La grande transizione

di Dario Zampieri - 14/10/2018
I numeri dicono che per la mitigazione del cambiamento climatico è oramai troppo tardi… se vogliamo conservare almeno una parte del benessere raggiunto è necessario modificare il nostro stile di vita, subito!

Lunedì 8 ottobre 2018 è stato diffuso da Incheon (Corea del Sud) il rapporto speciale (qua) IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sul Riscaldamento Globale di 1,5°C, che costituirà il documento di riferimento scientifico nella Conferenza sui Cambiamenti Climatici che si terrà a Katowice in Polonia il prossimo dicembre, quando i governi riesamineranno il Trattato di Parigi. Il rapporto deriva dall’esame di oltre 6000 articoli scientifici peer reviewed (verificati dai pari, cioè da altri scienziati) frutto del lavoro di migliaia di scienziati del clima e di revisione da parte dei governi di tutto il mondo.

Un riscaldamento planetario di 1,5°C rispetto al periodo pre-industriale – oggi siamo a circa +1°C globalmente, ma in alcune aree come l’Italia settentrionale siamo già a oltre il doppio – era stato l’auspicio con cui nel 2015 ben 195 governi avevano concluso il Trattato di Parigi, successivamente rimesso in discussione da alcuni, come il neopresidente del governo degli USA.

Il nuovo rapporto, passato abbastanza inosservato nei media italiani, è in realtà ciò che i giornali stranieri più autorevoli definiscono Last Call, l’Ultima Chiamata. Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiederebbe “rapide e lungimiranti” transizioni in molti settori quali suolo, energia, industria, edilizia, trasporti, e pianificazione urbana. Entro il 2030 le emissioni di anidride carbonica nette globali prodotte dall’attività umana dovrebbero diminuire di circa il 45% rispetto ai livelli del 2010, raggiungendo lo zero intorno al 2050. Questi cambiamenti senza precedenti però non bastano. Nella seconda metà del secolo l’anidride carbonica già emessa dovrebbe essere rimossa dall’atmosfera, con tecnologie che per ora sono a livello sperimentale. Peccato che secondo alcuni autorevoli scienziati non potranno mai essere applicate alla necessaria scala planetaria (qua).

Il nuovo rapporto dimostra con i numeri che abbiamo appena 12 anni per restare sotto i +1,5°C, altrimenti già dal 2030 entreremo nel target successivo di +2°C o forse più, che avrebbero effetti catastrofici sul pianeta ma soprattutto sulle infrastrutture costruite dall’uomo, cioè su quello che permette la cosiddetta civiltà.

Per chi non ne avesse mai sentito parlare, in sintesi il problema climatico è questo: estraendo dal sottosuolo gli idrocarburi che si sono formati in molte decine di milioni di anni dalla trasformazione della materia organica intrappolata nei sedimenti e bruciandoli in poche decine di anni, l’umanità ha usato l’atmosfera come una vera e propria discarica, modificandone la composizione chimica. Ad oggi il tenore di anidride carbonica è di circa 410 parti per milione (varia leggermente con le stagioni) (qua), un valore che per cause naturali esisteva circa 3,5 milioni di anni fa. Da misure dirette dell’aria contenuta nelle bolle dei ghiacci polari sappiamo che negli ultimi 800.000 anni il tenore non ha mai superato le 300 parti per milione, anche nei periodi interglaciali più caldi (oggi siamo in periodo interglaciale). Prima dell’era industriale era di circa 280 parti per milione. Il problema è che l’anidride carbonica è il principale gas serra, in grado di trattenere l’energia riflessa dalla Terra verso lo spazio. Se i cambiamenti climatici sono sempre avvenuti anche prima della comparsa di homo sapiens, la novità è che la velocità con cui sta avvenendo il presente riscaldamento è da 1000 a 10.000 volte più elevata rispetto a quella dei cambiamenti geologici. Inoltre non c’erano sul pianeta 7,5 miliardi di umani con le loro esigenze in termini di consumo di energia, di cibo e di risorse.

Ogni settimana compaiono sulle principali riviste scientifiche mondiali articoli peer reviewed che attribuiscono all’uomo la principale causa del presente cambiamento climatico e che mettono in guardia sulle terribili conseguenze che ne possono derivare se non interveniamo subito smettendo di usare i combustibili fossili. Non si può continuare a crescere in un pianeta finito. Bruciando i fossili abbiamo stretto un patto faustiano col diavolo. In cambio di tanta energia a buon mercato stiamo rendendo il pianeta incompatibile con la civiltà.

I numeri dicono che per la mitigazione del cambiamento climatico è oramai troppo tardi, non resta che prepararci all’adattamento ad un clima ostile al presente modello economico. Se vogliamo conservare almeno una parte del benessere raggiunto è necessario modificare il nostro stile di vita, ma subito, perché ogni ritardo nel cambiamento comporterà oneri aggiuntivi negli anni successivi. Tuttavia l’adattamento non è una passeggiata, richiede risorse nonché scelte politiche precise e purtroppo dolorose, perché non esistono alternative all’uso dei fossili che permettano di mantenere il tenore di consumi attuale e che tutti auspicano invece di aumentare. Dalla pubblicazione del rapporto al Club di Roma “I Limiti dello sviluppo”, nel 1972, che si sta rivelando terribilmente esatto nelle previsioni, sappiamo razionalmente cosa bisogna fare. Ma non possiamo farlo!

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