QUOTIDIANE INGIUSTIZIE

di Carmine Cocorocchio - 17/06/2016

Quotidiane ingiustizie. Lo Stato e la Costituzione nei cui principi fondamentali sancisce: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”;

 art 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

 I rapporti economici regolati dalla Costituzione sanciscono agli articoli

35, 1° e 2° comma: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro”;

36, 1° comma: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”;

38 2° comma: “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.

L’armonia costituzionale cozza con le quotidiane violenze che subisce il diritto di cittadinanza. Il popolo sopporta le peggiori nefandezze di uno Stato vile che non ha il coraggio di assumere la responsabilità delle proprie azioni. Uno Stato che ha fatto dell’impunità l’architrave del sistema di corruzione.

Combattere contro questo feudale sistema non è scelta pregiudiziale, ma dovere civico di ogni vero democratico, perché questo potere, illegittimo, nega l’essenza della Costituzione.

Questo “sistema” può star bene ai benpensanti lettori del “corriere della sera” e di “repubblica”, non può star bene al popolo che soffre. Il sistema di potere deve essere cacciato dal governo del paese, perché ha un concetto mafioso di gestione della cosa pubblica.

Leonardo Sciascia, molto tempo fa, ha scritto la più completa definizione della mafia: “la mafia è un'associazione per delinquere, coi fini di illecito arricchimento per i propri associati, che si impone come intermediazione parassitaria, e imposta con mezzi di violenza, tra la proprietà e il lavoro, tra la produzione e il consumo, tra il cittadino e lo Stato".

Il sistema di potere organizzato nello Stato svolge parassita intermediazione negando i diritti fondamentali sanciti dallo Stato costituzionale di diritto. In questo scritto ne verranno descritti alcuni esempi concreti, a testimonianza del dramma che patisce il popolo.

Nella sala d’aspetto di un’agenzia assicurativa in attesa di ritirare il cedolino della polizza Rc/auto. L’uomo dalle mani ruvide con lieve imbarazzo spiega al responsabile dell’agenzia che sua figlia intende mettersi a lavorare. Per lavorare bisogna muoversi. Per muoversi ha bisogno di un mezzo. L’uomo ha trovato una macchina a buon mercato, vorrebbe assicurarla. Il responsabile manovra sul Pc, calcola il prezzo della polizza, l’età della ragazza, conclude l’operazione, milleottocento euro il costo della Rc/auto. L’uomo dalle mani ruvide butta giù la saliva con difficoltà. La domanda ad ogni persona di buon senso viene spontanea: chi ha stabilito che un giovane assicurato debba ritenersi pessimo guidatore? Una corretta impostazione dovrebbe ritenere gli automobilisti tutti ottimi guidatori fino a prova contraria. La categoria di partenza dovrebbe essere per tutti la prima. Il declassamento nel momento in cui l’automobilista dimostrerà di essere un pessimo guidatore. La polizza Rc/auto è obbligatoria. L’istituzione di vigilanza dovrebbe impedire speculazioni che incidono negativamente sulla vita quotidiana dei cittadini. I dati se analizzati attentamente evidenziano la speculazione in atto a danno degli automobilisti italiani.

Quel costo costituisce un atto di violenza all’esercizio del diritto di cittadinanza. Quel costo limita il diritto fondamentale alla mobilità, nel paese che ha mezzi pubblici inesistenti o fatiscenti. Un simile sconcio, viola lo Stato costituzionale di diritto. I prezzi di quelle polizze sono imposte perché le istituzioni di vigilanza sono culo e camicia con le lobbie assicurative. Combattere contro questo “sistema” è dovere di ogni vero democratico!

Enrica è una commessa part-time. Questa ragazza riceve come retribuzione una cifra inferiore di quella scritta in busta paga. La giovane mette al mondo Lorenzo. Al termine del periodo di maternità chiede di rientrare al lavoro. Il datore di lavoro le dice che i periodi di allattamento previsti dalla legge, sono incompatibili con la sua organizzazione di lavoro. Il licenziamento senza il consenso della ragazza. Il ministero del lavoro informato tentenna. Forse non ha le risorse per pagare i costi dell’indagine ispettiva. Forse ha trovato forme di mediazione con il datore di lavoro. Forse utilizza la denunzia per rivendicare provvidenze per gli operatori del ministero.

Il “sistema” ha mille possibilità di sottrarsi a garantire il ruolo che la Costituzione affida allo Stato. La stampa servile normalizza il dramma di chi patisce. L’Italia registra una diminuzione della natalità. L’Italia registra una diminuzione dei residenti.

Viviamo quotidianamente una dittatura vile che non ha il coraggio di ammettere di esserlo!

Antonietta, è una donna, disoccupata involontaria, madre di tre figli, sessantunenne, lavoratrice precoce, vive con assegno di mantenimento di quattrocento euro mensili. Questa donna ha iniziato l’attività lavorativa all’età di sedici anni, versato contributi previdenziali, per circa trentacinque anni. La previdenza sociale ha come fine la tutela dei lavoratori dai rischi conseguenti menomazione o perdita della sua capacità lavorativa a causa di eventi predeterminati come la disoccupazione involontaria. Il patto fra la lavoratrice e l’istituto previdenziale, prevedeva pensione di vecchiaia all’età di 57 anni.

Il governo che rappresenta solo se stesso, invece di rimuovere i privilegi che dissanguano questo martoriato paese, con decreto legge detto "Salva Italia", cambia il criterio di pensionamento. Il nuovo criterio dice che la donna può andare in pensione all’età di 65 anni. La previdenza, salario differito, diventa l’oggetto famelico per risanare le casse pubbliche. Si motiva l’intervento con rimesse annuali che lo Stato effettua nei bilanci dell’istituto previdenziale. Quelle rimesse sono dovute in quanto le prestazioni assistenziali elargite dall’istituto previdenziale, dovrebbero essere poste a carico della fiscalità generale.

Una corretta gestione del bilancio previdenziale avrebbe dovuto separare le prestazioni previdenziali da quelle assistenziali. Una corretta gestione della previdenza avrebbe dovuto individuare la speranza di vita dei lavoratori, stabilendo per i lavori usuranti, dovute compensazioni. Non sono questi gli interessi dei governanti.

Il decreto “Salva Italia” non salva l’Italia ma gli interessi parassitari che vivono in questo martoriato paese. Una corretta decretazione avrebbe dovuto disboscare il bilancio dello Stato dal costo di privilegi elargiti in violazione del principio di uguaglianza. Una corretta gestione delle risorse statali, avrebbe dovuto chiamare a responsabilità i magistrati contabili per aver consentito privilegi incompatibili con: “la legge è uguale per tutti”. Il regime vile strategicamente persegue le emergenze per giustificare le peggiori nefandezze.

I requisiti di pensione di vecchiaia con anni 57 età, erano il frutto di accordo negoziale fra rappresentanti dei lavoratori e governo. Quegli accordi sono per lo Stato costituzionale di diritto: obbligazioni. Il codice civile impone al debitore e creditore “Comportamento secondo correttezza”. Il non “accordo” è tra i requisiti essenziali del contratto da determinare la nullità dell’atto. L’accordo consiste nell’incontro dei consensi dei contraenti.

I nuovi criteri di pensionamento imposto senza negozio costituiscono atto unilaterale in violazione dell’accordo di cui sono stati versati contributivi obbligatori dall’età di sedici anni. Il governo non può giuridicamente modificare quell’accordo. La modifica arbitraria imposta dal decreto “Salva Italia” costituisce vile prepotenza del debitore che dovrebbe essere chiamato a restituire l’intero ammontare del versato con gli interessi di legge.

Viviamo nel paese dove i bilanci dello Stato delittuosamente deficitari per gestione feudale. Il governo invece di fare tabula rasa del sistema feudale impone prepotenze incompatibili con lo Stato costituzionale di diritto. Questo mafioso sistema feudale mette il parlamento, al servizio dell’esecutivo. Sic! Persegue strategicamente le emergenze, per difendere rendite parassitarie incompatibili con lo Stato costituzionale di diritto.

Le prove di delitto organizzato è dato incontrovertibile. In questo paese le opere pubbliche medialmente costano il doppio della media dei paesi europei. Un magistrato della consulta costa il doppio del paese modello di riferimento.

In questo paese si pagano pensioni di cinquantamila euro mensili che non sono pensioni ma rendita parassitaria. Lo Stato costituzionale favorisce fiscalmente accantonamenti previdenziali per garantire al cittadino una vecchiaia dignitosa. Una pensione di cinquantamila euro costituisce sottrazione di risorse alla fiscalità generale. Sono gli elementi che provano che la mafiosa classe parassitaria ha deliberato per se stessa privilegi incompatibili con la Carta costituzionale.

Il popolo paga il prezzo dei privilegi elargiti a cani, servi, porci, del mafioso sistema feudale. I dirigenti della pubblica amministrazioni hanno avuto il privilegio di avere il calcolo della pensione con l’ultimo stipendio. Di quelle pensioni non sono stati versati i contributi dovuti.

Il presidente dell’Inps ricorda che cinquecentomila sono i pensionati baby. Il fallimento economico e sociale determinato da uno Stato feudale, antropologicamente mafioso. Le politiche feudali, portano il paese sull’orlo del fallimento. Il vile regime nega i diritti fondamentali con procedure giurisdizionali studiate per alimentare il pantano con cui impedire al cittadino di ottenere giustizia.

L’organizzazione criminale chiamato impropriamente Stato, nega alle donne di avere una esistenza dignitosa. Questa è l’Italia non narrata da un presidente del consiglio inadeguato. Chi afferma che “tutto va bene madama la marchesa”, mente sapendo di mentire.

Liberiamoci dai parassitari! Io Carmine Cocorocchio, nel rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana, in onore dei martiri che l’hanno conquistata sacrificando la vita: Ora e sempre resistenza!

Sant’Elia Fiumerapido 17/06/16.

Carmine Cocorocchio
16 marzo 2019
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