserisca nella nostra Costituzione, in luogo del principio enunciato dal l'articolo 25 del vecchio Statuto, un principio informato a un criterio più democratico, più aderente alla coscienza della solidarietà sociale e più conforme alla evoluzione delle legislazioni più progredite".
A tutti coloro che, al contrario, sembrano inseguire le rimostranze dei ricchi e dei potenti, da sempre desiderosi di sottrarsi ai propri obblighi fiscali, dedichiamo un celebre passo tratto da un discorso di Giolitti del settembre 1900 “... il paese, dice l’On. Sonnino, e' ammalato politicamente e moralmente, ed e' vero; ma la causa più grave di tale malattia e' il fatto che le classi dirigenti spesero enormi somme a beneficio proprio quasi esclusivo e vi fecero fronte con imposte, il peso delle quali cade in gran parte sulle classi più povere; noi abbiamo un gran numero di imposte sulla miseria: il sale, il lotto, la tassa sul grano, sul petrolio, il dazio sul consumo, ecc… Non ne abbiamo una sola che colpisca esclusivamente la ricchezza vera; perfino le tasse sugli affari e le tasse giudiziarie sono progressive a rovescio; quando nel 1893, per stringenti necessita' finanziarie, io dovetti chiedere alle classi più ricche un lieve sacrificio, sorse da una parte delle medesime una ribellione assai più efficace contro il governo che quella dei poveri contadini siciliani, e l’On. Sonnino, andato al governo dopo di me, dovette provvedere alle finanze rialzando ancora il prezzo del sale e il dazio sui cereali. Io deploro quanti altri mai la lotta di classe; ma, siamo giusti: chi l’ha iniziata ?... “

Associazione "Articolo 53"
3 dicembre 2018

DANNI DISCONOSCIUTI DELLA LEGGE FORNERO

Maurizio Sbrana - Liberacittadinanza
26 ottobre 2018
16 ottobre 2018

Un pericoloso atto di autolesionismo

Giuristi Democratici, Articolo 21, vedi altri in fondo all'articolo
22 settembre 2018