Elezioni 2018 e liste elettorali: cambiare musica, orchestrali e regole d’ingaggio

di Antonio Caputo - huffingtonpost.it - 30/01/2018

Ugo Sposetti, già storico tesoriere dei Ds, il difensore a oltranza dei vitalizi, senatore uscente epurato dalle liste renziane del Pd, sbotta e definisce il suo capo "delinquente seriale che ci fa perdere i giovani". Un'espressione un po' forte, possibile frutto di delusione personale. Se fosse stato candidato avrebbe usato altre parole, credo. Perlomeno, a differenza di un tempo non troppo lontano, il "purgato" costretto a confessare allora crimini inesistenti, si sfoga. Aumentando il senso di confusione generale, di anomia e inarrestabile personalizzazione della politica.

Così fan tutti peraltro, in un contesto in cui più si personalizza, più vien meno, insieme con il concetto stesso, e la pratica, di una buona democrazia rappresentativa, la stessa leadership: resta sullo sfondo l'immagine deforme di Cesare, il dittatore democratico secondo la definizione di Luciano Canfora sostituito dal Napoleonide di turno, in stile 18 brumaio. Con tanto di affossamento del parlamento.

Verrebbe da dire che la maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il Re è il re, non si rende conto che in realtà il re è Re perché essi sono sudditi. Così fan tutti nell'era dei partiti personali e della democrazia "recitativa" di cui parlava Abrahm Lincoln.

Se le vecchie culture politiche novecentesche non fanno presa, la fiducia e la lealtà personale o anche i vincoli parentali, i cerchi amicali, anche non magici, sostituiscono la naturale selezione dei rappresentanti del popolo sovrano.

Un sovrano detronizzato, sostituito come nell'età feudale che costruì il concetto di rappresentanza politica intesa come sostituzione del rappresentato, da chi in braghe di tela patisce una candidatura o meglio l'investitura del capo.

Sono i frutti di una legislazione elettorale, il Rosatellum da ultimo, che in modo clamoroso sottrae all'elettore la possibilità di scegliere. Ma anche di essere scelto. È pur vero infatti che se non ti mettono in lista la preferenza non può nemmeno esserti data. E se anche ti mettessero la preferenza prima che a Te va a chi ti ha messo in lista. È insomma la questione della mancata attuazione dell'art. 49 della Costituzione, peraltro di difficilissima attuazione.

Perché non posso scegliere il mio eletto? Solo per il Parlamento; in circoscrizione, comune, regione, Parlamento europeo posso farlo, col voto di preferenza sia pure condizionato dal presupposto che qualcuno mi metta in lista.

O non mi cacci, sempre operando nelle segrete stanze, ora o han fatto anche i 5 stelle e anche Grasso, tanto per non far mancare niente e nessuno alla desolazione del quadro.

Liberi e Uguali, la grande novità elettorale, pare essersi limitata nella sostanza delle proiezioni dei sondaggi a poco più che garantire un approdo sicuro alla nomenclatura fuoriuscita dal Pd e al filone dell'ex Sel a corto di suffragi per superare lo sbarramento, proponendo come candidati, anche insieme in più collegi fino a 5 secondo la legge, più o meno sicuri e ammesso che ve ne siano, posto che il risultato del voto in uscita è molto problematicamente riconducibile al voto espresso in entrata, una nomenclatura che già beneficiò della nomina del porcellum, ivi compreso il premio, incostituzionale sin dal 2013 che non me aveva impedito l'insediamento, assieme a tutti gli altri.

Siamo nella terra in cui le buone prediche, oltre che inutili, sono contraddette da pratiche antiche, col rischio di mitridatizzare l'agire politico in ogni dove e di non dare segnali anche tenui di discontinuità. Disamorando i sempre meno numerosi fedeli alle prediche, in ascolto come direbbe Bersani di una mucca che tarda ad arrivare.

Così han fatto. La chiamano partitocrazia ma dei partiti si vede solo l'ombra. Sembra di vivere una fase di sospensione o limitazione dei diritti costituzionali di elettorato e attivo e passivo. Dal lato attivo, osta il rosatellum, insormontabile baluardo dei nominati e di candidature multiple orchestrate in stanze segrete da qualcuno, talora anche ignoto. La chiamano oligarchia, pare ancor più una tirannide o deprivazione che strozza la cittadinanza attiva.

Dal lato passivo, perché senza il benestare di chi sta in quella segreta stanza non c'è santo che tenga. E se non eri nel parlamento dei nominati ad aprile 2017 hai dovuto anche, come Potere al popolo, in dieci giorni circa raccogliere più di 40mila firme.

L'ottima Bonino ne è stata dispensata, facendosi sussumere dal cattolico Tabacci, non senza difficoltà ermeneutiche che in un paese di legulei azzeccagarbugli non mancano, nonostante che il partito del Tabacci che più non c'è, sia stato anche quello del Dellai che si è unito alla Lorenzin in altra lista. In nome della santa romana democrazia che ha elargito la sua benedizione.

Una volta insediato, ci penserà il nuovo parlamento a risolvere il problema? Illusione dolce chimera, come chiedere al tacchino di preparare il pranzo di natale verrebbe da dire. Sarebbero forse astrattamente preferibili collegi unimominali numerosi pari ai parlamentari da eleggere tutelando l'elettorato passivo libero su ciascun territorio condizionato dal fatto di risiedervi stabilmente e senza pluricandidature? Sogni!

Non ci resta che attendere un nuovo pronunciamento della Corte Costituzionale chiamata a giudicare sulla legittimità costituzionale del rosatellum? Come fu per porcellum e italicum. Certamente come allora per il porcellum, il "nuovo" parlamento sopravviverebbe anche a una pronuncia demolitoria del rosatellum, tempo passa e dio provvede.

In uno slancio di speranza democratica forse, o più esattamente per continuare a illudersi, qualche giorno fa, il 19 gennaio, sono andato in Cassazione con alcuni amici del Coordinamento per la democrazia costituzionale (ex Comitato per il no alla riforma costituzionale). Una giornata particolare... Se il successo non è mai definitivo, diceva Churchill, "il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta".

Continuons le combat!

Abbiamo depositato in Cassazione il titolo di una proposta di legge di iniziativa popolare per modificare il rosatellum.

Il titolo recita: "Modifiche alla legge elettorale per consentire agli elettori di scegliere direttamente i deputati e i senatori da eleggere in proporzione ai voti ottenuti; previsione del voto disgiunto nel rispetto della differenza di genere; garanzie di correttezza, trasparenza, democraticità nella selezione delle candidature in attuazione dell'art 49 della Costituzione".

Poi ci vorranno 50mila firme e ancora l'impresa dell'approvazione del nuovo Parlamento che comunque dovrà metterlo in discussione, secondo il regolamento del Senato, entro tre mesi dalla presentazione con firme. Faremo forse e comunque sentire la nostra voce, diversamente destinata a essere sommersa, quante più saranno le persone che vorranno ribellarsi a questo stato di cose e far sentire la loro voce, se per democrazia si intende quella forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce a ogni cittadino la partecipazione in piena uguaglianza all'esercizio del potere pubblico.

Contestando democraticamente una legge elettorale che mantiene fermo il potere di vita e di morte di qualcuno sulle liste, non consentendo così di realizzare pienamente i diritti di elettorato e attivo e passivo. Incrementando sfiducia già alta e astensionismo.

Rendendo soprattutto incerte e insicure le basi stesse della democrazia rappresentativa, posto che a qualcuno non interessa affatto l'alta affluenza alle urne, ma il mantenimento del proprio potere personale, destinato anche a crescere se solo pochi "affezionati " o "clientes" vanno a votare.

Crisi della rappresentanza politica unita a sua costante delegittimazione: percorso datato nel tempo, che richiama il nesso tra cattiva politica, quella del malaffare, del corrotto o del marcio e la tentazione di ricorrere all'autorappresentazione del capo.

Claudio Vercelli in un denso saggio pubblicato su Moked, Portale dell'ebraismo italiano, il 28 gennaio, "Nero come il buio", ammonisce:

    È il risultato della polemica contro la cosiddetta "partitocrazia", trasformatasi poi, nel corso del tempo, da sfiducia diffusa in diffidenza sistematica e poi in rifiuto degli stessi meccanismi istituzionali che regolano la vita associata. Come a volere dire: "se gli altri ti tradiscono, perché devi continuare a offrirgli una delega in bianco? Non puoi fare a meno di organismi collettivi che, per il fatto stesso di esistere, ti espropriano del tuo spazio di libertà?".

    Si tratta del sogno di una "democrazia diretta", ...in assoluta consonanza con i paradigmi ideologici di una visione individualista dei rapporti sociali, dove a contare è solo il singolo, inteso come una sorta di atomo autosufficiente, che si preserva da sé.

    In realtà, ogni idealizzazione relativa a forme di democrazia diretta in società complesse quali le nostre, sono non solo fuorvianti ma, paradossalmente, indirizzate a rafforzare ciò che dicono di volere invece combattere, ossia la delega. Che in questi casi si fa ancora più assolutistica, riposando infatti nell'investitura a favore della volontà insindacabile di un capo carismatico...

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