Il giorno della catastrofe per i palestinesi

di Ibrahim Ibraigheth - 16/05/2018
Un commento dai Territori Occupati sui fatti drammatici di Gaza

"Sto scrivendo con il cuore colmo di tristezza e di rabbia in questi giorni bui.

Per tutta la mia vita, sono stato testimone del restringimento della mia patria, la Palestina, osservando le speranze e le aspirazioni del mio popolo - per l’indipendenza, per la libertà - venire distrutte di volta in volta.

Sto scrivendo profondamente preoccupato riguardo ai recenti sviluppi in Palestina, mentre dozzine di civili e manifestanti pacifici vengono attaccati e uccisi a Gaza; mentre il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, invece che condannare ed esigere responsabilità, ha ricompensato lo stato di Israele decidendo di trasferire l’Ambasciata statunitense a Gerusalemme, riconoscendo in tal modo formalmente Gerusalemme come capitale.

Questo, in lampante inosservanza delle risoluzioni e dei trattati internazionali e ribaltando 70 anni di consuetudine diplomatica internazionale.

Per aggiungere al danno la beffa, Trump ha scelto oggi, la giornata della Nakba - quando i Palestinesi affrontano il doloroso ricordo collettivo di quando molti di noi furono espulsi dalla loro terra - per inaugurare l'Ambasciata statunitense a Gerusalemme, riconoscendo di fatto la città come capitale dello stato di Israele.

70 anni sono passati da quando la Nakba - la nostra “catastrofe” - ci ha colpiti. Viviamo con questa eredità che influenza le nostre vite come se fosse accaduto ieri, senza nessuna soluzione all’orizzonte. Ad oggi, ci sono ancora oltre 7 milioni di rifugiati palestinesi che aspettano il giorno in cui potranno tornare alla loro patria, toccarla, respirare la sua aria e bere la sua acqua.

La Nakba non si sarebbe mai verificata senza il supporto internazionale alla creazione dello stato di Israele e senza il riconoscimento degli Stati Uniti. Chiediamo che ci sia un’assunzione di responsabilità e venga posta fine alla sofferenza dei palestinesi. Il cosiddetto “mondo libero” dovrebbe dimostrarsi all’altezza degli standard che esso stesso ama e supportare la battaglia del popolo palestinese per la fine dell’occupazione israeliana.

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Con l’attacco mortale dell’esercito israeliano ai pacifici manifestanti a Gaza, e il riconoscimento americano di Gerusalemme come capitale di Israele, gli Stati Uniti e Isreale stanno suonando i tamburi di guerra.

I palestinesi non smetteranno mai di pretendere i loro diritti, incluso il diritto di resistenza all’occupazione. Continueremo a lavorare per spostare l’equilibrio di potere e proseguire la lotta per porre fine a questa ingiustizia.

La vita quotidiana per i palestinesi implica scontrarsi costantemente con la dura realtà: la giustizia, la pace e la libertà non sono riconosciute nel mondo odierno. Per raggiungerle e preservarle, noi come individui e come collettività dobbiamo essere vigili, forti e coraggiosi, qualunque nuova provocazione venga escogitata.

Dobbiamo tutti prendere posizione contro l’uccisione dei civili palestinesi. Dobbiamo tutti lavorare assieme per trovare una risposta alla questione palestinese e al diritto dei palestinesi all’autodeterminazione.

Siamo palestinesi e siamo legati alla Palestina. Nulla e nessuno può sradicarci dalla nostra terra ancestrale. Il supporto che riceviamo da ogni parte del mondo ci dà forza in questi giorni bui e voglio che tutti sappiano quanti siamo grati per questo.

Continueremo ad andare avanti e a resistere. L’occupazione della Palestina finirà, così come è caduto il muro di Berlino ed è finito l’apartheid.

Non c’è nessuna scusa per coloro che conoscono la verità e la abbandonano."

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