Dalla libertà democratica al permissivismo

di Rosario Amico Roxas - 20/02/2015
E' solo per merito dei disperati che ci è data una speranza

Il re è nudo !  Non lo salva nemmeno la foglia di fico.

Berlusconi ha parlato e straparlato della libertà che avrebbe promosso in Italia, senza rendersi conto di avere imposto  una tolleranza repressiva, ovvero il momento nel quale la libertà va a coincidere col permissivismo.

Nella sottoclasse di democrazia che è stata applicata nella nazione, partendo dal suo partito, ha innestato un meccanismo repressivo che ora si ritorce contro di lui. Vero è che, a parole, avrebbe auspicato la libertà di scelta delegata al popolo e alla collettività, ma la realtà ha contraddetto le promesse, in quanto ha impedito una scelta veramente libera, privando la collettività e i membri del suo partito degli strumenti idonei per operare scelte veramente libere (legge elettorale, condoni, sanatorie, scudi fiscali, depenalizzazione del falso in bilancio,  riduzione drastica della prescrizione, vari tentativi bocciati dalla Consulta di rendere penalmente impunibile la sua persona); in effetti ha realizzato un relativismo democratico nel quale la decisione finale sarebbe, in ogni caso toccata a lui.

Ha smembrato il mondo del lavoro sollecitando e premiando la finanza creativa che permetteva di generare denaro con la speculazione sul denaro, azzerando lo sviluppo, la produzione, la ricerca, e, di conseguenza, l’intero mondo del lavoro. Il potere capitalistico prese il posto del sistema democratico, sostituendo i reali bisogni umani con altri bisogni artificiali, sostenuti dalle leve di marketing e dai media.

Così si è affermata una “non-libertà  che si dichiarava democratica”. Venne coinvolto anche il mondo del lavoro, integrato in tale sistema, e anche la classe operaria, il cui ruolo tradizionale anti-sistema rimase emarginato, anche a causa dei sindacati che vennero neutralizzati e resi impotenti.

E’ durata un ventennio, ma come un castello di sabbia elevato oltre i limiti consentiti dalle leggi di gravità, tutto adesso scricchiola senza speranza. Come aveva previsto Herbert Marcuse si è risvegliata la classe degli sfruttati, degli emarginati, dei reietti, dei perseguitati, dei disoccupati, dei precari a vita, di tutti coloro che la società del capitalismo parassita non aveva potuto fagocitare; è facile che questa stragrande maggioranza trovi un leader che faccia sua la disperazione e incanali la giusta reazione, inizialmente pacifica ma decisa, verso lo scontro che rischia di diventare violento.

Queste considerazioni sono estratte dalle condizioni dell’Italia, ma sono esattamente analoghe alle condizioni dell’intero pianeta, dove il mondo dei disperati si sta rivoltando contro coloro che hanno mortificato la speranza, contro gli egoismi e l’avidità del possesso prodotte da un capitalismo ormai contro la Storia.

Come scrisse Walter Benjamin:

« è solo per merito dei disperati che ci è data una speranza »

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