Il modello Hera e Acea verso la privatizzazione

di Corrado Oddi - Il Manifesto - 08/04/2015

Ci siamo. E’ ini­ziato un nuovo e forte ciclo di pri­va­tiz­za­zione e finan­zia­riz­za­zione dei ser­vizi pub­blici locali, con cui si intende dare il colpo mor­tale all’esito refe­ren­da­rio del giu­gno 2011 per la loro ripub­bli­ciz­za­zione.
Punte di dia­mante di que­sta ope­ra­zioni sono due grandi mul­tiu­ti­li­ties, Hera e Acea, in una mira­bile sin­to­nia tra le scelte del governo Renzi e gli orien­ta­menti della grande mag­gio­ranza delle ammi­ni­stra­zioni locali incen­trate sul Pd.
Per quanto riguarda Hera, nei giorni scorsi e con l’intenzione di pro­ce­dere entro la fine di que­sto mese, con il piè veloce che sem­bra essere la cifra di que­sta sta­gione con­tro­ri­for­ma­trice, il sin­daco di Bolo­gna, assieme agli altri enti locali, in pri­mis emi­liani, dove è pre­sente Hera, ha annun­ciato l’intenzione di far scen­dere la quota di pro­prietà pub­blica dall’attuale 57% al 38%, arri­vando così per la prima volta sotto la mag­gio­ranza asso­luta, da sem­pre pro­pa­gan­data come ele­mento di garan­zia per il con­trollo pub­blico dell’azienda.

Acea, dal suo canto, sta lavo­rando per un rias­setto socie­ta­rio in base al quale la sua espan­sione in Toscana e parte della Cam­pa­nia si por­te­rebbe die­tro l’entrata in Borsa del ser­vi­zio idrico di que­ste regioni. Anche gra­zie all’ “infa­ti­ca­bile” opera di Cassa Depo­siti e Pre­stiti e del suo pre­si­dente Bas­sa­nini, che ha messo a dispo­si­zione 500 milioni di euro allo scopo, il movi­mento di Hera e di Acea sono sem­pli­ce­mente le mosse di aper­tura di un grande pro­cesso, al cui ter­mine le grandi mul­tiu­ti­li­ties quo­tate in Borsa gesti­ranno l’insieme dei ser­vizi pub­blici locali in tutto il Paese. Iren in Pie­monte, Ligu­ria e l’Emilia orien­tale, A2a in Lom­bar­dia, Hera nella restante parte dell’Emilia e nel Tri­ve­neto, Acea in Lazio, Umbria, Toscana e parte della Cam­pa­nia saranno i grandi players che si spar­ti­ranno un grande mer­cato total­mente pri­va­tiz­zato, con­tando sulla ren­dita di tariffe che aumen­tano sem­pre più e che garan­ti­scono ampi e certi mar­gini di pro­fitto. Il Mez­zo­giorno, poi, in que­sto qua­dro, con­ferma di essere lon­tano dai pen­sieri del ciclo ren­ziano di “moder­niz­za­zione”, desti­nato a divi­dersi tra l’influenza dell’Acquedotto Pugliese, magari da pri­va­tiz­zare nel 2018, e la riaf­fer­ma­zione del ruolo della cri­mi­na­lità orga­niz­zata e il suo intrec­cio con la poli­tica, come molti fatti recenti hanno fatto riemergere.

Si svende il patri­mo­nio pub­blico per far cassa, in un’ottica tutta incen­trata sul pro­fitto a breve, seguendo uno dei pila­stri del capi­ta­li­smo finan­zia­rio, e con­trad­di­cendo in radice l’idea di pre­ser­varli per le gene­ra­zioni future. Ancora, li si con­se­gna al pri­mato della finanza e della Borsa e all’ “eco­no­mia del debito”: basta guar­dare Hera — che peral­tro non è nean­che l’esempio più nega­tivo tra le mul­tiu­ti­li­ties quo­tate in Borsa– per rea­liz­zare che la vera varia­bile indi­pen­dente e la sua voca­zione di fondo è quella di distri­buire divi­denti ai soci, sem­pre più pri­vati, fis­sati da un bel po’ di anni in qua, in 9 cen­te­simi per azione, pari a più di 100 milioni di euro all’anno.
Poco importa se que­sto si tra­duce in un calo for­tis­simo degli inve­sti­menti – dal 16,1% sui ricavi nel 2002 al 5,6% sui ricavi stessi nel 2013, 2/3 in meno– e, soprat­tutto, in un incre­mento dell’indebitamento ad un livello di guar­dia, salito dall’ 1,3% sul mar­gine ope­ra­tivo lordo nel 2002 al 3,1% 2013.

Non c’è biso­gno di dire che il movi­mento dell’acqua si sta mobi­li­tando a par­tire dalle regioni dove sono inse­diate Hera e Acea. Per quanto mi riguarda, poi, non è pos­si­bile sepa­rare que­sta neces­sa­ria fase di ini­zia­tiva del movi­mento per l’acqua dalla rifles­sione che sta alla base dell’idea della costru­zione di una nuova coa­li­zione sociale lan­ciata dalla Fiom, e cioè dalla con­sa­pe­vo­lezza che, nell’era del ren­zi­smo deci­sio­ni­sta, anche se non in con­di­zione di risol­vere i pro­blemi della Grande crisi, “nes­suno si salva da solo” e che occorre, invece, pen­sare, nell’autonomia di cia­scuno, di con­net­tere le lotte e le ini­zia­tive con­tro lo sman­tel­la­mento dei diritti del lavoro, la totale pri­va­tiz­za­zione del ruolo pub­blico, lo stra­vol­gi­mento del wel­fare, a par­tire dalla scuola. In que­sto senso, la deci­sione della Cgil dell’Emilia-Romagna di pro­cla­mare lo scio­pero dei lavo­ra­tori di Hera con­tro la sua defi­ni­tiva pri­va­tiz­za­zione è un segnale impor­tante, anche se non riso­lu­tivo delle ambi­guità che la stessa Cgil, a par­tire dal livello nazio­nale, con­ti­nua a man­te­nere sia sul tema delle pri­va­tiz­za­zione dei ser­vizi pub­blici, sia, ancor più, su quello della coa­li­zione sociale. Che è bene che, invece, si con­so­lidi, inizi a indi­care gli obiet­tivi e i ter­reni su cui può strut­tu­rarsi, anche nella dimen­sione ter­ri­to­riale, avendo con­sa­pe­vo­lezza che essa, per sua natura, non può che essere, con­tem­po­ra­nea­mente, plu­rale e di tutti i sog­getti che inten­dono costruirla. E che, prima o poi, dovrà incro­ciare anche il tema di una nuova rap­pre­sen­tanza poli­tica: ma ci sarà tempo, den­tro la situa­zione di oggi che è com­plessa e non pro­cede in modo lineare, per svi­lup­pare la discus­sione e i ragio­na­menti del caso.

*Forum Ita­liano Movi­menti per l’Acqua

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