Le baruffe Pd-Anpi dimostrano che il lungo dopoguerra è finito

di Giuseppe Spezzaferro - 08/09/2016

Se qualcuno avesse detto, soltanto qualche anno fa, che l’Associazione dei partigiani e il partito di riferimento Pci-Pds-Ds-Pd si sarebbero trovati su fronti opposti, sarebbe stato sommerso di lazzi e sberleffi. I comunisti e loro eredi sono arrivati nella “stanza dei bottoni” (come si diceva quand’ero ragazzo; e prima che i bottoni fossero trasferiti altrove) appollaiati sulla canna dei mitra partigiani. La legittimità democratica di un partito servo di una potenza straniera liberticida, l’Unione Sovietica, è stata garantita dalla “lotta partigiana”. Negli ultimi settant’anni, è stato l’antifascismo militante che ha confermato la democraticità dei comunisti. Senza la mitologia della lotta armata contro il nazifascismo, il Pci di Togliatti-Berlinguer non avrebbe avuto nessun’altra carta da giocare sul tavolo del confronto democratico.

LA FUNZIONE DEI PARTIGIANI
L’analisi storico-politica non si esaurisce qui, ovviamente, ma credo che il concetto sia abbastanza chiaro: l’Anpi (associazione è diventata eterna – fin quando la finanzieremo – da quando ne possono fare parte anche i non partigiani) e il Pci-Pds-Ds-Pd hanno marciato di pari passo verso il Palazzo d’Inverno, pardon, Palazzo Chigi.
Lo scontro a Bologna (sul volantinaggio partigiano, alla Festa dell’Unità, contro la riforma costituzionale) chiarisce una volta per tutte, al di là di una baruffa di potere, che i tempi sono davvero cambiati. Chi si ostina a dire che è sempre la stessa pappa dovrebbe ora convincersi del contrario.
Di nuovo c’è parecchio. Non tutto bello. Non tutto gradevole. Ma è nuovo.
Se un mostro sacro come l’Anpi si mette di traverso sulla strada del partito-madre, vuol dire che si è chiusa la lunga stagione del dopoguerra con archi costituzionali inclusi e bombe di chiara marca fascista annesse.

UN PARTITO DI ROTTAMATI
Matteo Renzi è un post-democristiano, non è un compagno che ispiri l’amore dei partigiani, e sta al governo non in nome dei sacri princìpi marxleninisti (anche se fa largo uso di un’antica tattica rielaborata da Lenin). Il Pd non è stato mai un partito vero e proprio, fin dalla nascita. È il frutto della rottamazione del Pci e della Dc. Raccoglie in un calderone denominato Partito Democratico culture e storie diverse, quando non contrastanti. Il fatto risulta evidente quando sono in ballo temi fondamentali quali la famiglia, le manipolazioni genetiche e quant’altro metta alla prova la cosiddetta laicità.
Si arriverà alla scissione e alla rinascita del Partito comunista? Mah, previsione difficile. In ballo ci sono troppe variabili.

RENZI NON PIACE A BERLINGUER
Per esempio: se Renzi verrà promosso dal referendum, i compagni scissionisti potranno tranquillamente fare la loro assemblea in una cabina telefonica, anzi, visto che non ce ne sono più, in una cabina da spiaggia.
Per esempio: se davvero la figlia del fu Enrico Berlinguer, Bianca, otterrà la nomination alla guida degli scissionisti, i compagni attirati dal nome “sacro” correranno a frotte a schierarsi sotto la nuova falce con martello.
Comunque vada a finire, una cosa è certa: «Grande è la confusione sotto il cielo, perciò la situazione è favorevole», come diceva il Grande Timoniere Mao.

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