Il confine

di Francesco Baicchi - 13/04/2014

Ho sempre considerato qualunquistico e inaccettabile il superamento della distinzione fra 'sinistra' e 'destra'; negare la contrapposizione fra modelli sociali diversi riduce la politica a un fatto freddamente tecnico e cancella l'aspirazione a una maggiore 'solidarietà politica, economica e sociale' che è alla base dello sviluppo della civiltà.

E' invece innegabile che il confine che determina più nettamente i due campi non è sempre stato lo stesso e deve essere definito di volta in volta nel tempo e nello spazio.

Nell'attuale momento storico, nel nostro Paese questo confine si colloca senza dubbio sul piano dei meccanismi istituzionali, e separa chi pensa che le cittadine/i debbano poter intervenire nelle scelte politiche e contribuire a determinare il loro futuro da chi ha una visione oligarchica e accentratrice del potere, che nasconde con argomentazioni efficientistiche.

La ossessiva campagna di disinformazione del segretario del PD, sostenuta da quasi tutti i grandi strumenti di comunicazione nazionali, passivi ripetitori delle sue argomentazioni, costituisce già una scelta di campo, perché se la conoscenza oggettiva dei fatti è condizione essenziale per un corretto processo decisionale, il ricorso al linguaggio mirabolante e ingannevole da perenne campagna elettorale costituisce già la negazione della democrazia.

Dopo il ventennio berlusconiano, caratterizzato da una produzione legislativa orientata essenzialmente a garantire impunità e privilegi all’uomo di Arcore e ai suoi tanti amici e sostenitori, ma anche dalla incapacità del cosiddetto ‘centrosinistra’ di proporre e realizzare comportamenti alternativi, ora è il momento dell’attivismo fine a se stesso, della ‘velocità’ che prescinde dalla direzione di marcia.

Le conseguenze delle ‘riforme’ istituzionali che dovrebbero essere approvate da parlamentari di dubbia legittimazione (perché individuati con una legge incostituzionale) e sottoposti al ricatto della fine della legislatura, sono già state ampiamente analizzate: tutto il potere politico potrebbe finire nelle mani di un uomo solo, magari scelto solo da una piccola minoranza di elettori. Quest’uomo potrebbe governare a colpi di decreti, che una sola Camera (con una maggioranza nominata da lui) dovrebbe solo convalidare formalmente. La stessa maggioranza (cioè sempre Lui) potrebbe inoltre nominare il Presidente della Repubblica, condizionare Corte Costituzionale e CSM, approvare modifiche alla Costituzione o a quello che ne resterebbe.

Considerando l’assurdo egocentrismo dei tre leader degli attuali principali partiti si tratta, in ogni caso, di una prospettiva agghiacciante.

Questa negazione dei fondamenti della democrazia (non casualmente concordata con Berlusconi) viene presentata come ‘indispensabile’ e urgente per affrontare i problemi della crisi socio-economica (aderendo quindi alla analisi a suo tempo esposta da J.P.Morgan), e se ne attribuisce addirittura la richiesta alla UE. Come se il maggior problema dei nostri partner europei fosse la possibilità o meno per gli Italiani di scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento esprimendo una preferenza, o il numero dei componenti del nostro Senato, e non, per esempio, il recupero della competitività, ottenibile più con una diversa distribuzione delle risorse in favore della ricerca e degli investimenti, che con l'ulteriore aumento della precarietà.

Il tentativo di giustificare questa compressione insopportabile del diritto alla rappresentanza con la necessità di accelerare l’iter legislativo mostra la corda: il nostro problema non è certo produrre più leggi (siamo il Paese al mondo che forse ne ha di più), ma approvare norme coerenti e comprensibili, non condizionate dalle esigenze di favorire amici e sponsor; inoltre interventi ai regolamenti parlamentari sarebbero sufficienti allo scopo. Anche le motivazioni economiche appaiono risibili: il ‘risparmio’ appare limitato, a fronte delle dimensioni di altri problemi, che invece vengono ignorati o affrontati con una minore decisione: evasione fiscale, corruzione e sprechi.

Anche su questo piano la propaganda sostituisce l’informazione: il ‘rinnovamento’ e la ‘rottamazione’ vengono affidate a un governo e una maggioranza nella cui composizione sono presenti inquisiti e imputati di pesanti reati contro la pubblica amministrazione; e lo stesso Presidente del Consiglio sembra avere più di uno scheletro nell’armadio.

Mentre la proclamata ‘spending review’ continua ad ignorare le praterie della spesa militare e delle ‘grandi opere’ inutili e dannose.

Il rifiuto del contraddittorio anche con chi rappresenta ampi strati della cittadinanza, e gli attacchi personali a quanti esprimono dissenso, accusati arrogantemente di conservatorismo e rifiuto delle innovazioni quando non di interessi inconfessabili, è una ulteriore riprova della debolezza delle motivazioni proclamate e del tentativo di nascondere quelle reali.

Il rischio di una irrimediabile svolta autoritaria è insomma concreto, e dovrebbe superare le logiche di appartenenza e le discipline di partito.

Pensare di rinviare a dopo le elezioni europee un serio confronto, pubblico e trasparente, sulle reali motivazioni e le conseguenze prevedibili della approvazione di queste riforme istituzionali mi sembra una colpevole ingenuità.

Una vittoria elettorale rafforzerebbe l'atteggiamento intollerante dell'aspirante 'uomo solo al comando', che potrebbe finalmente vantare, oltre al favore del Colle, una qualche legittimazione popolare (attualmente assolutamente assente).

A quanti nel PD sono coscienti dei pericoli che corriamo non rimane che ridimensionare l'identificazione del partito con l'attuale segretario pro-tempore, rifiutando l'imposizione di scadenze tattiche e dichiarando esplicitamente la propria indisponibilità a rendersi corresponsabili di scelte irreversibili.

3 dicembre 2018

DANNI DISCONOSCIUTI DELLA LEGGE FORNERO

Maurizio Sbrana - Liberacittadinanza
26 ottobre 2018
16 ottobre 2018

Un pericoloso atto di autolesionismo

Giuristi Democratici, Articolo 21, vedi altri in fondo all'articolo
22 settembre 2018