E se scendessimo in piazza?

di Ennio Cavalli-Micromega.net - 06/03/2017

E se scendessimo in piazza,
in una grotta del Pliocene,
in una tomba affrescata
a portata di escursione,
vicino alla stazione,
per denunciare la corruzione
di mammuth e Mamuthones,
infima e globale,
invasione spaziale di rettili e felini,
delfini dell'idea di chiudere un occhio,
l'altro, tutti e due,
l'occhio di vetro del sistema,
di chi ruba sale al pane
di chi succhia sangue al fare?

E se scendessimo in piazza per dire,
in lingua e dialetto,
nell'esperanto del disincanto,
che corruzione è coma, collasso
commedia dell'arte
senza arte né parte?

Quelli che sbolognano o parcheggiano
al punto G della manovra, della tabella,
della memoria,
alla voce recupero evasione,
capitali già fottuti, involati, reinvestiti
da quei cornuti,
pensano a noi o sono dei loro?
Chiudono stalle con dentro buoi
scuoiati e disossati,
sepolcri imbiancati.

E se scendessimo in piazza
come un partito di massa,
il partito dei probiviri, dei probi vivi,
in quanti staremmo dentro un paio di scarpe?
Un popolo e una sporta
o pochi per volta,
stressati strapazzati stratassati?

Strade dritte, sole a picco,
in fila come a scuola,
a ognuno un grembiulino colorato
fresco di bucato.
Un drone riprende un drappo
di fremiti tricolori,
la nostra bandiera a fiori,
teste e schiene
che non si piegano,
fremono ma non si piegano.

L'hanno fatto in Romania,
che telepatia!
Scioglimento di ghiacciai
onda d'urto trasversale
valanga mai vista
dai tempi di Ceauşescu e dei mammuth,
valanga con vista
su forzieri e Paperoni Mamuthones.

I neo oligarchi,
i loro come i nostri,
ridurrebbero volentieri a striscioline
reati apripista, fuori lista:
corruzioncina, froderella, mini abuso di potere,
tana libera tutti.
Fenomeno illuminante
proiettile tracciante
dalla palestra della protesta
all'angolo d'attacco e d'inversione.

Vogliamo essere un Paese,
non cumuli di spese e debiti
per colpa di chi arraffa e smamma,
rispunta e inguatta
di qua, di là
al margine, al vertice,
nei summit, nei bassi.

Facciamo così, vediamo se funziona.
Scendiamo in piazza per un caffè,
un sorso d'aria,
a leggere presagi nel fiato risparmiato,
come merita il centro cittadino,
nostro inquilino.
Sfrattiamo con la coda dell'occhio
i corrotti da marciapiede,
l'altrove dei peggiori.
Non per noi,
per i fidanzati dell'altro tavolino
disoccupati di primo mattino.

Alzare cartelli
aizzare cervelli
vuol dire sognare, cioè
tornare normali, tali e quali,
morti in piedi e prodi vivi.

L'ultimo libro di Ennio Cavalli si intitola "Vangelo di legno verde" (Aragno 2016). Di prossima pubblicazione, "Poesie incivili", con una nota di Dacia Maraini, postfazione di Emma Giammattei.

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